La mega retata anti prostituzione è avvenuta a Dongguan, città che con Guangzhou e Shenzhen forma un enorme agglomerato manifatturiero da 50 milioni di persone. È la cintura industriale sul delta del fiume delle Perle, sinonimo di produzione made in China e meta di migranti da tutto il Paese. I primi numeri parlano di 6.500 poliziotti per 67 arresti e 12 night club chiusi. Risultato scarso. Come hanno fatto notare parecchi utenti di social network, il risultato non sembra granché: una media di quasi 100 tutori dell’ordine per ogni arresto, il regno della produttività cinese meritava di meglio.  

Fino a ieri era chiamata la città-fabbrica, oggi è stata ribattezzata la città del vizio. Un giornalista sotto copertura ha girato per i “night-club” locali con una telecamera nascosta, poi il servizio è andato in onda su Cctv, la Tv di Stato. Immediatamente è partita la retata. Pare sia stata ordinata dallo stesso segretario del partito del Guangdong, Hu Chunhua, che è anche uno dei 25 uomini che siede nel polititburo, quindi uno degli uomini più politicamente potenti dell’intera Cina. Oltre che la città, bisognava ripulire la sua reputazione. 

A Dongguan operano tra le 250 e le 300mila prostitute. Di fatto, il lavoro più vecchio del mondo è un ammortizzatore sociale. Gli esperti tendono infatti a far coincidere il boom della prostituzione, iniziato nel 2009, al calo degli ordini per le manifatture, dovuto alla crisi economica globale.  

Prima del credit crunch planetario, uomini d’affari provenienti da tutta la Cina e anche dall’estero affollavano gli oltre 100 “boutique hotel” sparsi per la città. Da quando i contratti si sono ridotti, perché mai dovrebbero andare a Dongguan? Così, “I tassi medi di occupazione degli alberghi di fascia alta sono scesi dal 30 al 40 per cento”, racconta al South China Morning Post un uomo che ha rapporti con il locale mercato del sesso. Con l’attività delle “ragazze”, le camere doppie da circa 250 yuan a notte (30 euro) si riempiono di nuovo. 

E loro chi sono? Operaie. Alcune sono state licenziate, alcune hanno lasciato il lavoro volontariamente. Una giovane prostituta può infatti ottenere tra i 100 e i 500 yuan (12-60 euro) per ogni transazione e una brava è in grado di portarne tranquillamente a casa tra i 20mila e i 50mila al mese (2400-6000 euro). Si parla ironicamente di “norme Iso secondo caratteristiche di Dongguan” – con riferimento agli standard tecnici internazionali – per descrivere un modello di prostituzione fortemente organizzato e formalizzato. I clienti si sentono sicuri perché gli hotel hanno già pensato a tutto, comprese le mazzette ai poliziotti locali. E anche dividendi e profitti sono standardizzati. “Per esempio, se il cliente paga 800 yuan, la ragazza ne tiene 300 o 400, il pappone 50, 200 yuan sono riservati a corrompere i funzionari e il gestore dell’hotel si prende il resto”, rivela proprio un albergatore al giornale di Hong Kong. 

C’è anche un dettaglio curioso. Non appena il servizio di Cctv è stato trasmesso, Baidu, il google cinese, ha attivato sul suo servizio di mappe le attività mobile dei propri utenti a Dongguan. Registra una vera e propria migrazione di massa verso Hong Kong. Si parla di migliaia di individui che all’improvviso se la sono filata verso l’ex colonia britannica. “Solo due gruppi di persone sono stati catturati nel giro di vite dopo il servizio di Cctv: chi non guarda la Tv, e coloro che non hanno familiarità con le applicazioni dei social media”, ha commentato qualcuno su Weibo.

di Gabriele Battaglia

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