“C’è una principessina triste che non ha amichette con cui giocare e confrontarsi a scuola”. A parlare è una delle maestre della prima A della scuola elementare Francesco Guicciardini di Roma, istituto nel rione Colle Oppio. Una classe formata da 14 alunni, con un’unica femminuccia, Maya (il nome è di fantasia), figlia di immigrati di origine bengalese. Come lei ci sono altri sei bambini figli di genitori immigrati da paesi extracomunitari, alcuni di prima generazione. Il che vuole dire: genitori che conoscono l’italiano poco o nulla. Il 50 per cento come quota. In sostanza, la composizione di una prima elementare fatta in barba alla legge che impone quote rosa e quote di alunni figli di stranieri fino ad un 30 per cento massimo e ripartite, rigorosamente, tra tutte le classi.

E a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, sono già partiti gli esposti dei genitori all’Ufficio scolastico regionale per il Lazio, al ministero dell’Istruzione e a quello dell’Integrazione. “Un esposto firmato da tutti – dichiara Romana D’Ambrosio, madre di uno dei bambini della I A-, anche dai genitori stranieri. Chiediamo il ripristino delle quote come per legge e l’accesso agli atti per capire che metodo è stato applicato per la composizione di tutte le prime classi”. Il padre di un bambino aggiunge: “La sensazione preoccupante è la classe dei nostri figli, sia una classe residuale“. E a vedere le liste delle altre tre prime elementari sorge il forte dubbio che i criteri di selezione e composizione applicati, siano quanto meno discutibili.

A indignare le famiglie sono proprio le discrepanze con le altre sezioni. E’ qui che si riscontrano forti anomalie. La I D della scuola ha la composizione più armonica: 22 in totale, con 10 maschi e 12 femmine, dei quali 2 figli di stranieri. Mentre la classe I C conta 25 allievi, 15 maschi e 10 femmine, di cui una sola allieva figlia di immigrati. La I B conta 23 alunni, 12 maschi e 11 femmine, di cui 5 figli di stranieri. Classi dunque con lo stesso equilibrio di genere, ma con percentuali molto più basse di figli di immigrati. E tra questi, come nel caso della I C, una sola bambina figlia di immigrati di seconda generazione. Integrati da oltre 25 anni nel tessuto sociale e lavorativo della città.

Nella classe I A non si sfora dunque soltanto il tetto del 30% voluto per legge dall’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini per evitare la formazione di “classi ghetto”, ma vanno in fumo le normali regole per creare una classe mista. Eppure il POF, il Piano dell’offerta formativa, vincolante per legge, parla chiaro: “Gli istituti scolastici hanno l’obbligo di creare classi eterogenee che assicurino un’equa distribuzione tra maschi e femmine, oltre quello di garantire un corretto bilanciamento del numero degli stranieri nelle diverse classi. Tutto ciò per creare un ambiente accogliente, adatto alla crescita psico-fisica e capace di favorire l’apprendimento dei bambini”.

Sempre secondo le regole del POF “i dirigenti scolastici, durante la fase della formazione delle classi, dovrebbero valutare le singole storie personali e cercare di bilanciare il tutto”. Insomma, ‘equilibrio’ è la parola chiave. 

Inizialmente la composizione della I A era di 18 alunni, e si contavano 5 bambine. Ma solo sulla carta. Due di queste già a giugno avevano notificato alla scuola un cambio di istituto. Poi i genitori di altre due alunne hanno richiesto il passaggio nella sezione B, visto l’esiguo numero di femminucce. E l’istanza è stata accolta dalla direttrice, senza nessuna valutazione delle conseguenze per la I A. Così è rimasta soltanto una piccola in classe, Maya, con i genitori che ancora non hanno ben capito cosa sia successo e perché la figlia sia l’unica bambina in classe. “Altra anomalia è che le due bambine che hanno cambiato istituto, cosa nota alla direzione già a giugno, siano state calcolate nel teorico sorteggio pubblico per la formazione della classi della Guicciardini” raccontano i genitori.

Ma i dirigenti dell’istituto, come replicano? La preside, Rosetta Attento, è “irraggiungibile” come viene comunicato a ilfattoquotidiano.it dalla segreteria. A parlare è la sua vice, Alessandra Peleggi: “Non vedo il problema. Abbiamo seguito criteri ben precisi nella composizione, applicati da una commissione che si è occupata della formazione delle classi, non c’è nulla di irregolare”. Eppure, già il caso di un’unica bimba in classe, appare come una scelta ingiustificata. La vicaria a questo punto svia e delega tutto alla preside.

Le lamentele dei genitori sono legate anche alla scarsa trasparenza dell’amministrazione scolastica. Le liste delle classi sono state pubblicate soltanto il giorno prima dell’inizio della scuola, il 10 settembre, nonostante diversi solleciti da parte di alcuni genitori. Con la denuncia inviata all’Ufficio scolastico del Lazio e ai ministeri sperano che un ispettore arrivi presto per valutare il caso. Intanto la preside Attento ha convocato per il 26 settembre una riunione ristretta ai soli genitori delle bambine di tutte le prime elementari. L’obiettivo è convincere alcuni di loro a trasferire le figlie nella prima A, per fare compagnia alla piccola Maya e tentare così di riequilibrare le quote. Una mossa disperata destinata probabilmente a fallire e che potrebbe avere come conseguenza grave, un’altra pioggia di denunce o ricorsi al Tar, qualora il trasferimento avvenisse senza le autorizzazioni delle famiglie e senza il rispetto di tutte le percentuali.

“Quello che amareggia maggiormente è questa integrazione fai-da-te per le classi – afferma Silvia Martorelli, un’altra mamma di un bambino della I A della Guicciardini -, dove la presenza straniera dovrebbe essere un valore aggiunto, un arricchimento di vedute e di orizzonti per i nostri figli”. I genitori sono determinati e uniti: “Bisogna finirla con questi metodi di selezione superficiali, noi vogliamo che qualcuno paghi. Abbiamo grande stima delle insegnanti, ma non della dirigenza che deve assumersi le sue responsabilità in questa vicenda” dichiara la D’Ambrosio. “Vogliamo solo che chi dovrebbe provvedere alla formazione dei nostri figli nella scuola pubblica, non sia così negligente”, aggiunge un altro genitore. “La nostra attenzione prima di tutto va verso Maya” chiarisce la signora D’Ambrosio, “ma quello che mi ha fatto più male, è stata la risposta data dalla vicepreside Peleggi: ‘Lei è la madre di uno dei maschietti? Perché si anima tanto?'”.

di Irene Buscemi e Pierpaolo Papi

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