Un nuovo incarico dirigenziale, un premio di produzione e l’incarico di preparare, insieme ad altri, il nuovo piano anticorruzione dell’Atc di Torino, l’azienda pubblica che gestisce ben 30mila case popolari nella provincia piemontese. È quanto spetta all’architetto Marco Buronzo, 60 anni compiuti a settembre, ex direttore generale dell’Atc condannato per falso a un anno e otto mesi di carcere, a cui si aggiungono risarcimenti per 17.500 all’azienda e a una sua controllata e circa duemila euro di spese legali per le due società.

La decisione era stata presa un anno fa dal giudice Andrea Natale al termine del processo sul “sistema Ma.Net” (dal nome della società in-house responsabile delle manutenzioni degli alloggi) emerso da un’indagine di carabinieri e Guardia di finanza coordinata dai pm Gianfranco Colace e Sara Panelli. Buronzo e Carlo Liberati, direttore della Ma.Net, sono stati ritenuti responsabili di falso in atti pubblici perché, truccando le carte, permettevano alla azienda delle case popolari di affidare senza gare d’appalto i lavori, in modo tale che la in-house potesse ottenere più incarichi di quanti potesse realizzarne effettivamente, incarichi ceduti poi a ditte esterne senza “evidenza pubblica”. Gli affidamenti all’esterno superavano la quota del 30 per cento prevista dalla legge, ma questo sui documenti non risultava perché Liberati e Buronzo certificavano il falso. Con questo trucco erano stati assegnati lavori a ditte esterne per sette milioni di euro tra la fine del 2009 e l’inizio del 2013.
Scoperti dagli investigatori, i due manager sono finiti in carcere il 25 marzo 2014 e il 19 gennaio 2015 sono stati condannati a un anno e otto mesi di carcere. “Il tribunale ritiene che Buronzo abbia prestato un contributo penalmente rilevante alla commissione dei falsi oggetto di imputazione – si legge nelle motivazioni della sentenza -. Egli concretamente sapeva dell’illecito meccanismo predisposto (e concretamente praticato) nell’attività di cantiere e in quella burocratica ad esso conseguente e perché – con il proprio ruolo e con i propri atti – ha sistematicamente reso possibile la sua realizzazione”.

Nonostante queste parole usate dal giudice, l’Atc ha deciso di mantenere Buronzo al suo interno anche perché le norme interne dell’Atc prevedono che un dirigente sia licenziato solo se condannato in via definitiva. In questa maniera i vertici dell’ente pubblico hanno affidato all’architetto il ruolo di dirigente responsabile del sistema informativo e alla fine del 2015 ha portato a casa uno stipendio da 43.808 euro con una retribuzione di posizione di 30.729 euro, una retribuzione di circa 8.592 euro per il risultato ottenuto nel 2014 (anno in cui è stato arrestato) e un altro bonus da 16.922 euro. In totale poco meno di centomila euro.

Non solo. Da una mail interna inviata dall’attuale direttore generale si apprende che Buronzo è tra i professionisti che dovranno fare “una serie di interviste utili ad aggiornare il piano anticorruzione dell’ente per quanto attiene ai processi e alla valutazione dei rischi”.

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