Dopo Vine e Vimeo, ecco Periscope. Il nuovo gioiellino acquistato da Twitter (pare per 100 milioni di dollari) e lanciato due giorni fa è la nuova frontiera del mobile video streaming. Ovunque voi siate, potete accendere la telecamera e mostrare in diretta a un numero imprecisato di utenti quello che state facendo o quello che sta succedendo intorno a voi. Ma facciamo un passo indietro. Come funziona Periscope? Dopo aver scaricato la app (gratuita) ci si registra direttamente con il proprio account Twitter. Questo permette di seguire gli utenti con cui si è già in contatto sulla piattaforma di microblogging. A quel punto non resta che scorrere la timeline per assistere in diretta a quello che avviene in giro per il mondo. Ma non solo. Periscope, infatti, permette di interagire con il broadcaster in tempo reale attraverso messaggi e cuori (l’equivalente dei “like” di Facebook). Così se state assistendo a “Passeggiata con i cani”, basta andare sulla finestra “Say something” per comunicare con il creatore del video o semplicemente per salutarlo. E lui – se ne avrà voglia – risponderà in diretta alle vostre domande.

“Volevamo costruire la cosa più vicina al teletrasporto”, hanno detto i fondatori della app. E per ora sembrano esserci riusciti. Periscope, infatti, ci porta ovunque. Tra le chiacchiere di un ufficio di Dubai e nel backstage di un programma televisivo, su un red carpet o a un concerto. Ma questa app, se sfruttata al meglio, potrebbe anche trasformarsi in un interessante strumento giornalistico. Si può partecipare a una conferenza in diretta o assistere a una manifestazione di piazza in qualsiasi angolo del mondo pur trovandosi a migliaia di chilometri di distanza. A questo si aggiunge la possibilità di fare domande alla persona che sta registrando il video. Pensiamo a un incendio a Manhattan (fatto realmente accaduto): si può chiedere al broadcaster l’ora in cui è scoppiato, se sono già arrivati i soccorsi, se è a conoscenza del fatto che ci siano o meno delle vittime. Con Periscope i giornalisti potrebbero fare anche un salto in avanti, basti pensare all’impatto di un’inchiesta raccontata in live streaming. Le potenzialità promozionali di questa app sono pressoché infinite e si adattano a più settori: la tv, la musica, il giornalismo.

Ma gli ideatori hanno pensato soprattutto all’utilizzo che se ne può fare nella vita di tutti i giorni: assistere al riparo del guasto di una macchina in Messico o farsi un giro nell’Ikea di Stoccolma. L’obiettivo è far crescere la diffusione dello streaming, una scelta che però suscita alcuni interrogativi. Che senso ha assistere in diretta a un momento come “domenica di pioggia a Parigi”, seppur romantico? Probabilmente è troppo presto per affrontare questo tipo di problemi, eppure a oggi il rischio più grande sembra proprio quello di scadere in una disordinata casualità. Per ora i numeri stanno dalla parte del colosso di Dick Costolo; la piattaforma Topsy.com ha rilevato oltre 27.000 tweet al giorno con l’hashtag #Periscope. Le polemiche, però, non finiscono qua. A due giorni dal lancio è già scattata la guerra con Meerkat, app creata da Ben Rubin, studente di Tel Aviv. Il funzionamento è lo stesso, ma se Periscope mantiene sulla timeline i video pubblicati per 24 ore, Meerkat li cancella subito, offrendo però la possibilità di creare degli eventi streaming programmati in anticipo. Inutile sottolineare come entrambe le app stiano riscuotendo ampio successo tra i personaggi famosi; se Periscope ha subito conquistato Fiorello e Maccio Capatonda, di Merkaat si è servito perfino il presidente Obama. La battaglia sui contenuti resta aperta, ma la vittoria è in mano a chi riuscirà a non trasformarsi nell’ennesimo social di condivisione delle avventure di cani e gatti.

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