Sembrava che l’occhio lungo di Roma per Rosario Crocetta si fosse fermato ai conti in rosso. È per questo che Alessandro Baccei, economista fiorentino partner di Ernst & Young, era stato spedito in Sicilia a fare l’assessore al Bilancio nella nuova giunta di Crocetta, la terza in due anni di governo. Già stretto collaboratore di Graziano Delrio, gradito a Matteo Renzi, che lo ha definitivamente approvato dietro le quinte dell’ultima edizione della Leopolda, Baccei è nei fatti un subcommissario di Crocetta, inviato a controllare – riferendo solo a Roma – l’esangue bilancio regionale, bisognoso di almeno un miliardo e mezzo di euro prima dell’approvazione della Finanziaria 2015.

“I conti non li ho ancora visti. E nemmeno lo Statuto Autonomo” dice Baccei alla prima uscita pubblica. Ma non è solo il bilancio regionale che Renzi e Delrio hanno nei fatti commissariato. Tra i nuovi dieci assessori nominati da Crocetta dopo il rimpasto, infatti, salta fuori il nome della catanese Marcella Castronovo, ufficialmente indicata nel governo dall’Udc di Gianpiero D’Alia. Castronovo, però, non è soltanto uno dei tanti assessori tecnici indicati dalla politica nelle ultime giunte regionali siciliane. Fino a 24 ore fa, infatti, Castronovo era ancora al lavoro nel suo ufficio romano di capo dipartimento della segreteria tecnica di Palazzo Chigi: un incarico che ha svolto negli ultimi mesi fianco a fianco proprio con Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. E non è forse un caso che la neo esponente della giunta di Rosario Crocetta sia stata chiamata a guidare l’assessorato alle Autonomie Locali.

Da lì varerà la riforma delle province, uno dei pasticci più clamorosi che pesano come una spada di Damocle sul governo Crocetta. Fortissimamente voluta dal Movimento Cinque Stelle ai tempi della liason con il presidente democratico, l’abolizione degli enti intermedi, ormai considerati simbolo dello spreco di fondi pubblici, era stata raccontata come l’emblema del cosiddetto Modello Sicilia, lo schema che vedeva Crocetta dialogare proficuamente con i deputati pentastellati. E invece, dopo che Crocetta l’aveva annunciata in diretta su Rai Uno, il disegno di legge per abolire le province si era presto accartocciato su se stesso. Poi nel marzo scorso l’Assemblea regionale aveva approvato una legge che definire monca è un eufemismo: le province svaniscono, sostituite da altrettanti Liberi consorzi dei comuni, che però possono scegliere in autonomia di raggrupparsi in maniera diversa dalle province da cui derivano, senza limiti di numero, purché raggruppino una popolazione di almeno 180mila abitanti.

In più il ddl anti province approvato dal Parlamento siciliano non specifica i compiti e le funzioni dei Liberi Consorzi e nemmeno chi deve amministrarli: tutto rinviato ad una legge da approvare successivamente, che si è presto trasformata nell’ennesimo casus belli tra Crocetta e la sua maggioranza. Il governatore vorrebbe mantenere alla fine il ddl che porta il suo nome, mentre i parlamentari dell’Assemblea regionale spingono per recepire la legge Delrio, la norma che ha abolito (di fatto congelandole) le province nel resto d’Italia. La seconda ipotesi è quella maggiormente gradita da Roma e dallo stesso Delrio, che non a caso ha mandato ai vertici dell’assessorato alle Autonomie Locali una sua fedelissima, formalmente indicata dall’Udc di D’Alia. Dopo Baccei spedito a guardia dei cordoni della borsa, insomma, Crocetta dovrà amministrare in compagnia di una altro subcommissario mandato da Roma, che invece disegnerà la nuova riforma degli enti locali. Sarà forse per questo che, presentando la nuova giunta di governo alla stampa, Crocetta ha sottolineato di indossare all’occhiello la spilla della Trinacria, simbolo dell’Autonomia siciliana e del suo Statuto. Un’Autonomia che oggi è più sbiadita che mai, nonostante la spilla indossata dal governatore.

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