Doveva essere scritta per vietare l’uso della catena come strumento contenitivo per i cani, invece il testo di legge licenziato dalla Commissione sanità della Regione Emilia Romagna rischiava di peggiorare le condizioni di vita di molti animali. Ad accorgersi del pasticcio sono state alcune associazioni animaliste di Bologna, che il 26 febbraio erano state invitate a partecipare ai lavori della commissione per stendere un testo efficace, atto a risolvere una questione che riguarda centinaia di cani solo in Emilia Romagna.

“Dopo la manifestazione di inizio febbraio, alla quale ha partecipato anche Davide Battistini, un attivista di Ravenna che ha attuato un sciopero della fame lunghissimo per sensibilizzare le istituzioni sul tema, molti consiglieri ci hanno offerto la loro collaborazione  – racconta Lilia Casali di Animal Liberation – il 26 febbraio abbiamo partecipato alla stesura di una legge, la prima in Italia per vietare l’uso della catena per contenere i cani, che è, di fatto, una forma di maltrattamento quando perpetrata nel tempo. Solo che alla vigilia del voto in aula abbiamo saputo che di quel testo non era rimasto nulla, anzi erano stati inseriti nuovi elementi che peggioravano la normativa vigente per molte altre categorie di animali, come quelli esotici e i colombi”.

Non solo, al testo originale, era stato cambiato il titolo, da “Norme a tutela del benessere animale” a “disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio dell’attività venatoria“, ma erano stati aggiunti due articoli che “snaturavano completamente il nostro lavoro” sottolineano gli attivisti. L’articolo 5, che cancellava l’obbligo di “una qualificata formazione professionale” per la vendita degli animali selvatici, “una cosa assurda – commenta Lilia – visto che la categoria comprende, ad esempio, anche ragni pericolosi”, eliminando anche il preventivo parere favorevole dell’Asl come condizione d’apertura dell’attività, e il richiamo ai requisiti minimi prescritti per la detenzione degli animali. 

E l’articolo 8, che “a sorpresa” agevolava l’abbattimento di colombi per danni “preventivi decisi dai Comuni, senza aver prima adottato “metodi ecologici”, senza l’obbligo di consultare l’Ispra, l’istituto per la protezione e la ricerca ambientale, e “senza nemmeno il dovere di presentare documenti che certifichino il presunto danno rappresentato dai colombi”, sottolineano gli animalisti. “Insomma, una legge truffa” hanno commentato le associazioni, che di buon mattino si sono radunate davanti ai palazzi regionali per contestare le modifiche e chiudere la revisione del testo prima del voto .”Così ci prendono in giro”.

“E’ stato un errore in buona fede” spiegano però i consiglieri Andrea Defranceschi (M5S), Gabriella Meo (Sel), Marco Monari e Giuseppe Paruolo (Pd), Mauro Malaguti (Pdl) e Monica Donini (Fds). In commissione, infatti, i due articoli contestati dagli attivisti sono stati presentati dal Servizio veterinario regionale, e trasversalmente, tutti li hanno votati “sulla fiducia“. Senza capire fino in fondo tutti gli aspetti peggiorativi che, di fatto, inserivano nella normativa. Insomma, sorride la Casali, “la materia è molto specifica, lo capisco, però avrebbero dovuto verificare meglio“.

Al pasticcio, comunque, si é posto rimedio, anche se in fretta e furia. Pochi minuti prima che il testo passasse al l’esame dell’Assemblea Legislativa gli attivisti hanno spiegato ai consiglieri cosa fosse stato aggiunto a posteriori e cosa andasse cancellato: i due articoli in questione ma anche una serie di deroghe che “rischiano di rendere il divieto della catena una formula vuota di efficacia”. Si é discusso, e alla fine si é raggiunto un compromesso: reintroduzione dei controlli dell’Asl e degli istituti competenti a vigilare sul commercio degli animali, e cancellazione delle agevolazioni per l’abbattimento preventivo dei colombi. Il testo votato in aula, approvato all’unanimità dall’aula, così ripulito “rappresenta, a tutti gli effetti, un fatto storico” commentano soddisfatti gli animalisti, “capita che modifiche ed emendamenti vengano inseriti anche all’ultimo in un testo di legge, noi siamo molto democratici e garantisti – spiega Defranceschi – l’importante é che si siano apportate le opportune modifiche per ristabilire la natura del progetto, cioè la tutela del benessere degli animali”.

Passata la legge, gli attivisti delle 10 associazioni animaliste che per mesi si sono battute per ottenere l’abolizione della catena, tra cui Lav, conto la vivisezione, Animal Liberation e il WWF, collaboreranno ancora con i consiglieri regionali per la stesura del regolamento attuativo. “La legge – spiega Donini – stabilisce un punto, poi nella fase successiva si specificano tutti gli aspetti che essa comprende. Qui faremo in modo che le deroghe che depotenziano il divieto siano circoscritte ai casi di vera necessità, come i vincoli sanitari, che dovranno però essere certificati dall’Asl”.

“Giornata storica per le associazioni che difendono i diritti degli animali, anche perché colma un vuoto normativo legato ai requisiti per la custodia dei cani – festeggiano gli animalisti – speriamo che questa legge faccia da apripista anche alle altre regioni d’Italia, perché questo divieto venga esteso in tutta la penisola. Adesso vigileremo perché sia applicato, le buone norme hanno sempre bisogno di vigilanza. Perché più le leggi sono buone, più é difficile che vengano rispettate”. 

Articolo Precedente

Grande Fratello, i due minuti d’odio che non bastano più

next
Articolo Successivo

Caso Bergamini, la svolta. Dopo 24 anni i primi indagati per omicidio volontario

next