Una maggioranza della commissione Affari costituzionali del Senato formata da Pd, M5S e Sel ha detto sì allo spostamento della legge elettorale alla Camera. La presidente Anna Finocchiaro, secondo quanto ha riferito il vicepresidente di Palazzo Madama Roberto Calderoli (componente della commissione), ha sentito i capigruppo in commissione e riferirà al presidente Piero Grasso. Contro il rinvio si sono espressi tutti gli altri gruppi (Nuovo Centrodestra, Forza Italia, Scelta Civica, Lega Nord, Grandi Autonomie e Libertà e Per l’Italia, cioè i popolari fuoriusciti dal gruppo montiano). “E’ incredibile – ha detto Calderoli – che proprio quelli che hanno lavorato per rinviare il più a lungo ora la spediscano a Montecitorio…”. 

Ora Grasso, d’intesa con la presidente della Camera Laura Boldrini, dovrà decidere in quale ramo del Parlamento far proseguire l’iter della riforma. E nell’attesa della decisione, sono stati per ora congelati i lavori della commissione di Palazzo Madama, a partire dalla riunione del comitato ristretto sulla legge elettorale che era prevista per oggi. “Alla fine ha prevalso il buon senso – dice Isabella De Monte (Pd) – Sarebbe stato inutile e dannoso proseguire un conflitto di competenza tra Camera e Senato sulla legge elettorale. Il Pd ha a cuore una rapida approvazione di un buon sistema elettorale, non deve difendere il puntiglio di singole personalità politiche”. “Ma – chiosa Calderoli – dovranno comunque ritornare al Senato e questo vuol dire che non riusciranno a combinare nulla, è solo una presa in giro”. Per chiosare su quanto accaduto, l’ex ministro delle Riforme intona ai cronisti una canzoncina: “Venite a pescare con noi, ci manca il verme…”.

Alla Camera la maggioranza che sostiene il governo può contare non solo su una larga maggioranza, ma anche sull’eventuale sostegno di Sinistra Ecologia e Libertà e Movimento 5 Stelle. Proprio a Montecitorio c’è lo spazio per avviare una riforma in senso più “bipolare”. D’altra parte il segretario del Pd Matteo Renzi oggi insiste: la legge elettorale, dice Lady Radio, “si può discutere se farla in un modo in un altro”, ma “non è un maggioritario e basta, perché può anche non dare garanzia, è un maggioritario che dice chi vince e governa”. Il sindaco ha ribadito come modello “la legge elettorale dei sindaci per dare un messaggio molto chiaro: se si candidano Vignolini, Renzi e Pini, non è possibile che si presentino tutti e tre a dire ‘ho vinto io’ o ‘non ho perso'”.

Ma se da una parte il Pd non ha più a che fare con l’ingombrante presenza di Silvio Berlusconi e con gli oltranzismi di Forza Italia, la maggioranza “ristretta” rischia di essere un nuovo imbuto per le trattative su una nuova legge elettorale. Perché anche questa discussione rischia di dare scossoni al governo: “Le chiacchiere stanno a zero, ora decidere nella maggioranza” dice Maurizio Sacconi, capogruppo al Senato di Ncd, rivolto proprio a Renzi. “Egli sa bene che fino al giorno della sentenza tutti quelli che volevano subito le elezioni desideravano implicitamente il mantenimento del ‘porcellum’. Noi siamo gente seria che vuole al più presto un tavolo di maggioranza, disponibili anche ad una proposta di governo. E una maggioranza coesa è la migliore premessa per la ricerca di un consenso più ampio nel Parlamento. L’importante è che la legge elettorale non sia invece utilizzata come l’ennesimo grimaldello per rendere difficile la vita al governo in questa sorta di doppio gioco tra l’adesione formale alla sua stabilità e la ricerca quotidiana di mezzucci che la mettano in discussione”.

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