Con mesi di ritardo, Il Ministero sta finendo di rendere noti i risultati delle nuove commissioni di valutazione dei docenti universitari di domani, fra ricorsi al Tar e lettere di denuncia. Ne parliamo con Adelino Cattani, professore di Teoria dell’argomentazione all’Università di Padova.

L’Abilitazione scientifica nazionale (ASN), figlia di una discussa riforma Gelmimi, è nata con l’idea di creare liste nazionali e aperte di docenti universitari, da cui i singoli atenei possano attingere secondo le loro necessità. Tale riforma ha appena prodotto i suoi primi frutti, per così dire le sue primizie: difatti il MIUR, mesi dopo i termini previsti, sta finendo di comunicare i risultati delle diverse commissioni preposte a valutare i curriculum e i risultati scientifici dei professori universitari italiani di domani.

Fra ricorsi al Tar accolti e pubblicazioni di giudizi “alla Bastianich di commissioni Masterchef” (Zunino su Repubblica), lettere di denuncia ai quotidiani e interrogazioni parlamentari, emerge chiaramente che si è di nuovo sprecata un’occasione, come del resto confermano le dichiarazioni del neo ministro Giannini. La riforma ASN va riformata. In quanto l’Abilitazione, concepita per favorire il merito dei candidati, fondando il giudizio su criteri definiti “bibliometrici”, e quindi intendendo abilitare i più preparati, ha invece prodotto risultati più che discutibili e quasi opposti: a prevalere è stato il criterio dell’arbitrarietà. Certo per “merito” di alcune commissioni, che hanno dato libero sfogo alle loro interpretazioni, ma anche a causa di regole date dal Miur e dall’Anvur che sono state già bollate come “confuse e contraddittorie“.

Ne parliamo con Adelino Cattani, da anni docente di “Teoria dell’Argomentazione” all’Università di Padova: primo insegnamento di tale materia attivato in Italia, e quindi particolarmente attento agli argomenti usati dalle commissioni per abilitare o disabilitare…

Che ne pensa delle valutazioni delle Commissioni?
L’Istituto Nazionale per la Valutazione Scolastica, Invalsi, lamenta che i nostri studenti liceali dimostrano un sapere episodico, poco articolato, sconnesso, non motivato, emozionale. Ebbene, molte commissioni per l’Abilitazione Scientifica Nazionale, comprese quelle filosofiche da cui ci si aspetterebbe maggiore chiarezza e distinzione cartesiane, non supererebbero i test Invalsi, per illogicità manifesta, e la formulazione di certi loro giudizi, che si possono leggere per un altro mese circa sul sito abilitazione.miur.it, sfigurerebbero a confronto dei maturandi.

Si spieghi…
Ogni ragionamento, lo sanno bene anche i nostri liceali, è fatto di premesse e conclusioni. E se è vero che non si cava sangue da una rapa, vale anche l’inverso: a fronte di analisi e giudizi più che positivi, la decisione finale di non abilitazione per un numero sorprendentemente elevato di aspiranti prof. è incongrua, contraddittoria, priva di motivazione e potenzialmente nulla. Non si può abolire ogni criterio riducendo un giudizio a un mero parere discrezionale, avulso dai criteri fissati dalla legge e dall’obbligo di fornire motivazioni per deroghe comunque possibili. Alcune commissioni, come quella di Filosofia Teoretica 11/C1 o quella di Estetica e Filosofia dei Linguaggi 11/C4, si sono dimostrate nelle loro valutazioni tanto svincolate dalla normativa quanto superiori alla logica dei comuni mortali.

Che è accaduto?
La commissione di Estetica e Filosofia dei linguaggi, ad esempio, ha abilitato in seconda fascia almeno due candidati del tutto privi di titoli, mentre legge e regolamento prevede che la valutazione sia compiuta in base a pubblicazioni e titoli; la partecipazione a progetti di ricerca è stato considerato requisito rilevante per uno e irrilevante per altri; si è taciuto che un candidato abilitato ha pubblicato con uno dei commissari, che un altro è il responsabile della casa editrice di ben tre dei commissari, presso la quale un commissario vi dirige una collana…

Un inno alla logica insomma…
La logica seguita è spesso imperscrutabile. Quando lo è, si tratta di logica ad excludendum. Pensi che la medesima commissione, a fronte di candidati con zero titoli valutati positivamente, ha respinto a maggioranza, per “limiti”, una candidata che presentava 26 monografie riconosciute e 256 articoli “normalizzati” su 656 pubblicati, oltre a innumerevoli altri titoli per ciascuna delle 9 voci previste da bando: progetti di ricerca, direzioni di collane, comitati editoriali, incarichi di insegnamento, direzione di istituti, riconoscimenti conseguiti per l’attività scientifica e altro ancora…. I filosofi possono optare per il non essere e preferirlo all’essere, ma una giuria e la scuola meglio sarebbe se privilegiassero un essere/avere con limiti che un nulla senza limiti. Direbbe Aristotele, di ragguardevole autorità vuoi per i filosofi esteti vuoi per i teoretici, che “se uno nega che la neve è bianca ha bisogno di un’osservazione; se uno nega le regole, ha bisogno di una lezione”.

Difatti sono stati presentati ricorsi al Tar contro questa commissione, ma anche contro quella di Filosofia Teoretica accusandola di errori materiali, errori formali, eccesso di potere, illogicità manifesta, ingiustizia manifesta  etc…
Già. Nulla di nuovo. Tutto come sempre. E pensare che questa riforma aveva suscitato tante speranze. Le commissioni avevano il semplice compito di decidere chi è idoneo a diventare docente, mentre hanno deciso chi può essere chiamato in base al numero di posti disponibili, non senza estromettere i candidati più concorrenziali. Come ha scritto Umberto Eco, citando Bartali, “l’è tutto da rifare”.

Tutto ciò avviene in un sistema universitario che, come ha di recente rilevato l’Anvur, avendo subito tagli per oltre un miliardo di euro, è al tracollo: diminuiscono le iscrizioni, cioè -20% negli ultimi 10 anni, e aumentano gli abbandoni (+ 40%). Tanto che i laureati rappresentano circa il 22% degli Italiani, una quota ben al disotto della media Ue del 35%. 

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