Un colpo al cerchio e uno alla botte. La riforma del sistema previdenziale sta diventando sempre più un compromesso al ribasso per i “poveri pensionati” nei tentativi mal riusciti di raddrizzare la riforma Fornero. Del resto, i numeri forniti dall’Inps sono eloquenti: il 43% dei pensionati è sotto i mille euro al mese, 2 milioni di persone sono sotto i 500 euro, mentre ci sono centomila pensionati che costano quanto una finanziaria: 13 miliardi di euro all’anno. Così, se con l’approvazione della legge di Stabilità si è cercato di risolvere il problema della cancellazione dal 2015 delle penalizzazioni per quei lavoratori che vanno in pensione di anzianità prima dei 62 anni, restano sul piatto dell’Inps numerosi tavoli aperti di tutt’altro che semplice risoluzione. Non ultimo quello del “padre di tutti i mali della riforma Fornero”: il caso degli esodati che, benché a detta del governo sia definitivamente chiuso, tiene ancora sulla graticola migliaia di persone. Senza sottovalutare che i 15,8 milioni di pensionati italiani (contatore aggiornato al 31 dicembre 2013 dall’Inps) non dimenticheranno mai lo “sgambetto” che il premier Renzi gli ha fatto: lasciarli fuori dal bonus degli 80 euro. Ecco un quadro aggiornato della situazione.

Rivalutazione della pensione – È una novità che riguarda tutti i pensionati che percepiscono fino a 1.502,64 euro lordi al mese: quanti speravano in una rivalutazione consistente dell’assegno nel 2015 rimarranno delusi. Il valore provvisorio del miglioramento comunicato dal ministero dell’Economia per il prossimo anno è appena dello 0,3%  e per gli assegni con importi superiori sarà dello 0,285 per cento. Un esempio: se la pensione minima nel 2014 ammontava a 500,88 euro, nel 2015 salirà a 502,38 euro. Tutta colpa dell’inflazione che è ai minimi storici, visto che l’aggiornamento viene calcolato con l’indice dei prezzi al consumo rilevato dall’Istat. Ma le brutte notizie non finiscono qui: dal momento che il dato ufficiale sul 2014 (+1,1%) è risultato più basso di quello provvisorio applicato negli scorsi 12 mesi (+1,2%), i pensionati molto presto si vedranno decurtare la differenza incassata in più. L’Inps a breve pubblicherà una circolare con tutti i dettagli.

Opzione donna – È l’ultima ritoccatina alla riforma in ordine di tempo e consiste nella proroga di un altro anno dei termini per richiedere la pensione se si è una lavoratrice con almeno 35 anni di contributi e 57 anni e tre mesi di età (i tre mesi sono dovuti all’adeguamento alla speranza di vita). Per queste donne è, quindi, ancora possibile – fino alla fine del prossimo anno – ottenere l’assegno calcolato interamente con il metodo contributivo. Lo scotto da pagare resta lo stesso: vedersi ridurre l’assegno di circa il 20 per cento.

Pensioni d’oro – Dopo aver constatato che la maggior parte degli italiani annaspa e non riesce ad arrivare a fine mese, solo la scorsa settimana la Commissione bilancio ha approvato una proposta di modifica alla legge di Stabilità, mettendo un tetto per gli assegni previdenziali di medici, professori universitari, magistrati e grand commis, inclusi quelli già liquidati. Quindi con un effetto retroattivo. La novità che scatterà dal 2015. Una pezza, in pratica, alla falla scoperta dalla trasmissione Le Iene: alti funzionari pubblici, come i dirigenti sindacali, potevano ottenere una pensione integrativa più che sostanziosa (rimanendo in servizio fino ai 75 anni, nonostante avessero raggiunto i 40 anni di anzianità contributiva) avendo solo alcuni mesi di contributi versati dalla propria associazione sindacale.

Penalizzazione pensione anticipata – E’ il punto fondamentale delle modifiche inserite nella legge di Stabilità e prevede la sospensione della penalizzazione per tutti i lavoratori (dipendenti e autonomi) che maturano il diritto alla pensione anticipata. Ma questo meccanismo ‘grazia’ solo fino al 31 dicembre 2017. In pratica, quanti raggiungeranno i 42 anni e 6 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) potranno andare in pensione senza incorrere in alcuna decurtazione anche se non avranno raggiunto i 62 anni di età. Mentre la legge Fornero, per disincentivare l’ingresso alla pensione, aveva previsto un meccanismo che decurta l’assegno fino al 2 per cento all’anno se non si raggiungono anche i 62 anni di età oltre a 42 anni e mezzo di contributi.

Esodati – Questa invenzione linguistica, visto che si tratta del participio passato di un verbo che non esiste, serve a spiegare cosa è accaduto negli ultimi tre anni a circa 390mila lavoratori in “esodo” tra il lavoro e la pensione. Quindi senza stipendio. Sei provvedimenti di salvaguardia varati negli anni per tutelare oltre 162mila persone, con l’ultimo che si chiude il prossimo 5 gennaio. Ma sono stati salvaguardati tutti gli esodati? “No, ci sono anche dei casi specifici”, risponde l’Inps. Che però formano un esercito di migliaia di lavoratori, secondo la Rete degli Esodati. L’organismo, che raccoglie 15 comitati, si sta battendo per ottenere un censimento di quanti non sono stati ricompresi nelle varie salvaguardie.

Il caso più eclatante è quello degli esodati delle Poste: sono considerati dei privilegiati e, quindi, restano fuori dalla salvaguardia. Pochi mesi prima della riforma Fornero avevano accettato un accordo con Poste Italiane: in cambio del ritiro anticipato dal lavoro dopo 30 anni di servizio, il gruppo pubblico gli avrebbe concesso una buonuscita di 8mila euro e assunto un figlio, seppure con un contratto part-time di 15 giorni al mese e uno stipendio di 670 euro netti. Oggi la maggior parte di loro è senza lavoro, senza pensione e i figli hanno ancora un contratto part-time.

Busta arancione – Per tutti c’è, infine, un novità: dopo 25 anni di attesa, l’Inps ha introdotto in via sperimentale e online la “busta arancione”. Si tratta del sistema di calcolo che consentirà ai lavoratori di ottenere una proiezione della loro futura pensione. Coinvolti per ora circa 10mila lavoratori.

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