“La Rai non è né dei conduttori televisivi né dei sindacalisti dell’Usigrai”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi torna su quanto detto ieri sera a Ballarò. “La Rai appartiene ai cittadini che la pagano attraverso il canone e la fiscalità generale. Se chiediamo sacrifici ai cittadini, alle banche, è giusto che li faccia anche la Rai”. Subito risponde lo stesso sindacato Usigrai: “Ha ragione Renzi – replica il segretario Vittorio Di Trapani -. La Rai non è dei conduttori e non è dell’Usigrai. Ma non è neanche del capo del governo. Che invece vuole decidere cosa la Rai deve vendere o chiudere. La Rai è dei cittadini. A partire da quelli onesti che pagano il canone per avere il servizio pubblico“. “Invece – continua – il presidente del Consiglio lascia impuniti gli evasori. Lo ribadisco: serve contribuire in una fase economica difficile? Ci sono 500 milioni di euro evasi ogni anno dal canone. Renzi metta la faccia su questo: recuperi quei soldi, a beneficio di tutti i cittadini. Troppo facile recuperare i soldi per gli 80 euro da chi paga le tasse e il canone invece che andare a stanare gli evasori. Siamo pronti a un confronto pubblico con Renzi: così potremo chiarire chi ha un progetto per il futuro, chi è in grado di innovare, e chi invece vuole solo togliere il servizio pubblico ai cittadini”. [brightcove]3565937845001[/brightcove]

Il confronto a distanza era partito dopo uno scambio serrato a Ballarò tra il capo del governo e il conduttore del programma Giovanni Floris. E oggi Renzi era tornato sul punto con un tweet: “Niente paura. Il futuro arriverà anche alla Rai. Senza ordini dei partiti. #cambiaverso#italiariparte”. Il presidente del Consiglio ha detto di amare le imprese difficili e di divertirsi a sfidare a viso aperto chi, come i senatori, saranno “vittime” delle riforme del governo. E così ha ingaggiato su Rai3 un duello con Floris sui tagli di 150 milioni previsti per l’azienda pubblica. “Anche la Rai deve partecipare dei sacrifici, tocca anche a voi”, sostiene lapidario, distinguendo tra “tagli agli sprechi e ai cda” e licenziamento di lavoratori che, anzi, “non ci saranno”.

A dieci giorni dalle elezioni, il presidente del consiglio è andato in tv a marcare la differenza tra Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, che “sfoggiano gli evergreen di sempre, complotti e marce su Roma”, e il governo che “sta cambiando l’Italia”. A dispetto di chi, ha attaccato Renzi, “ripete che non ce la faccio e mostra dubbi, preoccupazione e scetticismo”. A scanso di equivoci, Floris ha assicurato che lui non è un gufo ma vuole solo fare il suo mestiere e per oltre mezz’ora di intervista il confronto tra i due è stato vivace: “uno scontro violento“, lo definirà il premier al termine della trasmissione. Il botta e risposta è stato serrato non solo sui tagli alla Rai, ma anche sulle coperture per il taglio dell’Irpef, in particolare sull’aumento dell’aliquota al 26% per le quote di Bankitalia. Al giornalista che ha paventato il rischio di nuove tasse, il premier ha ribattuto: “Lei descrive uno scenario di fantapolitica, per la prima volta il governo paga le tasse. C’è una questione che va oltre la Rai, Floris, e le ricordo che io, che non ho neanche l’età per fare il senatore, vado in Senato a dire che lo elimino: figuriamoci se ho paura di venire qui a dire che bisogna vendere RaiWay e andare a vedere negli sprechi delle 20 sedi regionali”.

Il presidente del Consiglio è in campagna elettorale ma assicura che dal 26 maggio non cambierà “la linea del governo” perché “l’Italia sta cambiando ed è in corso un derby tra chi tifa perché l’Italia vada male, affondi nella peste e l’oltretomba e chi invece si rimbocca le maniche e lavora”. Giovedì Renzi ha assicurato che il governo risolverà la vertenza Electrolux, così come riuscirà a vincere la sfida dell’Expo e a chiudere con la cultura di Tangentopoli che 20 anni dopo ha visto ancora in campo Primo Greganti e Stefano Frigerio: “Sarà bene che chi prende le tangenti abbia l’interdizione dai pubblici uffici e paghi per sempre. Ora Cantone vigilerà sui procedimenti degli appalti rimasti in essere”.

Per il premier l’Italia deve cambiare anche in Europa a partire dall’uso dei fondi europei. “Sono 183 i miliardi non spesi perché la classe politica ha solo puntato al consenso immediato”, ha sostenuto Renzi, che domani sarà a Napoli, Reggio Calabria e Palermo proprio per promuovere l’importanza dei finanziamenti comunitari. Ed è sul futuro dell’Europa che il leader del Pd ha marcato la distanza da Grillo e Berlusconi: “Io non dirò mai che chi li vota è un coglione. Ma a Bruxelles non si va in gita premio“, a parlare di “sirene o microchip nella pelle”. Per questo Renzi è convinto di aver candidato per l’Ue gente preparata ed espressione del Pd, un “partito democratico, dove non si espelle nessuno, mica come l’M5S, dove si è compiuta una metamorfosi e Grillo prima ha cacciato la Salsi perché andava in tv e ora dovrebbe essere espulso perché va a Porta a Porta“.

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