Un presunto cartello dell’olio italospagnolo che tiene bassi i prezzi, bypassa la qualità del prodotto ed elude le regole sulla concorrenza, ottenendo il marchio made in Italy pur avendo solo il 16% di olio italiano. Lo denuncia il nucleo di intelligence anti frode dell’Agenzia delle Dogane, che dal 2009 al 2013 ha redatto una serie di report che sono stati tutti secretati dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulle contraffazioni. Il motivo? La presenza di profili giudiziari penalmente rilevanti anche perché coinvolgono stati esteri. Sui documenti in questione il ministero delle Politiche Agricole tace e preferisce non fornire spiegazioni a ilfattoquotidiano.it, che lo ha interpellato più volte. I report, tuttavia, sono stati visionati dal deputato del M5S Francesco Cariello, che per legge ha diritto di leggerli in quanto vicepresidente della commissione sulle contraffazioni.

In sostanza lo stesso soggetto, che fa capo alla società iberica Deoleo, a sua volta controllata dal fondo di private equity Cvc (che ha acquisito marchi italiani come Carapelli, Bertolli e Sasso) vende e compra olio ottenendo il marchio made in Italy nonostante la provenienza non sia italiana, bensì Ue ed anche extra Ue (greco, spagnolo, tunisino, marocchino). Francesco Cariello ha raccontato a ilfattoquotidiano.it che nei documenti secretati l’intelligence denuncia che “uno stesso soggetto abbia acquistato noti marchi italiani rigorosamente toscani e umbri appartenenti al giro di una sola famiglia, i Fusi. E che “con solo il 16% di prodotto italiano guadagna il marchio made in Italy, mentre il restante 84% è di provenienza straniera”.

Un autogol in un momento già delicatissimo per via del fenomeno Xylella fastidiosa, che sta causando seri danni alla produzione di olio salentino, ma soprattutto un atto formale da parte di chi previene frodi per tutelare gli interessi nazionali, a cui la politica non presta l’orecchio. “Noi non sappiamo che olio consumiamo – è stata la denuncia del parlamentare 5 Stelle – perché mentre su tutti i prodotti di eccellenza italiana come ad esempio il vino si trova esattamente composizione e provenienza, sull’olio invece c’è solo un generico made in Italy, che non specifica la provenienza delle olive e che non consente all’Italia di ottenere i benefici economici che invece meriterebbe” in virtù delle proprietà organolettiche e polifenoliche uniche al mondo del suo olio.

Nello specifico, i controlli effettuati nell’anno 2014 dal nucleo anti-frode hanno confermato che il settore oleicolo italiano sia tra i più interessati da frodi commerciali. I rilievi penali sono stati già segnalati alle procure per reiterazione dei reati (art. 515 c.p.). Inoltre dall’analisi degli esiti delle indagini sono emerse una serie di incongruenze: si va dalle realizzazione di frodi commerciali compiute da filiere di aziende italo-spagnole alla miscelazione in Italia di olio spagnolo, tunisino, greco ed in minima parte italiano destinato a prodotti esportati come “olio extravergine di oliva”.

Non solo. Sono emerse anche alcune “correlazioni soggettive“, scrive il report, tra aziende italo-spagnole in grado di movimentare il 40% dell’intero interscambio commerciale in uscita dalla Spagna e ad un prezzo inferiore ai tre euro al chilo. Inoltre alcune realtà aziendali italo-spagnole “sono governate dalla stessa persona fisica” e al contempo risultano sia venditori che acquirenti di considerevoli quantitativi di olio d’oliva non italiano, ma importato da Spagna e Tunisia. Lo scorso 5 ottobre, a Expo, l’apposita commissione d’inchiesta sulla contraffazione ha diffuso i risultati del lavoro, tra cui le conclusioni sul cartello italospagnolo. Nella platea non c’era il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, che ha declinato l’invito. E successivamente ha preferito non fornire risposte alle domande de ilfattoquotidiano.it. Identica la decisione di Carapelli che, interpellato sull’argomento, ha preferito per il momento non replicare. “L’Italia – ha sottolineato Cariello – ha 350 cultivar, non poche decine come la Spagna per cui non si capisce perché dovremmo puntare alla quantità mortificando invece la qualità del nostro olio in grado di rappresentare una ricchezza unica per il Mezzogiorno”. Proprio per questo motivo, ha proposto un ordine del giorno in sede di approvazione del Disegno di legge (A.C.1864) intitolato “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013 bis” con cui chiede che venga istituita, presso il Ministero dell’Agricoltura, una banca dati rappresentativa delle diverse produzioni di oli extra vergini di oliva.

Vai alla petizione su Change.org “Indicare la provenienza delle olive nelle bottiglie dell’olio extravergine”

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