“Non riusciranno a superare lo sbarramento del 5%. Partiti di protesta come Alternative für Deutschland (AfD, Alternativa per la Germania) hanno già provato a entrare in parlamento ma non ci sono riusciti“. Alexander Graf Lambsdorff, membro della direzione nazionale del partito liberale Fdp (alleato della Cdu di Angela Merkel) ne è convinto: il partito anti-euro sarà un flop alle politiche di settembre.

In realtà il disordine sotto il cielo è ancora grande. L’ultimo sondaggio di Forsa dà AfD al 2%, con una tendenza negativa. In altre rilevazioni oscilla tra il 3% e il 3,5%. Ma fino a tre mesi fa il partito non esisteva e la campagna elettorale è appena iniziata: tutto può ancora accadere. Anche perché i messaggi veicolati da Bernd Lucke, leader di AfD, e dal suo staff sono in continuo mutamento per cercare di ottenere il massimo dei voti da quella parte di Germania che è critica verso gli aiuti europei ai paesi “cicala” e mal sopporta l’euro fino ad accarezzare l’inconfessabile desiderio di tornare al marco. Lo stesso AfD ha debuttato sulla scena politica proponendo “un’uscita ordinata della Germania dall’euro” oltre a una modifica dei trattati europei per consentire a tutti i paesi dell’eurozona di lasciare la moneta unica.

Un messaggio che oggi Lucke – in un’intervista al domenicale della Frankfurter Allgemeine – corregge sensibilmente, forse a causa dei risultati degli ultimi sondaggi, inferiori alle attese. “Non è la Germania che deve lasciare l’euro, ma i paesi del sud Europa, così potranno svalutare le monete nazionali e tornare ad essere competitivi”, dichiara Lucke. “Nei paesi del sud gli stipendi sono troppo alti rispetto alla produttività del lavoro e le imprese fanno fatica ad esportare”.

Al di là della discussione sull’uscita o meno dall’euro, un aspetto sembra molto chiaro nella piattaforma programmatica di AfD: l’Europa è un elefante burocratico lontano dai cittadini, che manca di trasparenza, buon senso e per molti versi di legittimazione democratica. E’ necessario riformare la struttura e le politiche dell’Unione. “Siamo vittime di decisioni tecnocratiche difficili da comprendere”, spiega al fattoquotidiano.it Dagmar Metzger, portavoce del partito. “La gestione della crisi dell’euro ha completamente scavalcato i cittadini. Noi vogliamo che tornino ad essere protagonisti, con la possibilità di decidere veramente sulle scelte europee. Vogliamo risvegliare nei cittadini l’interesse per l’Europa”.

Sulle uscite di Alternative für Deutschland e del suo leader Lucke la Cdu di Angela Merkel – di cui lo stesso Lucke è stato membro per 33 anni fino al 2011 – ha scelto di rimanere sottotraccia. Silenzio assoluto da parte degli organi ufficiali del partito per non regalare credibilità e legittimazione. “AfD insiste su un solo tema, per il quale non ha alcuna soluzione praticabile. Non sarà sufficiente a convincere gli elettori tedeschi”, ci spiegano fonti interne alla Cdu. Ma le rassicurazioni cominciano a non bastare più e nei due schieramenti che compongono la coalizione del governo Merkel (Cdu/Csu e Fdp) iniziano a serpeggiare dubbi, malumori e un certo nervosismo. “Non possiamo immaginare che nessuno parlerà dell’AfD se evitiamo di parlarne noi. Il risultato potrebbe esserci fatale”, ha dichiarato a Der Spiegel Wolfgang Bosbach, che per la Cdu presiede la commissione affari interni in parlamento. “Dobbiamo rispondere alle critiche con argomenti solidi”.

In effetti, chi credeva che Alternative für Deutschland si sarebbe persa per strada come tanti altri movimenti anti-euro ora deve ricredersi. Il partito ha superato i 10mila membri e sembra consolidarsi attorno a una percentuale di gradimento che, anche se non dovesse bastare a superare lo sbarramento, potrebbe comunque essere decisiva per le sorti del futuro governo. I liberali della Fdp, attuali alleati di Angela Merkel che nelle politiche del 2009 avevano portato a casa il 14,6% dei voti, ora galleggiano nei sondaggi tra il 4% e il 5,5%. Alternative für Deutschland pesca anche nel loro bacino elettorale, tra chi è insofferente nei confronti delle politiche di salvataggio Ue. Se i liberali non dovessero farcela, per Angela Merkel e la Cdu potrebbero aprirsi nuove prospettive: dalla grande coalizione con i socialdemocratici della Spd – secondi nei sondaggi con uno scarto di 12-17 punti – a un inedito accordo con i verdi (sperimentato con fortune alterne solo a livello comunale e regionale) oppure, nella peggiore delle ipotesi (al momento la più improbabile), a un governo rosso-verde Spd-Verdi, nel quale Merkel starebbe all’opposizione.

Qualunque cosa succeda, per l’Italia e i paesi del sud Europa, una buona affermazione del partito anti-euro potrebbe rivelarsi paradossalmente un vantaggio, perché sposterebbe l’asse politico a sinistra, su posizioni più europeiste e più vicine a concetti e proposte come eurobond, socializzazione del debito o a una politica monetaria europea ancora più accomodante.

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