Non è ben chiaro se ci si riferisca al messaggio di trasparenza o a quello di povertà. Di certo anche la massoneria esalta la figura di papa Francesco. O almeno lo fa Gustavo Raffi, il gran maestro del Grande Oriente d’Italia che domenica 6 aprile lascerà dopo 15 anni il trono della più importante loggia italiana. “Basterà volgere lo sguardo dentro quelle mura che separano l’Italia dal Vaticano per ca­pire – ha spiegato Raffi ai migliaia di ‘fratelli’ giunti al palacongressi di Rimini per l’annuale Gran loggia – che qualcosa sta cambiando. Osserviamo con attenzione e rispetto come questo papa stia accelerando i tempi di un cambiamento epocale entro l’orizzonte di strutture tradizio­nalmente restie ad accogliere i fermenti di innovazione. E di riflesso il suo influsso si ri­verbera ben oltre i confini delle sagrestie”. 

Non poco detto dal capo di quelli che in Italia hanno rappresentato i nemici giurati del potere secolare della Chiesa. Raffi, romagnolo di Bagnacavallo, un passato tra le fila dei del partito Repubblicano (in Romagna esiste ancora), qualche cambiamento del resto lo ha portato nel suo lungo regno. Fosse anche solo per il numero degli iscritti passato da 9 mila a 22 mila. “Se non avessimo cercato di aprire finestre e porte rimaste chiuse da anni, se non avessimo tentato di togliere ragnatele, catene e catenacci ora saremmo soltanto quattro gatti spelacchiati”, rivendica ora. E infatti i giovani bussano ancora. La luce massonica, non è chiaro se solo per le secolari istanze esoteriche e di libertà, o anche per la speranza di avere un aiuto dai fratelli nella carriera nel mondo professionale, attrae anche nel 2014.

“È stata la primavera della Massoneria? Saranno gli storici a tirare le somme – ha spiegato Raffi in quello che di fatto è il suo ultimo discorso – Sicuramente noi non siamo stati con le mani in ma­no, non abbiamo ripetuto moduli antichi, non ci siamo accontentati. Un’istituzione prima considerata come indegna di cittadinanza, della quale si diffidava e dalla quale ci si teneva a debita distanza è, senza tema di smentite, entrata tra le realtà più vive, trasparenti, attive della nostra Italia”. Di certo una apertura in questi anni a guida Raffi c’è stata: si è cercato di recuperare la memoria di illustri massoni come Giuseppe Garibaldi, Salvador Allende, Ernesto Nathan, Amadeus Mozart, Andrea Costa, in ultimo perfino quella del principe della risata, Totò; si sono pubblicizzati alcuni degli incontri, il sito internet della massoneria fa nomi e cognomi dei vertici locali del Goi. Eppure ancora le liste dei 22mila rimangono riservate: “Questo dicono le regole: ci sono Paesi in cui essere massoni non è consentito e dunque mantenere l’anonimato per molte persone è importante per la loro stessa vita”, spiega Gaetano Esposito, loggia Bovio- Caracciolo di Napoli. “E anche in Italia c’è ancora discriminazione e dire di essere massone può rovinarti la carriera, per esempio in politica”, spiegano altri.

A Rimini, di fatto, in pochissimi vogliono farsi fotografare con il grembiulino: “Il termine ‘massoneria’ viene ancora  identificato con P2”. P2 a parte, recentemente hanno pesato i contatti del Grande Oriente con gli ambienti del Monte dei Paschi di Siena all’epoca di Mussari. E poi quell’aumento (denunciato proprio da alcuni fratelli) degli iscritti calabresi, sproporzionato rispetto al numero degli abitanti di quella regione, dove Raffi un anno fa è stato costretto a sospendere una loggia per presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta. “In Italia c’è ancora molto razzismo. Ogni volta che si parla di Calabria esce la ’ndrangheta, ogni volta che si parla di Sicilia viene fuori la mafia. Penso che sia offensivo nei confronti di una parte del nostro Paese”, ha spiegato il successore di Raffi Stefano Bisi al giornale L’Inkiesta.

Bisi è un giornalista, di Siena, e per anni è stato il legame tra il Goi e la banca cittadina finita nella bufera tra il 2012 e il 2013. Infine c’è la politica. Ufficialmente non vuole parlarne nessuno. Raffi lo fa solo per massimi sistemi: “Non pos­siamo condannarci a essere complici di una logica di metallica superficialità, né es­sere attori in­con­sapevoli gettati in un contesto in cui l’unico valore condiviso sembra essere quello relativo allo spread fra btp e bund, mentre crescono a dismisura altre forme di spread, pur­troppo ben più problematiche. Differenziali di cultura, di benessere, di accesso alla conoscenza”. Non una parola sul governo. Del resto, assicurano nei corridoi del palacongressi di Rimini, in questo momento non c’è un massone del Grande Oriente d’Italia né in parlamento né all’interno del governo Renzi.

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