Unicredit, Banca Popolare di Milano e Unipol scoprono le carte sui crediti verso Sinergia e ImCo, le holding private della famiglia Ligresti che erano state dichiarate fallite nel giugno 2012 dopo la richiesta del procuratore di Milano, Luigi Orsi. Dopo mesi di attesa, lunedì 7 ottobre gli istituti, Piazza Cordusio in testa, hanno in particolare depositato presso il Tribunale fallimentare di Milano la loro proposta di concordato fallimentare per ImCo. Si tratta della società cui fa direttamente capo, tra il resto, il terreno milanese sul quale potrebbe sorgere il Centro di ricerca biomedica avanzata (Cerba) che era stato ipotecato da Salvatore Ligresti per 120 milioni di euro per avere prestiti da Unicredit e da altre banche.

La proposta di concordato, composta 35 pagine in tutto, è stata presentata dalla newco Visconti, di proprietà di Unicredit e, in quote minoritarie, di Bpm e Banca Sai (oggi gruppo Unipol dopo che la compagnia ha rilevato la galassia Ligresti) e contempla 8 diverse categorie di creditori per un debito certificato di oltre 851 milioni di euro, 613 milioni dei quali in base alle valutazioni del giudice fallimentare, non sono assistiti da garanzie reali (chirografari). Mentre ammonta a oltre 350 milioni la quota dei crediti sui quali pendono le opposizioni dei creditori allo stato passivo definito nei mesi scorsi dal tribunale e di questa somma, più di 270 milioni sono riconducibili alle stesse Unicredit, Fondiaria Sai – Unipol e Bpm. 

La questione è piuttosto delicata. In occasione della ristrutturazione dei debiti del gruppo, nel 2010, Sinergia (la cui proposta di concordato è attesa a breve) aveva garantito i suoi debiti con Unicredit con un pacchetto di azioni della holding quotata Premafin e aveva trasferito il suo debito con la banca alla controllata Imco, fonte di maggiori garanzie proprio per la proprietà del terreno. A sua volta la società aveva dato in ipoteca l’area del Cerba, il cui valore è stimato tra 100 e 300 milioni di euro.

Un pegno sul quale la scorsa primavera il Tribunale fallimentare nell’ambito della procedura di Sinergia, aveva puntato il dito rilevando come “nell’ambito di una più ampia operazione depauperatoria del patrimonio dell’impresa fallita, i pegni solo apparentemente sono contestuali ai finanziamenti erogati alla controllata, mentre in realtà si presentano come a garanzia dell’esposizione preesistente”. Tanto da riservarsi, in alcuni casi, di “far valere i profili di responsabilità risarcitoria dell’istituto di credito nel dissesto dell’impresa fallita”, cioè di chiedere alle banche i danni. Una scelta, quella del giudice fallimentare che, declinata sul versante dell’inchiesta penale, era stata definita da fonti investigative “di scuola” per ipotizzare il reato di concorso in bancarotta fraudolenta a carico delle banche.

Complessivamente le banche sono esposte per 343 milioni tra Imco e Sinergia, con Unicredit capofila con 180 milioni, Banco Popolare con 59, Bpm con 43,7, Ge Capital con 32 e poi altre posizioni minori. A questi vanno aggiunti circa 250 milioni in capo al gruppo Fondiaria Sai a sua volta fortemente indebitato con Mediobanca il cui primo azionista è Unicredit.

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