Il Financial Times, il giorno dopo la notizia della nuova recessione italiana, aveva parlato di “fine della luna di miele” tra Matteo Renzi e il Paese. Ma, come dimostra il contenuto stesso dell’analisi del quotidiano finanziario inglese, i dati Istat sull’andamento dell’economia sembrano aver segnato un punto di svolta anche nel rapporto tra il premier italiano e la stampa internazionale. Che al giovane ex sindaco di Firenze, presentatosi come rottamatore e alfiere del cambiamento, in passato ha concesso un’ampia apertura di credito. Ora – forse anche in seguito alle pesanti dichiarazioni di Mario Draghi sulla necessità che i Paesi europei “cedano sovranità” alla Ue sulle riforme strutturali – il vento è cambiato. A rimarcarlo è il blog di Beppe Grillo, che riporta integralmente la traduzione di un articolo critico comparso sull’ultimo numero dell’Economist. La prima frase dice tutto: It’s the economy, stupid. Ovvero lo slogan della vittoriosa campagna presidenziale condotta nel 1992 da Bill Clinton. Il senso era che solo i numeri sulla crescita e l’occupazione avrebbero determinato l’esito delle elezioni. Il settimanale della City continua spiegando che “se Matteo Renzi, uno studente appassionato di politica americana, avesse prestato più attenzione allo slogan di successo inventato per la campagna presidenziale di Clinton nel 1992, potrebbe essere in una posizione migliore di quella in cui si trova oggi”. Cioè con il Pil in calo  dello 0,2% nel secondo trimestre, “il peggior colpo per il primo ministro dall’inizio del suo mandato nel mese di febbraio”. Poi la sferzata: “La notizia della recessione lascia un’ammaccatura enorme nella credibilità della strategia complessiva del governo. Mister Renzi ha fatto una scommessa: che l’economia avrebbe recuperato senza bisogno di molte riforme strutturali, in modo da poter andare andare avanti con quello che lui ha giudicato l’aspetto più importante: il cambiamento istituzionale”.

“Per Renzi riforme come il Pin del telefonino. Ma che succede se nel frattempo la batteria si è scaricata?” – Seguono il racconto delle trattative con Silvio Berlusconi (che nel 2001 l’Economist definì “inadatto a guidare l’Italia”) sull’Italicum, la descrizione delle difficoltà che il governo sta incontrando nel varare iniziative pro-crescita e la previsione di “tagli alla spesa profondi (di 15, 20 miliardi secondo i più)” per “rispettare i propri impegni di riduzione di bilancio della zona euro senza aumentare le tasse”. Peccato che “se il governo non agisce rapidamente per liberare i mercati e favorire la razionalizzazione e l’efficienza, c’è il rischio che i tagli faranno ulteriormente calare la domanda accelerando la spirale discendente”. Conclusione: “Mr Renzi il mese scorso ha paragonato il suo programma di riforma costituzionale con il Pin di un telefono cellulare. E’ solo dopo aver digitato il numero, ha spiegato, che il telefono funzionerà. Ma cosa succede se nel frattempo la batteria si è scaricata?”.

Secondo il Financial Times ora “i grandi imprenditori esprimono timori” – Anche sulle pagine color salmone del Financial Times, che a febbraio celebrava “l’agenda ambiziosa” di Renzi e solo a giugno giudicava “importante” la sua battaglia per un ripensamento delle rigide regole del Patto di stabilità, ora lo scetticismo nei suoi confronti è palpabile. Pur se attribuito, come nel colloquio con il presidente del Consiglio pubblicato domenica, ai “grandi imprenditori italiani” che “sono stati grandi supporter di Renzi” ma ora “hanno iniziato a esprimere timori che si tratti di un micromanager che si basa troppo su pochi amici fidati quando avrebbe invece bisogno di consulenti esperti da abbinare alla sua capacità politica”. Parla di “paralisi italiana”, in contrasto con la ripresa di Spagna e Grecia, il Wall Street Journal, che in un editoriale firmato da Simon Nixon sottolinea come rispetto alle promesse di sei mesi l’esecutivo Renzi abbia realizzato troppo poco: “Ci sono pochi segni dei cambiamenti di vasta portata del mercato del lavoro e dei prodotti e delle revisioni della burocrazia e del sistema giudiziario necessari per rilanciare la crescita”.

Die Welt: chiusura dell’Unità e successo di Fanpage simbolo dell’Italia renziana – Infine la stampa tedesca, che da Renzi si aspettava un nuovo corso e riforme profonde, ora è rapidissima a scaricarlo prevedendo (Suddeutsche Zeitung) che il premier “sarà più debole in Europa”. Ma non solo: ampliando lo sguardo, il quotidiano conservatore Die Welt pubblica un’analisi sul nuovo Zeitgeist (“spirito del tempo”) italiano perfettamente incarnato dal presidente del Consiglio. “A 39 anni già premier. Non segue alcuna ideologia. È un pragmatico. Era democristiano, ora è socialdemocratico. È la personificazione del ‘sia…sia’. È contrario alle politiche di risparmio d’Europa, ma allo tesso tempo a favore di riforme strutturali dolorose. Distribuisce 80 euro a chi guadagna di meno, e allo stesso tempo sbraita contro i sindacati. Renzi non pensa in ‘destra’ e ‘sinistra’, ma in veloce e lento. È uno che fa. Sono gli altri a frenare”, spiega il corrispondente Tobias Bayer ai concittadini di Frau Merkel. La descrizione dello stile giovanilistico dell’inquilino di Palazzo Chigi continua con riferimenti all’abbigliamento (“Non porta vestito e cravatta, ma jeans e camicie aperte”), all’uso della tecnologia (il solito Twitter) e all’atteggiamento “alla mano” (“Si fa portare la pizza a Palazzo Chigi, velocemente passa al tu: ‘Io sono Matteo’. Non è ‘uno di quelli’ ma ‘uno di noi’). E questo “riflette uno Zeitgeist che ovviamente plasma anche i media”. In che modo? L’Unità chiude e gran parte delle testate tradizionali sono in crisi, mentre, scrive Bayer, riscuote successo il giornale online Fanpage.it. Il giudizio su questa evoluzione è lasciato ai lettori.

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