L’Isis avanza ed è a alle porte dalla Turchia. Diverse bandiere del Califfato sono state issate nella zona orientale di Kobane, la città siriana a ridosso del confine turco. L’avanzata delle truppe del califfato, affermano ufficiali curdi, è favorita dal fatto che i combattenti hanno preso il controllo di una collina strategica nei pressi della cittadina da cui possono dominare con l’artiglieria tutta l’area. Assediata da diverse settimane, Kobane sta per capitolare mentre la Turchia osserva la scena da 800 metri di distanza con i suoi 25 carri armati schierati.

La Nato intanto prova a spingere: “L’Alleanza è pronta a difendere le frontiere” della Turchia. Ma da Londra, il Times mette Ankara nei guai, dichiarando che la Turchia “ha scambiato 180 jihadisti per i suoi 46 ostaggi”, liberati la scorsa settimana. Sul campo, la resistenza curda è allo stremo: solo lunedì 6 ottobre a nord della Siria sono morti trenta miliziani delle forze di autodifesa curde in un doppio attentato suicida. I curdi siriani hanno chiesto ai turchi di lasciare entrare dal confine i combattenti che si vogliono unire nella battaglia contro l’Isis, ma il governo turco sembra non volere ancora intervenire in maniera diretta, anche se giovedì, il Parlamento di Ankara ha votato la mozione per prolungare la presenza di truppe di terra al confine con la Siria per contrastare l’avanzata dei terroristi islamici

Ankara: “Interveniamo solo se si colpirà anche Assad”
Il premier turco Ahmet Davutoglu ha dettato la linea in una intervista alla Cnn: “La Turchia invierà i propri militari sul terreno in Siria solo se la strategia Usa includerà anche la destituzione di Assad“. Entrare a Kobane “è una decisione che comporta una strategia più estesa, che riguarda tutto il confine siriano”, ha precisato Davutoglu. Tra i 180 jihadisti che secondo il Times “sono stati scambiati dal governo di Ankara per 46 ostaggi turchi“, anche diversi occidentali: tre francesi, due britannici, due macedoni, due svedesi, un belga e uno svizzero.

Media iracheni: “La Coalizione uccide ‘per errore’ 22 civili” 
L’agenzia irachena Nina riferisce che 22 civili, tra cui 4 bambini, sono morti quando un raid aereo della Coalizione internazionale guidata dagli Usa ha colpito per errore un edificio ad una settantina di metri da una postazione dello Stato islamico a Hit, 150 chilometri a ovest di Baghdad. Secondo questa ricostruzione, altri 43 civili sono rimasti feriti, tra cui altre donne e bambini. Hit, nella provincia occidentale di Al Anbar, è stata investita nei giorni scorsi da una nuova offensiva dello Stato islamico, che già controlla vaste aree di questo territorio.

Le donne kamikaze contro l’Isis
Arin Mirkin, l’attentatrice suicida che si è fatta esplodere contro una postazione del Califfato nei pressi di Kobane è solo l’ultima delle kamikaze peshmerga contro i jhadisti di al BaghdadiUn caso di suicidio recente – ma non di attentato kamikaze – risale ai primi di ottobre, quando un’altra giovane, Ceylan Ozalp, di appena 19 anni, si era tolta la vita sparandosi per evitare di essere catturata dai miliziani dell’Isis. Era invece il 12 settembre quando sulle montagne del Kurdistan moriva combattendo Avesta, 24 anni, capo di una unità di uomini e donne impegnata in un’operazione congiunta Pkk-peshmerga per la riconquista di un villaggio vicino a MakhmourNessuno sa quante siano in totale le combattenti donne, nelle terre curde frantumate e devastate a cavallo tra IraqSiria e Turchia. Qualche dato in più si conosce invece sulle militanti del Pkk: quasi il 20%. E in una quindicina d’anni oltre la metà degli attentati di matrice curda anti-turca è stata compiuta da donne votate al “martirio”.

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