I rapporti tra Brigate rosse e ‘ndrangheta sono uno dei filoni più promettenti nei lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sequestro e la morte di Aldo Moro, istituita in questa legislatura e che oggi ha presentato la prima relazione sul lavoro svolto, approvata all’unanimità dopo 46 audizioni, per circa 82 ore di ascolto, 58 sedute, mezzo milione di pagine di documenti acquisiti, 110 incarichi di consulenza tecnica, compresa quella affidata a polizia scientifica e il Ris per ricostruire, anche in 3d, l’agguato di via Fani. “Diversi indizi sono stati raccolti sia in merito alla notizia, circolata in ambienti ‘ndranghetisti, dell’esistenza di un’arma ‘sporca’ impiegata a via Fani”, si legge nel documento di sintesi, “sia in ordine all’ipotizzato interessamento (dapprima sollecitato, poi scoraggiato) della criminalità organizzata per favorire il rinvenimento del luogo di prigionia di Aldo Moro”. Esponenti mafiosi, insomma, avrebbero ricevuti input contraddittori, prima rivolti al salvataggio del presidente della Dc e poi al disinteressamento della sua sorte.

Ma non è qella calabrese l’unica mafia citata nel documento. La Commissione ha ascoltato il boss della camorra Raffaele Cutolo – detenuto a Parma in regime di 41 bis – proprio alla ricerca di conferme sul ruolo degli ‘ndranghetisti. Cutolo “ha riferito di aver appreso durante la sua detenzione da un boss della ‘ndrangheta di contatti intercorsi, con riferimento al sequestro Moro, tra le Brigate Rosse e ambienti ‘ndranghetisti in relazione al reperimento di armi”, si legge ancora nel documento. “La Commissione ha accertato che nel carcere in cui all’epoca si trovava Cutolo vi era un solo detenuto appartenente alla malavita organizzata calabrese, il cui nome era compatibile con quello riferito dalla stesso Cutolo”. Un filone di indagine, scrivono i commissari, “dal quale ci aspettiamo proficui sviluppi”.

Nuovi elementi di interesse, spiega ancora la Commissione Moro, sono emersi dalla collaborazione avviata con le Procure della Repubblica di Milano, Brescia e Reggio Calabria. I risultati degli accertamenti in corso “sono tutt’ora coperti da segreto”, ma in questa fase “si può riferire soltanto che – in relazione all’ipotesi che appartenenti a organizzazioni criminali siano stati ritratti in talune delle fotografie scattate il 16 marzo 1978 tra la folla presente in via Fani – la Commissione ha disposto l’acquisizione di tutto il materiale fotografico ripreso in quell’occasione dalle principali testate giornalistiche e agenzie di stampa”.

“Il Paese e la memoria di Aldo Moro meritano verità”, ha commentato Beppe Fioroni, presidente della Commissione. “Ma finora, e con un solo anno di lavoro, abbiamo trovato tante bugie. Molte le novità, riscriveremo in parte i 55 giorni “.

L’ombra della criminalità emerge anche nelle nuove acquisizioni relative al bar Olivetti di via Fani 104, in prossimità del luogo dell’agguato, dietro le cui fioriere esterne si sarebbero nascosti, quel 16 marzo del 1978, i brigatisti in attesa dell’auto di Moro. Una ricostruzione “non convincente” per la commissione, che comunque evidenzia: “Il titolare Tullio Olivetti era un personaggio molto noto agli ambienti investigativi per essere stato coinvolto in una complessa vicenda relativa a un traffico internazionale di armi, ma più volte ‘sfilato’ da tutte le indagini, contrariamente ai suoi presunti complici, tanto da far ipotizzare che la sua posizione sembrerebbe essere stata ‘preservata’ dagli inquirenti e che egli possa avere agito per conto di apparati istituzionali ovvero avere prestato collaborazione”. Dubbi sullo status di quel bar sono determinati anche dal fatto che l’esercizio appariva aperto “nonostante la situazione giuridica formale fosse di attività in liquidazione”.

La Commissione Moro ha poi appurato che la ricostruzione delle dinamiche di fuga da via Fani indica l’esistenza di una base di “immediato ricovero” per i Br e probabilmente per Aldo Moro nella zona di via Licinio Calvo dove vennero ritrovate in successione diverse macchine coinvolte nell’assalto al corteo del Presidente della Dc.

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