Il decreto legge Competitività, già approvato dal governo e ora in attesa di essere convertito in legge dal Parlamento, potrebbe avere effetti diametralmente opposti rispetto a quelli promessi dal suo stesso nome. Almeno nel settore del trasporto ferroviario merci. Con il rischio concreto, secondo i rappresentanti della categoria, di far fallire moltissime aziende e di favorire il più inquinante trasporto stradale. A mettere in guardia l’esecutivo, con una lettera inviata al premier Matteo Renzi, al ministro dei Trasporti Maurizio Lupi e a quelli dell’Economia Pier Carlo Padoan e dello Sviluppo economico Federica Guidi, è l’associazione Fercargo. Che raggruppa tutte le imprese ferroviarie (quelle che effettuano i servizi di trazione dei treni) non riconducibili al gruppo Fs operanti nel settore cargo ferroviario, in cui lavorano circa 1.700 persone. Nel mirino c’è l’articolo 29 del decreto, che elimina gli sconti sulla bolletta dell’energia elettrica di cui gode Rete Ferroviaria Italiana, la società del gruppo Fs che gestisce appunto le linee ferroviarie. “Il regime tariffario speciale al consumo di RFI […] è applicato al decorrere del 1° gennaio 2015 ai soli consumi di energia elettrica impiegati per i soli trasporti rientranti nel servizio universale”, recita l’articolo. Tradotto: via le agevolazioni per i servizi – sia di trasporto passeggeri sia merci – che sono già profittevoli di per sé e non necessitano di una speciale salvaguardia. Il fatto è che, secondo Fercargo, il provvedimento finirà per ritorcersi contro le società private di trasporto ferroviario merci, tutte mediamente di piccole dimensioni e già pesantemente colpite dalla crisi internazionale. Perché Rete Ferroviaria Italiana ribalterà l’aumento sulle tariffe imposte agli utenti, portandole – stima l’associazione – da 3 a 4 euro al chilometro. Risultato: un aumento complessivo del 10% dei costi aziendali. Colpo che per Fercargo nessuna delle realtà italiane del settore sarebbe in grado di sostenere.

E si spinge ancora più in là Nereo Marcucci, presidente della Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica (Confetra): secondo lui con questa norma il governo rischia “di impedire ope legis l’effettuazione in Italia del trasporto ferroviario delle merci”, gravando il settore “con ulteriori 120 milioni di euro all’anno di costo dell’energia”. Assofer, l’associazione degli operatori del trasporto ferroviario e intermodale, aggiunge che un incremento del costo di utilizzo della rete potrebbe avere un altro effetto deleterio: per sopravvivere le società, avendo margini già molto bassi, saranno costrette a riversare l’aumento dei costi sulla tariffa finale al cliente. Scoraggiando ulteriormente il trasporto ferroviario merci, già sottoutilizzato in Italia rispetto alla media europea, a favore della gomma, modalità di spostamento ben più dannosa per l’ambiente.

Infine esiste un’altra questione che chiama in causa la – mancata – concorrenza tra il gruppo Fs, gestore della rete tramite Rfi ma anche operatore di trasporto con Trenitalia, e le aziende private che operano nel settore. Anomalia su cui da tempo ha acceso un faro anche la Commissione europea. Stando al decreto Competitività, Rfi continuerà a godere di tariffe privilegiate per l’energia utilizzata a favore degli utenti che effettuano trasporti di “servizio universale”. Quelli che per legge vanno garantiti ma sono strutturalmente in perdita. Peccato che siano tutti affidati a Trenitalia, che quindi a livello aggregato continuerà a godere di un’agevolazione che i suoi (dimensionalmente molto più piccoli) concorrente privati dal 2015 non avranno più. Eppure a sua volta la società guidata da Vincenzo Soprano non rinuncia a lanciare l’allarme: “Triplicando il costo energetico della trazione”, ha fatto sapere l’ad, “alcuni servizi diverranno antieconomici, e si assisterà inevitabilmente a una riduzione strutturale dell’offerta”. Mentre l’ad di Ferrovie dello Stato Michele Mario Elia, in audizione davanti alle commissioni Industria e Ambiente del Senato, ha detto che le norme contenute nel dl Competitività “sono caricate tutte sul servizio a mercato con un costo complessivo di 120 milioni di euro” e potrebbero “avere impatti sui servizi”, “sulla redditività” e anche “sull’offerta”. 

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