Sarà esteso per un massimo di quattro mesi e non sei come chiesto da Atene nella lettera inviata giovedì all’Eurogruppo il programma europeo di sostegno finanziario della Grecia. La riunione straordinaria dei ministri delle Finanze dell’area euro, iniziata nel tardo pomeriggio a Bruxelles, è terminata con quello che per ora può essere definito al massimo un accordo politico: i rappresentanti dei 18 Paesi membri dell’Eurozona hanno scritto con la Grecia una bozza di testo comune che dovrebbe formare la “base per un accordo” per estendere il pacchetto di aiuti, che in caso contrario scadrebbe il 28 febbraio. Ma la decisione finale sul versamento dei fondi previsti nel programma di sostegno finanziario, di fatto, viene rimandata ad aprile. Nel frattempo il governo di Alexis Tsipras potrà contare solo su circa 11 miliardi di euro di fondi da utilizzare però esclusivamente per stabilizzare e ricapitalizzare le banche. Soldi che, peraltro, verranno spostati dai forzieri della National bank of Greece a quelli del fondo europeo salva Stati (Efsf) e potranno essere prelevati solo con l’ok della Bce. Una mossa inusuale che, nota il Financial Times, “riflette la mancanza di fiducia tra Atene e i creditori dell’Eurozona”. A dispetto di quanto affermato in conferenza stampa dal presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, secondo il quale “l’obiettivo era ricostruire la fiducia e oggi abbiamo fatto il primo passo in quella direzione”. Tsipras per parte sua gioisce: “Abbiamo vinto una battaglia, non la guerra. Le vere difficoltà sono davanti a noi”. Così il premier greco: “Ieri abbiamo fatto un passo decisivo, lasciando l’austerità, i piani di salvataggio e la troika”, ha detto Tispras. “Nell’accordo ottenuto con l’Eurozona abbiamo raggiunto il nostro principale obbiettivo”.

Eppure lunedì la Grecia è chiamata a presentare una lista di riforme e misure concrete. Che di fatto, a dispetto delle strenue resistenze opposte da Tsipras, dovranno essere quelle previste dal memorandum sottoscritto tra i precedenti governi greci e la ormai  ormai ex troika formata da Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale. A quel punto, ha spiegato Dijsselbloem, le “istituzioni” (nuova definizione politicamente corretta della troika) “daranno una loro opinione sul fatto se sia un buon punto di partenza per poter arrivare a una conclusione positiva della revisione”. Entro la fine di aprile il set di riforme dovrà ricevere il via libera definitivo. E “solo la conclusione positiva della revisione”, si sottolinea nelle conclusioni dell’Eurogruppo, “permetterà di dare il via libera al versamento dell’ultima tranche di aiuti prevista dall’attuale programma di assistenza finanziaria e dei profitti sui bond greci” acquistati dalla Bce nel 2010.

Di fatto il divario di posizioni emerso nei giorni scorsi sembra in gran parte colmato grazie a quello che appare come un mezzo dietrofront di Atene. Che, si legge nel comunicato finale, per ottenere ossigeno fino a giugno “si impegna a onorare completamente e tempestivamente tutte le sue obbligazioni nei confronti dei creditoriastenersi dal ritirare qualunque misura o da modifiche unilaterali delle politiche e delle riforme strutturali che possano avere un impatto negativo sugli obiettivi di bilancio, la ripresa o la stabilità, come valutato dalle istituzioni”. Inoltre il Paese dovrà portare avanti “un processo di riforme più ampio e profondo con l’obiettivo di migliorare la crescita e le prospettive di occupazione, assicurare la stabilità del settore finanziario e aumentare l’equità sociale”. Si citano poi le riforme “per ridurre la corruzione e l’evasione fiscale e aumentare l’efficienza del settore pubblico”.

Il tutto, comunque, mettendo assegno un “appropriato” surplus primario di bilancio (la differenza tra entrate e uscite dello Stato). Le “istituzioni”, da parte loro, hanno concesso che nel valutare gli obiettivi di avanzo del 2015 “terranno in conto” le circostanze economiche di quest’anno. Magra consolazione per il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, che punta a ridurre il surplus dal 4,5% previsto all’1,5% e utilizzare le risorse così “risparmiate” per rispettare le promesse elettorali. E che venerdì sera, facendo buon viso a cattivo gioco, ha detto che con l’accordo di oggi “abbiamo combinato due cose di solito ritenute contraddittorie, l’ideologia e la logica, ossia la democrazia e il rispetto delle regole“, ed è “il primo passo nella direzione giusta di un lungo viaggio” che “permetterà alla Grecia i ricostruire nuove relazioni con l’Europa e con il Fondo monetario internazionale”. “Abbiamo rotto con le scelte dei passati governi ed evitato ulteriori misure recessive”, ha sostenuto Varoufakis, che ha però dovuto ammettere come l’accordo contenga diverse limitazioni, “come non prendere decisioni che vadano a inficiare il bilancio”.

Il via libera all’estensione è arrivato durante una serie di incontri bilaterali organizzati dal presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem prima della riunione a 19, con l’obiettivo di evitare che si arrivasse di nuovo a un confronto che avrebbe visto un ampio gruppo di Paesi uniti contro Atene, come successo lunedì scorso e il venerdì precedente.

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