dibattito scienzaUn gruppo di blogger, ricercatori, comunicatori, giornalisti e semplici appassionati di scienza si è trovata su Facebook e ha deciso di porre ai candidati alle primarie del centrosinistra sei domande a carattere scientifico per offrirci la possibilità di spiegare in modo chiaro la nostra posizione, convinti che il futuro di un paese che pretende di essere scientificamente e culturalmente avanzato non può passare che da una posizione chiara e non ambigua su certi temi. 

Ecco le mie risposte:

1. Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?

Il tema della ricerca  in un Paese quale  l’Italia, che non è in condizione di competere se non innovando continuamente e lavorando per la qualità non per la quantità, è il cuore del problema.

Ci siamo avvicinati solo nel 2011 ad investire 1 punto e mezzo di Pil su questo, quando l’obiettivo Eu è almeno il 3% e i Paesi che hanno affrontato se non superato meglio la crisi, dimostrano come sia correlato il tasso di investimento in materia e la loro capacità di reagire alla crisi. Ben oltre il 4% la Germania, ancora oltre Olanda e i Paesi Scandinavi. Uno studio dell’Europa per l’innovazione quantifica in 3.700.000 i posti di lavoro disponibili in zona Eu raggiungendo il 3% di Pil destinato alla ricerca, sono non meno di 450mila posti di lavoro qualificati per l’Italia… Questo intervento attiverebbe risorse private che ne aumenterebbero di molto  l’impatto sul mondo del lavoro, se solo lo Stato risulterà capace di fare sinergia con le imprese. La formula è quella di un Paese che non solo ritiene prioritario per il suo futuro investire in ricerca  ma libera il mondo della ricerca dalle baronie e dalla precarizzazione,  ne fa strumento di forte progresso sociale ed economico e lavora a stretto gomito con le imprese, guardando fuori dai propri confini per individuare priorità e direttrici di ricerca. Creare centri di ricerca, caso per caso, solo pubblici o per ricerca applicata in sinergia con le imprese, sostenere quelli che ci sono e funzionano, rendere esclusivamente  meritocratico il metodo di assunzione dei ricercatori, eliminare la precarizzazione e aumentare i redditi dei ricercatori secondo parametri chiari  e trasparenti è il mio obiettivo. Ma non basta.

L’innovazione fa coppia con i brevetti e la prototipazione e qui il richiamo necessario a un’Europa più unita e capace di fare politiche di intervento coordinate è forte. Un dato per tutti: in Europa registrare e mantenere un brevetto in 27 diversi Paesi con diversi sistemi etc.. costa 168.000€ in USA costa 4.000€ … Difficile competere se la situazione resta questa. C’è molto da lavorare sul tema, ma sarà entusiasmante vederne gli effetti.

2. Quali misure adotterà per la messa in sicurezza del territorio nazionale dal punto di vista sismico e idrogeologico?

Il ripetersi di alluvioni e frane dovrebbe averci fatto ormai capire da tempo che non siamo di fronte a eventi eccezionali ma a uno stato di conclamato dissesto idraulico e geologico di una  parte consistente del territorio italiano. I cambiamenti climatici sono l’acceleratore al  problema, il primo ostacolo da rimuovere è quello rappresentato da una “cultura dell’emergenza” che ci fa intervenire solo  a posteriori, con costi in molti casi doppi e tripli solo per risarcire parzialmente danni enormi, senza  parlare dei morti e del danno civile e morale che i cittadini subiscono in tragedie di questa portata. Al centro del mio programma politico e della mia idea di lavoro vi è la vera, unica e  impellente  Grande Opera che serve al nostro Paese:  un piano nazionale per la messa in sicurezza del territorio. Vale 2.5% di PIL e 40 miliardi di euro, secondo stime del Ministero per l’ambiente. A conti fatti si tratta  di un investimento che, se inserito in un piano organico di prevenzione, vedrebbe rivolte verso la manutenzione del territorio  i costi oggi sostenuti  per danni frutto di incuria e negligenza. Inoltre permetterebbe di lavorare Stato e  Regioni assieme al fine di  recuperare oculatamente i fondi Europei disponibili per progetti coordinati aventi  questo obiettivo.  Tutto questo significa lavoro che si attiva, maggiore sicurezza delle persone e  tutela della qualità urbana e agricola. Le misure di adattamento ai cambiamenti climatici inoltre attiverebbero  investimenti pubblici e privati con ricadute su ambiti diversi, tra cui l’urbanistica e l’agricoltura.

Il tema tellurico accompagna larga parte del nostro Paese, che si ritrova soggetto a rischi sismici ai quali non ha corrisposto una politica edilizia adeguata. Il Giappone è messo ben peggio di noi, ma ha da tempo provveduto ad adeguare le sue strutture pubbliche e private. Farlo è necessario e a questo scopo si potranno utilizzare anche – seppure parzialmente –  i fondi per le politiche Eu per l’edilizia a risparmio energetico 2014/2020. Un’ottima occasione per cambiare ed evitare di andare col cappello in mano a chiedere aiuti dopo che le tragedie sono avvenute.

Una riflessione parallela va poi condotta sulla dissennata cementificazione che l’Italia ha subito negli ultimi decenni, alimentata anche dal ripetersi di condoni edilizi. L’impermeabilizzazione del territorio influisce pesantemente sull’aumentata velocità e  dunque sulla voracità delle acque che devastano e si espandono in forma violenta. Necessita una nuova politica che faccia proprio il cambiamento necessario nel rapporto uomo-natura.

3. Qual è la sua posizione sul cambiamento climatico e quali politiche energetiche si propone di mettere in campo?

I cambiamenti climatici sono il tema all’ordine del giorno delle agende dei Governi del  mondo e anche coloro che li hanno negati fino a ieri, oggi si rendono conto dell’evidenza di cambiare modello produttivo, costruttivo e di mobilità. Una nuova  politica deve risultare anche per l’Italia finalizzata ad un’economia ad alta efficienza e a bassa emissione di CO2; verso una società carbon free questo deve essere il nostro imperativo categorico, fissando come la Germania obiettivi più virtuosi di quelli  previsti dalle politiche comunitarie.

Per noi infatti, che non abbiamo fonti energetiche fossili, che abbiamo gravi problemi di inquinamento ambientale con costi sociali e sanitari notevoli e   che abbiamo il costo energetico KWh  più caro d’Europa e che corriamo il rischio di non mantenere l’impegno previsto per l’ETS – ovvero risultare costretti ad acquistare quote nel mercato delle emissioni  dai Paesi più virtuosi –  il tema è : subito politiche energetiche e produttive adeguate.

Politicamente è necessario attuare al più presto gli obiettivi vincolanti e qualificanti di limitazione e riduzione di questi gas, definiti dal Protocollo di Kyoto e sottoscritti dai maggiori paesi industrializzati del mondo.

Obiettivi in cui io ho creduto e che ho perseguito fin da quando ero sindaco tanto che la mia città a partire dal 2004 è stata selezionata  assieme ad altri 8 enti locali di tutta Italia, per partecipare al progetto “Enti Locali per Kyoto”. Un significativo risultato di politiche ambientali capaci di produrre qualità della vita e risparmi per le tasche dei cittadini.

In campo di politiche energetiche la strategia nazionale che sta proponendo Passera in questi giorni, basata ancora per la maggior parte su su gas, petrolio e carbone penso sia un errore e un ritorno al passato.   Penso che il Paese abbia bisogno invece di nuove prospettive e produzioni ad elevata qualità ecologica che garantirebbero sviluppo e risanamento climatico. Solo qualche dato. Secondo l’International Energy Agency (IEA) se gli incentivi ai combustibili fossili (superiori quest’anno al trilione di dollari)  fossero eliminati entro i prossimi 8 anni, il consumo globale di energia si ridurrebbe del 3,9% l’anno con un taglio di Co2 pari a tutte le emissioni annuali della Germania. Inoltre, da oggi al 2015 il taglio dei contributi porterebbe ad una diminuzione delle emissioni tali da influire sui processi di cambiamento climatico.

4. Quali politiche intende adottare in materia di fecondazione assistita e testamento biologico? In particolare, qual è la sua posizione sulla legge 40?

La legge 40 va rivista al più presto visto che già oggi costringe molte coppie al turismo riproduttivo: circa 8 mila ogni anno. Questo fenomeno fotografa un diritto negato in Italia per motivi che non tengono conto di molte cose. La fecondazione eterologa, che avviene con donazione dei gameti estranei alla coppia, è vietata nel nostro paese ma per alcune coppie rappresenta l’unico rimedio possibile per diventare genitori. Va ricordato che in molti casi queste donne e uomini debbono ricorre a queste pratiche scientifiche perchè vittime di malattie genetiche, patologie invalidanti o reduci da terapie antitumorali. E poi ricordo che la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, ha definito la legislazione italiana su questi temi incoerente: non è possibile vietare con la L.40 a coppie portatrici di una grave malattia la selezione degli embrione per permettere loro di mettere al mondo un figlio sano e allo stesso tempo permettere con la L.194 l’aborto terapeutico.

Occorre rimettere ordine nel nostro panorama legislativo.

Rispetto al fine vita sono convinta che ognuno di noi abbia il diritto di stabilire, in casi estremi, come sia più dignitoso andarsene. Ha diritto di dirlo, scriverlo su appositi registri  e lo Stato dovrà rispettare queste volontà.

5. Quali politiche intende adottare per  la sperimentazione pubblica in pieno campo di Ogm e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi Ogm?

L’Italia è e deve restare “Ogm free”. Oggi come oggi la scienza non è in grado di affermare con ragionevole certezza né la pericolosità né la sicurezza degli alimenti prodotti utilizzando Ogm, sia che si tratti di alimentazione umana sia che siano introdotti nella catena alimentare attraverso l’alimentazione animale. Ecco perché preferisco attenermi a un saggio principio di precauzione in materia, peraltro suffragato da più di un intervento delle autorità internazionali a tutela della salute.

Quanto alla sperimentazione in pieno campo, pubblica o privata che sia, ritengo che presenti numerosi profili problematici. A differenza di altri paesi l’Italia ha proprietà agricole estremamente frammentate e spesso di piccole dimensioni, che rendono difficile garantire i proprietari limitrofi dal rischio di contaminazione, anche applicando le più attente misure di garanzia.

Ma soprattutto la mia contrarietà agli Ogm nasce da un’analisi scevra di pregiudizi del mercato e del ruolo che l’Italia può giocare nel contesto internazionale. Siamo il primo paese al mondo per numero di prodotti di qualità e vantiamo un patrimonio enogastronomico che, se fosse adeguatamente protetto dalla concorrenza sleale che subiamo, basterebbe da solo a garantirci la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro. Non vedo perché l’Italia debba inseguire altri paesi, ben più ampi e più vocati alle coltivazioni intensive, sulla strada della quantità. Il nostro impegno deve invece essere quello di tutelare le produzioni di qualità, investire sull’agricoltura biologica, valorizzare le risorse agro-ambientali come straordinario motore di sviluppo. Gli Ogm, da questo punto di vista, non ci possono aiutare in alcun modo.

Quanto all’etichettatura, credo che il principio da tutelare in maniera sempre più chiara sia quello della corretta informazione del consumatore. Ciascuno sarà poi libero di scegliere se acquistare prodotti OGM o no, basta che sia in grado di farlo con diciture esplicite sulle materie prime utilizzate, la loro provenienza, i processi subiti. Non possiamo pretendere che al supermercato le persone abbiano il tempo e la competenza necessarie a districarsi tra codici e richiami alla normativa vigente, magari scritti in caratteri minuscoli. Le etichette devono “parlare”, e farlo in maniera chiara.

6. Qual è la sua posizione in merito alle medicine alternative, in particolare per quel che riguarda il rimborso di queste terapie da parte del SSN?

La medicina alternativa, per esempio l’omeopatia, ritengo sia una branca della medicina che ha dimostrato la sua utilità. Essa è considerata dalla direttiva Eu del 2006 e dall’Oms a partire dal marzo del 2010 – un rimedio farmacologico a tutti gli effetti. Con necessità quali controlli, presenza di etichettatura e bugiardino che in Italia non sono ancora prescritti né sono legge dello Stato, tanto che questo porterà il nostro Paese ad essere nuovamente sanzionato per non aver applicato la direttiva Ue sui farmaci omeopatici. L’assimilazione ai farmaci tradizionali dei farmaci omeopatici è un dovere vista la normativa in materia. Bisogna procedere con serietà e correttezza, mettendo fine ad una chiusura preclusiva dello Stato Italiano nei confronti della medicina alternativa e dei farmaci ad essa correlati. Naturalmente l’assimilazione ai farmaci tradizionali deve comportare la loro prescrivibilità attraverso il SSN.

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