Piergiorgio Peluso, figlio dell’ex ministro Annamaria Cancellieri, è indagato dalla procura di Milano per concorso in bancarotta in relazione al fallimento di Imco, una delle holding con cui i Ligresti controllavano Fondiaria Sai e dichiarata fallita nel giugno 2012. Peluso, oggi direttore finanziario di Telecom Italia e all’epoca capo di Unicredit Corporate Banking, ha ricevuto un invito a comparire firmato dal pm Luigi Orsi. L’interrogatorio è stato fissato per il 14 novembre.

L’ipotesi di concorso in bancarotta contestata a Peluso riguarda il capitolo relativo alla cosidetta area Cerba che rientra nel filone di indagine sul fallimento di Imco e Sinergia, uno di quelli in via di chiusura e per il quale una serie di ex amministratori delle due società lo scorso luglio furono interdetti dall’esercizio delle cariche societarie per due mesi dal gip Roberto Arnaldi. La vicenda, come ricostruisce la Procura, ha al centro l’operazione di ristrutturazione di Sinergia, la controllante, che sarebbe avvenuta, come si legge in alcuni atti dei indagine, tramite un trasferimento dei 108,5 milioni di euro di debito bancario sulle “spalle, non robuste, della controllata Imco”, nell’interesse degli istituti di credito, in primo luogo Unicredit e poi GE Capital.

Secondo l’accusa sarebbe stato dissipato “il patrimonio di Imco con una operazione – preparata nei mesi antecedenti e perfezionata il 5 agosto 2010 – (…) all’esito della quale Imco assumeva il rilevante debito già in capo alla controllante Sinergia, si indebitava verso i medesimi creditori già della controllante, concedeva garanzie sui propri beni e specialmente l’area c.d. Cerba, giustificava il versamento alla controllante con l’acquisto di un cespite (Tenuta Cesarina) privo di valore commerciale”. Per il pm tutto ciò avrebbe causato il “dissesto” di Imco e un danno patrimoniale rilevante, consentendo a Unicredit di avvantaggiarsi. Il coinvolgimento di Peluso, per gli inquirenti e gli investigatori, emerge da alcune e-mail che l’ex capo di Unicredit Corporate Banking ha scambiato con Salvatore Rubino ex presidente del consiglio di amministrazione di Imco ed ex direttore generale di Sinergia spa anche lui tra gli indagati e nelle quali si parlava dell’operazione finita nel mirino della magistratura.

Oltre alle consulenze e alle mail, riferisce l’agenzia Reuters, il pm allega la testimonianza di Luciano Betti, commercialista e amministratore di varie società del gruppo Imco che il 27 novembre 2012 ha messo a verbale che “il ceto creditorio bancario del gruppo Sinergia… vedeva in Unicredit l’interlocutore principale. Va ricordato quali fossero allora i rapporti fra Salvatore Ligresti e l’ad di Unicredit, Alessandro Profumo. … Questa operazione di ristrutturazione è stata negoziata da Rubino, per parte del gruppo Ligresti, e dai dirigenti Peluso e Perco per parte di Unicredit… Il senso ultimo di questa operazione è stato quello di spostare il debito bancario da Sinergia al piano inferiore, su Imco… che ha messo a disposizione l’immobile ‘area Cerba’ sul quale la banca ha ricevuto garanzie ipotecarie“.

Del resto era chiaro da tempo che la situazione fosse piuttosto delicata tanto per il manager quanto per la banca, principale creditore delle holding della famiglia siciliana ed ex azionista di Fondiaria della quale, invece, il primo prestatore di denaro era Mediobanca, a sua volta partecipata della stessa Unicredit. Nella primavera del 2013 il Tribunale fallimentare di Milano aveva escluso l’istituto dall’insinuazione nel fallimento dell’altra holding dei Ligresti, Sinergia e l’aveva dichiarato creditore chirografario (cioè non assistito da alcun tipo di garanzia) per Imco per poco più di 141 milioni di euro. E questo in quanto “nell’ambito di una più ampia operazione depauperatoria del patrimonio dell’impresa fallita, i pegni solo apparentemente sono contestuali ai finanziamenti erogati alla controllata, mentre in realtà si presenta come a garanzia dell’esposizione preesistente”.

Passaggio, quello sottolineato dal giudice, che andava a braccetto con quanto quanto trapelato all’epoca e cioè che il no del Tribunale fallimentare avrebbe potuto costituire un elemento importante per ipotizzare una responsabilità delle banche nella complessa inchiesta penale condotta dal pm Orsi, che da oltre due anni sta scavando nelle operazioni immobiliari e finanziarie del gruppo FonSai. Tanto più che gli stessi curatori di Imco e Sinergia nei progetti di stato passivo delle società, avevano scritto che si riservavano di “far valere i profili di responsabilità risarcitoria dell’istituto di credito nel dissesto dell’impresa fallita”, cioè di chiedere alle banche i danni. Una decisione, quella del giudice fallimentare che, declinata sul versante dell’inchiesta penale, era stata già all’epoca definita da fonti investigative “di scuola” per ipotizzare appunto il reato di concorso in bancarotta fraudolenta a carico delle banche.

Quanto a Peluso, il quale appunto da Unicredit era stato insediato ai vertici del gruppo dei Ligresti con il placet del costruttore che lo conosceva da anni in quanto figlio di un caro amico di famiglia, tra i primi a chiamarlo in causa c’era stata Giulia Maria Ligresti. La primogenita di Salvatore in una telefonata con un’amica dell’ottobre 2012 intercettata dagli inquirenti parlava di lui come di uno “messo lì dalle banche”, uno “che ha distrutto tutto”, uno “talmente protetto” che, dopo aver incassato “cinque milioni e mezzo” da FonSai per un anno di lavoro, “figurati cosa gli daranno in Telecom”, altra società fortemente indebitata con le banche-azioniste. “Tutto è stato deciso dalla banche, noi ci fanno il mazzo, infatti c’era lì una persona che lì con mio papà, diceva, se quel nome o quei soldi fossero stati deliberati per te o per me o per Paolo, per qualcuno, il giorno dopo dal consiglio veniva fuori una denuncia, per questo qui che è entrato, ha distrutto tutto eh, è venuto ha avuto il mandato come se tu entri in una azienda svalorizzi tutto, distruggi tutto, fai in modo che, che uno se la può prendere zero, e poi si vedeva che era uno mandato, è uscito appena fatta con cinque milioni e mezzo”, si era sfogata.

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