Quali sono le conseguenze sull’ecosistema terra-mare, sull’inquinamento di acqua, sulla tutela della biodiversità e della pesca?

EG per il ‘sì’ – “Le società che estraggono escludono il rischio di incidenti in mare, ma questa possibilità non può essere esclusa. Prendiamo per esempio la concessione di olio ‘Rospo Mare’ di Eni e di Edison (nell’offshore abruzzo-molisano), ad un tiro di schioppo dalle Tremiti e a poche miglia dal parco marino di Punta Penne. Qui, tra il 2005 ed il 2013, si sono verificati due sversamenti: l’ultima volta sono finiti in mare mille litri di idrocarburo. Si è sfiorato un disastro ambientale in l’Adriatico. Rospo Mare è una delle concessioni interessate dal referendum: se dovesse vincere il ‘no’, Edison ed Eni potrebbero decidere di aprire altri pozzi e andare avanti finché ce n’è o finché lo riterranno conveniente”.

UM per il ‘no’ – “Basta visitare una piattaforma o assistere al processo di perforazione per rendersi conto del livello di rispetto ambientale garantito con le tecnologie sviluppate dalle nostre aziende. Nulla viene scaricato a mare, ma trattato e riportato a terra in discariche specializzate. I sistemi di trattamento delle acque consentono spesso la loro piena potabilità. In California, in seguito al totale sfruttamento dei giacimenti petroliferi, bisognava smantellare le piattaforme. Ed è proprio il movimento ambientalista a chiedere di lasciare lì le piattaforme divenute ormai un tutt’uno con l’ecosistema marino e punto di ripopolazione della fauna”.

È vero che lo stop della produzione di idrocarburi nel nostro Paese richiederebbe un aumento delle importazioni e il maggior traffico di petroliere nei porti italiani?

EG per il ‘sì’ – “Per il gas non si capisce bene di cosa stiamo parlando: quasi tutto quello importato arriva in Italia attraverso 5 metanodotti e solo per il 7% con navi metaniere sotto forma di gas liquefatto. Inoltre, la minore produzione di gas, che è pari ad appena il 3% del fabbisogno nazionale, potrebbe essere compensata puntando su rinnovabili ed efficienza energetica. Si potrebbero recuperare così i 60mila posti di lavoro persi dal 2013 a oggi, dando uno scossone al Pil. Secondo Enel e Confindustria, l’efficientamento energetico potrebbero creare 400mila nuovi posti e un giro d’affari compreso tra i 350 e i 510 miliardi. Quanto all’aumento delle estrazioni di petrolio nazionale è causa di maggior traffico nei porti italiani e di inquinamento”.

UM per il ‘no’ – “La fermata della produzione di gas e petrolio nazionale comporta la piena sostituzione con volumi equivalenti importati dall’estero. Bisognerà pagare in valuta e trasportare gli idrocarburi con petroliere e con gasiere di Lng (ma poi nessuno vuole I rigassificatori!). Storicamente i grandi inquinamenti a mare sono avvenuti nella fase del trasporto. Quindi il cambiamento farà aumentare i rischi. A meno che venga proposta per legge una riduzione dei consumi petroliferi, il che vuol dire ridurre drasticamente i trasporti (aerei, auto, camion, traghetti, navi, moto), limitare le produzioni delle aziende metalmeccaniche e rinunciare a coprire manto stradale e autostradale con gli asfalti di alta qualità prodotti dall’industria italiana”.

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