“Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”. Benedetto XVI era salito al soglio pontificio pronunciando queste parole il 19 aprile 2005. Pochi giorni dopo il suo “programma” sintetizzato in una frase, come ricorda Radio Vaticana: “Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire le mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.
Quasi otto anni dopo, il “gran rifiuto”. Un evento talmente raro che i precedenti si faticano a ricordare. Il più noto è appunto quello di Celestino V, al secolo Pietro da Morrone, sacerdote che condusse una vita eremitica e diede vita all’Ordine dei Fratelli dello Spirito Santo, denominati poi Celestini. Eletto papa quasi ottantenne, dopo due anni di conclave, il 5 luglio 1294, fu incoronato ad Aquila (oggi L’Aquila) il 29 agosto nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove è sepolto.
Uomo santo e pio, si trovò di fronte ad interessi politici ed economici e a ingerenze anche di Carlo d’Angiò. Accortosi delle manovre legate alla sua persona, dopo 4 mesi rinunziò alla carica, il 13 dicembre 1294, morendo poco dopo in isolamento coatto nel castello di Fumone. Dante Alighieri non gli perdonò di aver provocato, abbandonando il pontificato, l’ascesa al soglio di Bonifacio VIII, del quale egli, in quanto guelfo bianco, disapprovava profondamente le ingerenze in campo politico. Tanto che nella Divina Commedia lo colloca all’Inferno tra gli ignavi additandolo appunto come “colui che per viltade fece il gran rifiuto”.
Il secondo caso che la storia ricorda è quello di Gregorio XII, papa dal Papa dal 19 dicembre 1406 al 4 luglio 1415. Veneziano, una volta eletto si impegnò a porre fine al “grande scisma” fra i pontefici di Roma e quelli di Avignone. Ma ogni tentativo risultò vano. Solo il concilio di Costanza (1414-1417) vi riuscì. Gregorio XII rinunciò al pontificato e si ritirò a Recanati. Nel 1417, dopo la sua morte, il suo successore lo nominò Pontefice Emerito di Roma. Da documenti d’archivio di fonte ecclesiastica, relativi alla Seconda Guerra Mondiale, sembra inoltre che Papa Pio XII (1876-1958) avesse scritto un documento segreto dove affermava che doveva essere considerato dimissionario nel caso in cui fosse stato rapito dai nazisti su ordine di Hitler. Eugenio Pacelli era stato informato di un piano del dittatore tedesco per arrestarlo e portarlo in una piccola località in Germania.