“Mio marito ha avuto una crisi respiratoria ed è stato ricoverato in terapia intensiva. Sedato e intubato. Dopo qualche giorno si è ripreso e ha chiesto al medico di venire stubato. Sembrava rispondesse alle terapie. Ma ha voluto subito chiarire una cosa: se mi ricapita non voglio rimanere attaccato alla macchina. Voglio essere lasciato andare. E così è stato”. Morire con dignità: il confine tra l’accanimento terapeutico, la proporzionalità delle cure e il vuoto legislativo è talmente labile che, per fortuna, i medici si comportano secondo il Codice deontologico. E anche secondo coscienza.

E così il giorno dopo l’intervista dell’associazione “Viva la Vita onlus”, ripresa ieri dal Fatto, al professor Mario Sabatelli, neurologo responsabile del Centro Sla del Policlinico Gemelli, non è difficile incontrare tra le corsie del nosocomio romano chi ti racconta la propria esperienza. Come questa signora, la chiameremo Anna, che ha da poco perso il marito. Che non era malato di Sclerosi laterale amiotrofica, ma aveva un’infezione polmonare e problemi respiratori gravi. “Una notte si è sentito peggio del solito – ci racconta Anna – e con l’ambulanza siamo arrivati qui. È stato ricoverato in un reparto ‘normale’, ma la notte successiva le sue condizioni sono peggiorate ulteriormente. Ha perso conoscenza e i medici l’hanno intubato, trasferito in terapia intensiva e sottoposto a una dose massiccia di antibiotici. In un primo momento ha reagito, si è svegliato e d’accordo con i medici è stato stubato. Appena ha potuto parlare ha chiarito di non voler più essere sottoposto a ventilazione meccanica. Per fortuna l’hanno ascoltato”. Certo, il caso del marito di Anna è più facilmente classificabile di quello di un paziente terminale di Sla che, dopo essere stato tracheostomizzato, cambia idea. Il professor Sabatelli, laddove le volontà siano precise e chiare, ha dichiarato nell’intervista che nel suo centro si fa: si staccano le macchine. “La questione diventa molto più complicata quando il soggetto non è cosciente – spiega al Fatto Mario Riccio, l’anestesista di Piergiorgio Welby (e non di Eluana Englaro, come erroneamente scritto ieri) – perché a quel punto deve intervenire un ‘tutore’. Ma non sempre la persona lo ha nominato”.

Ma a dimostrare che il vuoto legislativo esiste davvero c’è un modulo, distribuito il 12 aprile durante un convegno dal professor Claudio Terzano, Direttore dell’Unità di Area critica respiratoria Sla del Policlinico Umberto I. Siamo sempre a Roma. Stessa malattia, comportamenti diametralmente opposti. Si tratta delle “Direttive anticipate sulle misure di sostegno vitale in caso di Sla” e parla chiaro: “Sono consapevole del fatto che secondo le leggi attualmente in vigore in Italia non mi sarà possibile ottenere la sospensione della ventilazione invasiva”. “Si tratta di un’affermazione del tutto falsa e infondata – ha commentato ieri il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato – che può avere effetti intimidatori nei confronti dei malati, e che fa comprendere l’importanza di assicurare effettivamente su tutto il territorio nazionale quel pieno rispetto dell’autodeterminazione individuale ancora affidato al coraggio e al rigore di professionisti come Sabatelli”.

Il neurologo del Gemelli, il giorno dopo l’intervista, si è detto tranquillo, sostenuto dai suoi pazienti e dai tanti che gli hanno dimostrato vicinanza e condivisione di vedute. La reazione del Policlinico cattolico, invece, è arrivata in serata per bocca di Massimo Antonelli, rianimatore e direttore del Centro di Ateneo per la vita, che ha difeso l’operato del collega. “Noi non abbandoniamo mai i malati, neanche nella delicatissima fase terminale” ha scritto in una nota. Nessuno però ha sostenuto il contrario. Antonelli ne fa poi una questione terminologica: “Si abusa in modo sciatto e inappropriato del termine eutanasia, confondendola con un concetto che è precisamente in linea con il Codice deontologico dei medici e con i principi fondamentali della Chiesa cattolica: la desistenza terapeutica”. Ma anche in questo caso nessuno ha mai parlato di “eutanasia”. Papa Francesco ha fatto sapere proprio ieri che il prossimo 27 giugno si recherà in visita al Gemelli. Chissà se vorrà passare dal centro Sla, per vedere come anche un malato terminale può morire con dignità.

Da Il Fatto Quotidiano di giovedì 5 giugno 2014

Articolo Precedente

Civil partnership: forse al Pd non piacciono i gay?

next
Articolo Successivo

Dl Detenuti, bozza: 8 euro per ogni giorno di trattamenti inumani in carcere

next