Corsa al fotofinish, a Palazzo Chigi, per la nomina a segretario generale. La partenza di Graziano Delrio verso Porta Pia, alla guida del ministero delle Infrastrutture, comporta infatti anche il trasloco di Mauro Bonaretti, l’ex city manager del comune di Reggio Emilia che Delrio si era portato alla presidenza del Consiglio come braccio destro, ma che non era mai riuscito a inserirsi nella macchina del governo. Via Bonaretti, il più scalpitante candidato alla successione sembrava l’attuale vice-segretario generale di palazzo Chigi, Raffaele Tiscar, ex dg dell’Aler di Milano, ex dg della giunta regionale lombarda, ex dg di Fiera Milano. Insomma, un uomo di Cl, legatissimo all’ex ministro Maurizio Lupi. Ora però c’è un altro concorrente, molto gradito a Renzi, che rischia di portargli via l’ambita poltrona: è un tecnico ignoto alle grandi masse, Paolo Aquilanti, classe 1960, funzionario della commissione Affari costituzionali del Senato e attualmente in prestito a palazzo Chigi.

Il suo trasloco da un palazzo all’altro, da Madama al ministero delle Riforme, risale agli albori dell’attuale governo, quando i renziani della prima ora hanno chiesto ad Elisabetta Serafin, segretario generale del Senato, e a Ugo Zampetti, allora segretario generale della Camera, il nome di due dirigenti da mandare in soccorso dell’inesperta Maria Elena Boschi insediata alla testa del delicato dic astero. Dalla Camera è arrivato Nicola Cerreto, attuale capo di gabinetto del ministro. Dal Senato Aquilanti, oggi capo del dipartimento dei rapporti con il Parlamento. E con lui Matteo Renzi ha fatto bingo.
Non solo perché Aquilanti si è dimostrato un grande conoscitore della macchina istituzionale, ma perché con il Senato ha continuato a fare asse in maniera strettissima, permettendo al governo, nonostante i numeri risicati della maggioranza a palazzo Madama, di portare a casa in un amen tutte le riforme desiderate dal ministro Boschi, mentre alla Camera, dove pure i numeri sono più vasti, ogni voto è quasi una scommessa.

Anche le leggi più contestate, come l’Italicum, a palazzo Madama sono andate lisce come l’olio. Secondo le voci di palazzo, proprio Aquilanti sarebbe il padre del cosidetto «Espositum», l’emendamento-miracolo che ha permesso di approvare la legge elettorale in poche battute nonostante l’opposizione di un bel pezzo di Pd (e lo stesso meccanismo tecnico, si dice, permetterà a Renzi di portare a casa in frettissima la riforma della Rai, già incardinata al Senato). Sempre Aquilanti, in collegamento con gli uffici di palazzo Madama, sarebbe tra i registi di quel meccanismo del «canguro» che ha permesso di tagliare migliaia di emendamenti dell’opposizione alla riforma del Senato.

Non c’è da stupirsi se il ministro Boschi ora lo sponsorizza alla grandissima. E pure Renzi vedrebbe di buon occhio la sua promozione a segretario generale di Palazzo Chigi, mentre il povero Tiscar, sponsorizzato da Cl, sconterebbe lo scandalo che ha portato alle dimissioni del ministro Lupi, un tempo faro di Comunione e Liberazione nel governo.

 

 

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