Paolo Calvano è in rampa di lancio per sostituire Stefano Bonaccini alla guida del Partito democratico dell’Emilia-Romagna. Dopo il vertice dei renziani della regione a Bologna e il via libera condizionato del coordinatore Richetti (“pronto a sostenerlo se il progetto è quello di cambiare verso anche nella nostra Regione”) ora ecco la candidatura ufficiale. L’annuncio arriva, segno dei tempi, via Facebook: “Ho deciso di candidarmi per scavare nel solco di quel processo di cambiamento e di quell’innovazione sociale e politica che il Pd sta attuando oggi in Italia con la guida di Matteo Renzi”. Nemmeno il tempo di condividere il post ed ecco la pioggia di endorsement, sufficiente per ritenerlo il favorito al congresso rispetto al consigliere regionale Antonio Mumolo (al momento unico sfidante, con l’aggravante di essere civatiano).

Il primo a voler spianare a Calvano la strada lasciata libera da Bonaccini, ormai a tempo pieno responsabile degli enti locali nella segreteria nazionale, è il parlamentare ferrarese Alessandro Bratti: “La candidatura di Paolo è un fatto estremamente positivo. Paolo è uomo che unisce e questo oggi è un requisito fondamentale per ogni leadership all’interno di un’organizzazione politica”. Sempre da Ferrara si fa vivo Roberto Montanari, ultimo segretario regionale dei Ds e oggi consigliere regionale: “Ha tutte le caratteristiche per dare il verso giusto al cambiamento politico e culturale che va realizzato in Emilia-Romagna”. A ruota ecco il sostegno dei senatori democratici dell’Emilia Romagna: “Crediamo che sia la persona giusta per costruire un partito nuovo – sostengono Francesca Puglisi, Stefano Collina, Maria Teresa Bertuzzi, Leana Pignedoli e Giorgio Pagliari -, all’altezza della grande responsabilità che ci hanno affidato gli elettori alle recenti elezioni europee e per preparare le elezioni regionali del 2015”. Da Roma a Bruxelles, con l’appoggio dell’ex ministro, ora europarlamentare, Paolo De Castro: “una figura di grande motivazione e determinazione”.

Già un anno fa si era parlato del nome di Calvano per sostituire un Bonaccini incerto se candidarsi sindaco a Modena. Le cose cambiarono e l’occasione propizia è arrivata ora, quando la conversione renziana ha ormai catechizzato la quasi interezza del partito. Già, perché anche Calvano ha avuto la sua folgorazione sulla via di Damasco. Franceschiniano prima, bersaniano poi, la sua fede vacillò per un attimo (appena 48 ore) nel giugno 2012. Di fronte all’arrembante avanzata del sindaco di Firenze, il segretario provinciale prese tempo: “Al momento so con chi non stare”. Passarono due giorni ed ecco la nomina a coordinatore regionale dei comitati bersaniani. Rimase così smacchiatore convinto fino alla caduta in disgrazia di Bersani. Fioccarono nel frattempo i cambi di sponda. Da Franceschini allo stesso Bonaccini, da Merola a Donini, tutti abbracciano Matteo Renzi. E allora ecco che l’estate del 2013 trova anche Calvano in prima fila ad applaudire l’uomo nuovo del Pd.

Sarebbe ingiusto però limitare il tutto a una seppur tardiva salita sul carro del vincitore. Perché Calvano i numeri li ha sempre avuti. Quantomeno scolastici. Nato a Ostellato, nel basso ferrarese, classe ’78, si è diplomato al liceo scientifico con 60/60 “con distinzione. Il massimo dei voti l’ha ripetuto con la laurea in Economia delle amministrazioni pubbliche a Ferrara nel 2003 con 110 e lode. Nel frattempo, ancora studente universitario, era entrato in consiglio comunale nel suo paese. Fu il più votato e divenne vicesindaco. Il gradino successivo fu la fascia tricolore nel 2004, che abbandonò a due mesi dalla scadenza di mandato, il 14 febbraio del 2009 per ricoprire la carica di segretario provinciale. Nel frattempo aveva già lavorato come ricercatore in campo economico presso aziende in progetti legati agli atenei di Ferrara e Forlì. Di recente si è iscritto al master in Performance della P.A..

Un eterno studente alla Villon? “Renzi ha detto che dobbiamo continuare a formarci e io eseguo alla lettera”, scherza Calvano, che ora ha il tempo di guardarsi indietro. Ai classici più e meno della sua segreteria. “Il momento più bello – ricorda – è stata la vittoria del 2011 con sette comuni su sette conquistati alle comunali, assieme a quella di quest’anno con la riconferma del capoluogo con un sonoro 55% al primo turno”. Il punto più basso l’ha vissuto invece per colpa dell’unico sindaco cinque stelle della provincia di Ferrara, Marco Fabbri: “Quella di Comacchio fu una sconfitta dalla quale siamo ripartiti per raggiungere i recenti risultati”. Da aspirante segretario fece scalpore una sua dichiarazione durante la presentazione della propria mozione congressuale, dal titolo “Il coraggio di innovare”. Era l’8 di maggio del 2010 e disse di fronte al gotha provinciale del proprio partito: “Basta con il metodo di assegnare posti per risolvere problemi interni”. A dire il vero da allora, assecondando i detrattori, non è cambiato molto a Ferrara, ma quelle parole di principio è pronto a ribadirle a Bologna: “La fiducia che ci hanno accordato i cittadini va ricambiata con i risultati. È il frutto di una credibilità che va rinnovata e consolidata ogni giorno e senza la quale i cittadini sono pronti a rivolgersi altrove. Il Pd dovrà guidare il necessario rinnovamento della nostra regione. Bisognerà liberare nuove energie, servono risposte innovative alla crisi economica. Andrà resa protagonista una nuova classe dirigente, donne e uomini, in parte già in campo, capace di consolidare l’azione dell’Emilia-Romagna in Europa, puntando sui giovani, sul lavoro e sulla scuola, in una logica di sostenibilità sociale e ambientale, facendo quello che diciamo e dicendo quello che facciamo”.

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