Cantiere Anas della direttrice Civitavecchia-Orte-Rieti, tratto Terni, maggio 2012. I lavori non sono ancora terminati eppure G.L., direttore operativo dell’opera e geologo Anas da oltre 30 anni, scopre una possibile irregolarità nella liquidazione delle parcelle del direttore dei lavori e del capo dipartimento. I pagamenti andrebbero fatti solo al termine dei lavori, e invece i due incassano già il 50% della parcella. Oltre duecentomila euro il primo, 19mila il secondo. Il dirigente decide di segnalarlo all’Authority di vigilanza interna dell’Anas, senza ottenere alcuna reazione. G.L. si reca quindi dalla Guardia di Finanza per depositare un esposto. Questa volta la reazione c’è, ed è una denuncia per calunnia da parte dei suoi direttori, i dirigenti di Anas Umbria. G.L. finisce iscritto nel registro degli indagati, isolato sul posto di lavoro e, denuncia, pressato dal mobbing.

Fino a quando, il 23 ottobre, la situazione si è capovolta. La Procura di Perugia ha fatto consegnare alle Fiamme Gialle tre avvisi di garanzia ai dirigenti dell’azienda pubblica, ramo umbro, per truffa aggravata ai danni dello Stato. Poi G.L ha trovato la forza di dimettersi dal ruolo di direttore lavori della strada della discordia. Richiede di essere sollevato dall’incarico “perché il rapporto con i vertici della direzione lavori è ormai incrinato dal reiterarsi di incresciosi episodi, tali da emarginarmi dalle dinamiche del cantiere, fondamentali per la realizzazione dell’opera – continua G.L. – un direttore operativo emarginato dal cantiere è una follia.”

La legge anticorruzione tutela il dipendente che denuncia. Ma la pratica è un’altra cosa

La saggezza popolare insegna che in Italia chi si fa i fatti suoi, campa cent’anni. Chi invece denuncia, si trova in un vortice infernale. Ma a dire che un dipendente pubblico che assiste a presunti reati deve denunciare è scritto nell’articolo 1 della Legge Anticorruzione, che almeno su carta tutela chi segnala. Peccato che la pratica sia altra cosa. Lo ha scoperto a sue spese G.L., che per due anni ha subito in silenzio. Qualcuno – forse interno ad Anas – deve però avere ritenuto inaccettabile la situazione, tanto da spingersi a inviare centinaia di pagine di documentazione, in modo anonimo, alla piattaforma di whistleblowing Irpileaks, del centro di giornalismo d’inchiesta Irpi. 

Tanto quanto la segnalazione anonima, l’indagine della Procura di Perugia ruota attorno al cantiere della direttrice Terni-Rieti. A maggio 2012, in concomitanza con l’apertura del traffico di un primo tratto di strada realizzato, G.L. viene a sapere che gli ingegneri Mario Liberatore e Raffaele Spota, rispettivamente direttore dei lavori e capo compartimento per l’opera stradale, stanno per vedere liquidato il 50% delle parcelle della direzione lavori. G.L. inarca le sopracciglia. “L’opera era terminata al 70%. Mancava sia la relazione sul conto finale che la trasmissione al collaudatore di tutti gli atti”, spiega.

Al centro del caso, parcelle per 664mila euro per i collaudi dell’opera. E un regolamento interno “elastico”

Ad agosto 2012 G.L. segnala l’irregolarità all’autority di vigilanza interna Anas, presso la sede nazionale, a Roma. Non ottenendo risultati, il 4 dicembre 2012 denuncia al Nucleo di Polizia Tributaria di Perugia, come risulta dal verbale del 28 dicembre, e invia tramite avvocato un esposto all’Amministratore Unico dell’Anas, Pietro Ciucci.

Dopo l’esposto a Ciucci e alle Fiamme Gialle, a febbraio 2013 G.L. riceve, indirizzata al suo legale Guido Chiodetti, una lettera dell’avvocato Emanuela Spirito che rappresenta gli ingegneri Spota (non citato nell’esposto alla Finanza) e Liberatore. La missiva recita che i due avrebbero “ricevuto, per opportuna conoscenza, dalla Direzione Generale Anas, documentazione inerente gli esposti presentati dal Dott. G.L., ove vengono ipotizzati reati in capo ai miei Assistiti”. Si minacciano misure legali, che arrivano poco dopo. Infatti, il 17 settembre 2013 il geologo riceve un avviso di garanzia della Procura di Perugia per presunta calunnia ai danni dei dirigenti dell’Anas Umbria.

Il mese successivo, a G.L. viene proposto un trasferimento, che non accetta. Da allora, il geologo avrebbe iniziato a subire mobbing. “I miei dirigenti mi hanno rovinato, mi hanno isolato, sono mesi che mi tengono in ufficio senza compiti. Ai colleghi viene detto di evitarmi”, confida a Irpi.

Questo è anche ciò che racconta al Servizio Mobbing dell’Ospedale di Foligno, che richiede per lui l’attivazione del ‘percorso collegio medico da Mobbing’. Ma il percorso lo deve fare all’Asl competente, a Bastia Umbria. E lì la procedura viene archiviata, e la depressione di G.L. imputata alla perdita del padre, avvenuta 20 anni prima. “I dirigenti Anas Umbria – sostiene G.L. – erano informati dell’archiviazione prima che mi arrivasse la lettera ufficiale dell’ASL, il 31 marzo 2013”.

La diagnosi dell’Asl: “Mobbing? No, depresso per la morte del padre”. Avvenuta vent’anni fa

Le centinaia di pagine arrivate a Irpileaks raccontano una storia preoccupante. Il caso della direttrice Terni-Rieti è emblematico. Al progetto viene applicato il regolamento Anas 2003, che non pone un tetto massimo alle parcelle, ma impone che vengano pagate a fine lavori. “Qualora i dirigenti si giustificassero dicendo di avere applicato invece il nuovo regolamento, quello 2011 – spiega G.L. – sarebbero comunque irregolari.” Infatti, quest’ultimo permette pagamenti in anticipo, ma con un tetto massimo di 100 mila euro”. Cifra sforata abbondantemente con le parcelle da 130 mila euro a testa pagate a due collaudatori e quella da 220.502 euro netti liquidata il 10 maggio 2012 a Liberatore. Con le parcelle di tutta la direzione lavori si arriva a 664 mila euro. “Sono l’unico che ha rifiutato l’anticipo. Ho segnalato all’Authority Anas per proteggere i colleghi che coordinavo -spiega G.L- liquidare in anticipo serviva a giustificare i 220mila per Liberatore.”

Mentre la Procura di Perugia indaga, il Movimento5Stelle ha presentato un’interrogazione parlamentare e l’Autorità Nazionale Anticorruzione il 21 maggio 2014 ha chiesto un chiarimento all’Organismo di Vigilanza Anas rispetto al presunto mobbing. I dirigenti Anas Umbria, dal canto loro, fanno sapere a Ispri, tramite l’avvocato Emanuela Spirito, che “l’indagine è destituita di ogni fondamento.”

di Cecilia Anesi, Lorenzo Bagnoli, Lorenzo Bodrero
(Irpi -Investigative Reporting Project Italy)

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