La Svizzera va sempre più a destra. Il 18 ottobre si sono svolte le elezioni per il rinnovo delle due camere che compongono l’assemblea federale, il parlamento elvetico. Il grande vincitore di questa tornata è l’Udc-Svp, il partito dell’ultradestra populista e antieuropeista, che supera se stesso arrivando al 29%, occupando così undici seggi in più rispetto alle elezioni del 2011. La rappresentanza del partito in consiglio nazionale cresce fino a 65 seggi su 200, un record assoluto per il partito della destra radicale, che ha condotto una campagna elettorale incentrata quasi esclusivamente sul tema dell’immigrazione e del diritto d’asilo, con argomentazioni e slogan che ricordano molto quelle utilizzate in Italia dalla Lega di Salvini. Si va dai generici “Restiamo liberi” e “Prima i nostri” fino a promettere limitazioni dell’immigrazione, passando per la promessa di espulsione per i “criminali stranieri” e la restrizione delle regole per il riconoscimento del diritto d’asilo. Il partito, parallelamente alla campagna politica, ha spinto infatti  su argomentazioni di pancia, promuovendo anche un referendum per negare il patrocinio legale gratuito ai richiedenti asilo. Benzina sul fuoco dell’odio e della paura, in nome della chiusura al mondo e del mantenimento dello stato delle cose.

In crescita anche l’altra formazione di destra, il Plr, che guadagna 3 seggi nella camera bassa del parlamento, invertendo il trend che vedeva i consensi in costante calo da più di trenta anni. Il Plr ha guadagnato oltre un punto rispetto alle passate elezioni, portandosi sopra al 16%, con 33 seggi in consiglio nazionale. Il Plr, senza arrivare alle posizioni espresse dall’Udc, è andato verso la radicalizzazione delle proprie posizioni, spostando il baricentro della propria azione politica più a destra, trovando in questa strategia una buona medicina contro l’emorragia di voti.

Alla luce dei risultati, che premiano in generale l’area di destra, l’Udc ha fatto sapere di essere “pronta ad assumersi maggiori oneri di governo”, in vista delle elezioni del Consiglio Federale previste per il prossimo 9 dicembre. In Svizzera, infatti, i rappresentanti del governo non sono espressione solamente della maggioranza parlamentare, ma rispecchiano le forze che compongono il parlamento, così che tutti i maggiori partiti esprimono almeno uno dei sette consiglieri federali. I nuovi equilibri potrebbero determinare infatti l’ingresso nel governo di “almeno un altro consigliere Udc” accanto a Ueli Maurer, che verrà proposto per un nuovo mandato. A farne le spese sarà probabilmente Eveline Widmer-Schlumpf, espressione di un partito di centro (il Pbd) che non ha confermato l’exploit delle ultime elezioni, scendendo sotto il 5%. La richiesta di una maggiore rappresentanza in Consiglio Federale per l’Udc è stata già appoggiata pubblicamente anche dal Plr.

A destra mantengono due seggi i rappresentanti della Lega dei Ticinesi, alleati dell’Udc in Canton Ticino, la regione di lingua italiana, dove i leghisti sono il secondo partito e crescono rispetto alle precedenti elezioni federali, facendo registrare una sostanziale tenuta al 21,68%. Da questo lato del confine la sterzata a destra della confederazione potrà far sentire i suoi effetti, oltre che sulle politiche migratorie e sui rapporti con l’Unione Europea, anche sulla gestione del frontalierato, fenomeno da anni al centro delle battaglie cantonali di Udc e Lega che non hanno mai fatto mistero del fatto di voler limitare l’accesso di lavoratori italiani in terra elvetica (sono 65 mila circa i nostri connazionali che lavorano ogni giorno oltreconfine). Una battaglia a suon di minacce e referendum che, al momento, non ha avuto riscontri tangibili ma che un maggiore appoggio da parte di Berna potrebbe, di fatto, rendere più concreta.

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