Da questa settimana sui campi di mais delle campagne mantovane voleranno i droni. Come a Kabul. Ma la guerra, in questo caso, è contro la piralide, un parassita del mais che riduce notevolmente la produttività della pianta e che infesta le coltivazioni locali. Si tratta del primo caso in Europa di utilizzo dell’aereo robotizzato per combattere questo parassita. E i benefici sono notevoli, poiché il drone rappresenta l’arma in più nella lotta integrata biologica alla piralide. Una lotta a impatto ambientale zero che mette al bando pesticidi, il pericolo di perdita di parte del raccolto dovuto al “calpestamento” delle vecchie tecniche e anche l’inquinamento da CO2, poiché gli aerei funzionano a batteria ricaricabile.

A essere interessati alla sperimentazione – resa possibile da una collaborazione fra Associazione Mantovana Allevatori, Comal, suo braccio commerciale, e Koppert, una delle più importanti aziende mondiali per la lotta biologica con sede a Rotterdam – saranno, inizialmente, 20 agricoltori mantovani per una superficie totale di 200 ettari. Il principio base della lotta alla piralide è l’utilizzo dell’imenottero parassitoide Trichogramma brassicae, un insetto oofago che neutralizza le uova della piralide. Si tratta di insetti già presenti in natura, ma non in misura sufficiente a contrastare l’avanzata del parassita del mais.

L’idea è quella di caricare sui droni delle sfere di cellulosa biodegradabili con all’interno le uova di Trichogramma Brassicae e di sganciarle come bombe biologiche sulle coltivazioni di mais, in modo da diffonderle, attraverso distributore automatizzato e montato sul drone, in maniera omogenea e rapida. Con un volo ad altezza di un metro superiore all’apice della pianta, la capsula viene rilasciata e nel giro di 15-20 giorni si sviluppano le larve per la lotta biologica, con nascite scalari.

I risultati e i costi sono equiparabili ai trattamenti chimici, con il vantaggio dell’impatto ambientale zero. “Abbiamo definitivamente superato i problemi iniziali – afferma Emanuele Zanforlin, responsabile commerciale di Koppert Italia – che erano, principalmente, i costi superiori rispetto al trattamento chimico e la distribuzione manuale, che era improponibile su vasta scala”. I droni quadricottero misurano un metro per un metro e, come prevede la legge, saranno teleguidati da un pilota diplomato Enac. Il velivolo viaggia a una velocità di crociera di 20-30 chilometri orari e per eseguire le operazioni anti-piralide effettuerà passaggi aerei ogni 10 metri circa, muovendosi a spirale greca. Il costo del drone si aggira intorno ai 40mila euro, ma i prezzi sono in discesa rapida. Per il progetto in questione è attivo un finanziamento di Regione Lombardia. Il trattamento con i droni “rappresenta nel trattamento della piralide col trampolo (struttura che fisicamente entra nelle colture del mais provocando calpestamenti e perdite di prodotto, ndr) un salto in avanti paragonabile al passaggio dall’aratura coi buoi alle trattrici”, ha assicurato l’agronomo Francesco Alessandrini, che ha guidato i processi di sperimentazione con il drone dal 2008 insieme a Gabriele Caleffi, direttore dell’Associazione Mantovana Allevatori.

Articolo Precedente

Costa D’Avorio, le origini di un conflitto nel diritto alla terra

next
Articolo Successivo

Brescia, nube nera esce dall’inceneritore. Arpa: “Dati su diossine non registrati”

next