La vicenda della Panda rossa del sindaco di Roma Ignazio Marino, del suo pass scaduto e delle otto multe da 80 euro, finisce con una doppia certezza. Da un lato non v’è dubbio che qualcuno violò il sistema informatico, secondo la procura di Roma, manipolando e sabotando il pass del primo cittadino che, in questo modo, incorse nelle sanzioni per aver varcato senza diritto le zone a traffico limitato della Capitale. Dall’altro, però, la procura è certa che non si potrà mai risalire all’identità dell’hacker. E quindi: il sospetto della violazione del sistema informatico e la denuncia del sindaco Marino erano fondati. Il pm di Roma Nicola Maiorano, che indagava per accesso abusivo al sistema informatico del Campidoglio, dopo l’esposto del sindaco, ha richiesto comunque l’archiviazione del fascicolo: non è possibile accertare chi si introdusse nel computer per sabotare il permesso Ztl. La rete informatica, infatti, risulterebbe vulnerabile tanto da non lasciare traccia degli ultimi accessi. Sull’hackeraggio e sul pirata informatico restano quindi solo i sospetti. Fonti vicine al primo cittadino fanno sapere che sono in attesa delle motivazioni della procura per valutare se ricorrere contro l’archiviazione. Perché “al di là dell’impossibilità di procedere contro qualcuno, di certo è che la manipolazione dei permessi di circolazione c’è stata”.

Erano i primi di novembre quando Marino, in un videomessaggio pubblicato su Facebook, lanciò l’allarme, seguito poi da una denuncia alla magistratura. E dopo tre mesi, anche gli investigatori confermano i sospetti, anche se i responsabili della manipolazione, se la richiesta di archiviazione del pm verrà accettata, resteranno impuniti. A complicare la faccenda, ci sarebbero stati anche alcuni ritardi dell’amministrazione nel rinnovo del certificato per i varchi Ztl del Sindaco, a cui spetta di diritto, e così si sarebbe creato un “buco” temporale nel sistema informatico. Ma non c’è solo l’inerzia burocratica. Ed è stato lo stesso sindaco a dimostrarlo, dichiarando, sempre nel suo videomessaggio: dopo un controllo in rete del permesso provvisorio, mostrò due documenti, a dimostrazione che il permesso in questione alcuni giorni compariva e altri no. Fatto che lo convinse dell’azione di un hacker informatico che aveva manipolato il certificato della sua macchina.

Tutto ha avuto inizio con otto multe da 80 euro l’una che la Panda rossa del primo cittadino della Capitale avrebbe contratto a causa del permesso scaduto, finite nel terminale dell’ufficio contravvenzioni della polizia municipale tra il 26 giugno e il 25 luglio 2014. Multe delle quali il sindaco non era a conoscenza perché, per ragioni di privacy, non sono recapitate al domicilio personale, ma presso l’ufficio Anagrafe del Campidoglio. La vicenda fu sollevata dal senatore Ncd Andrea Augello che presentò un’interrogazione parlamentare al ministro dell’interno Angelino Alfano sulle “presunte multe congelate e mai pagate” da Marino. Ora è invece Marino che, aspettando le motivazioni della richiesta di archiviazione, intende andare fino in fondo, e sta valutando di ricorrere contro la richiesta del pm, per ottenere un supplemento d’indagine e individuare chi e soprattutto perché, sabotando il suo pass, provò a metterlo nei guai.

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