Il Vice Presidente di Confindustria per lo sviluppo economico, Aurelio Regina, ha cercato con una sua dichiarazione di ieri, di “innovare” un paio di principi delle teorie di economia; nell’affermare l’opposizione di Confindustria a un eventuale prelievo del 3% sulla parte di reddito eccedente i 150.000 €/annui ha infatti dichiarato che il timore di Confindustria e’ che la tassa vada a colpire “l’unica fascia di popolazione che spende e consuma“, per cui rappresenta “un’ulteriore minaccia al rallentamento dei consumi interni. E se non riusciamo a riattivare i consumi interni, le esportazioni non ce la faranno da sole a sostenere il paese”. Non risulta dalle cronache che Regina, dopo questa affermazione si sia grattato la testa e abbia aggiunto: “Forse è l’unica fascia di popolazione che spende e consuma perché è l’unica fascia che ne ha la possibilità”. Eliminata questa ipotesi, dobbiamo quindi capire che meccanismo abbia in testa Regina; proviamoci.

I miei studi per l’esame di economia da studente di Ingegneria, ancorché ormai un po’ lontani, mi hanno insegnato che i bisogni si dividono in due categorie principali: i bisogni primari (mangiare, bere, vestirsi, avere un tetto) e i bisogni secondari (tutto ciò che non è indispensabile) che diventano tanto più voluttuari quanto più ci si allontana dalle necessità di base; mi fu anche insegnato che l’utilità dei beni che si possono acquistare decresce mano a mano che si acquistano quantità progressive di quei beni, fino ad arrivare alla saturazione, cioè al punto in cui aggiungere ancora di quei beni non ha per l’acquirente alcuna utilità.

Poiché il prelievo del 3% sarebbe fatto se fosse necessario finanziare le salvaguardie degli esodati restati fuori da quelle attualmente progettate dal Governo e quindi servirebbero a dare un reddito a chi non ne ha, sposterebbero con ogni evidenza ricchezza da fasce abbienti a fasce meno abbienti, cioè da coloro che hanno soddisfatto la maggior parte dei bisogni a utilità marginale bassa a coloro ai quali occorrono risorse per soddisfare i bisogni primari; ne concluderei che in questo modo si incentiverebbero appunto i consumi.

Non secondo Regina, il quale deve ritenere che è più portato a spendere chi deve soddisfare bisogni voluttuari di chi invece lotta con i bisogni primari e che anche chi avesse le proprietà piene di beni voluttuari continuerebbe a consumare e magari sempre di più, mentre quei disoccupati a cui fosse data capacità di spesa, da taccagni maledetti nasconderebbero subito il malloppo sotto il materasso anziché procedere ad acquistare cibo, bevande, vestiti e magari permettersi il lusso di un mutuo. In pratica sembrerebbero esserci fasce della popolazione geneticamente portate alla spesa e altre che nei cromosomi hanno il risparmio e ciò indipendentemente dalla loro disponibilità.

Insomma, in parole più povere, chi non arriva alla fine del mese, cioè una famiglia italiana su tre secondo Eurispes ha forte propensione, se improvvisamente gli viene data disponibilità di denaro, a metterlo da parte continuando a non arrivare alla fine del mese, mentre chi ha molto non accantona niente ma corre a spendersi tutto fino all’ultimo euro.

Regina pensa che nelle nostre banche i denari accantonati e investiti appartengano non a famiglie con redditi elevati ma a fasce di popolazione indigenti che si ostinano a non utilizzarli per andare avanti? Sono forse un po’ troppo choosy sulle cose da comperare?

La teoria sottostante alle dichiarazioni di Regina mi sembra alquanto bislacca; posso capire e anche condividere la riluttanza ad accettare ulteriori prelievi fiscali che dovrebbero essere evitati agendo sui tagli alla spesa – principalmente di regioni e province, ma qui schieramenti bipartisan stanno facendo quadrato – e azzerando l’evasione fiscale; non posso però accettare una teoria che implichi che la ricchezza debba andare a sommarsi alla ricchezza per incentivare i consumi, perché ciò, prima anche di qualsiasi considerazione etica, è semplicemente un non senso economico che un professore di economia bacchetterebbe subito.

Per non parlare poi della qualità dei consumi che cambierebbe spostando risorse; inviterei infatti Regina a contraddirmi sul fatto che chi acquista per soddisfare bisogni voluttuari consuma soprattutto automobili più lussuose (tedesche), elettronica (asiatica), fashion (quasi tutto ormai terziarizzato in Asia), mentre i consumi per bisogni primari si rivolgono molto di più alla produzione nazionale.

Se Confindustria desidera appoggio alla sua (sacrosanta) battaglia contro tassazioni troppo elevate farebbe bene a prendere le distanze da questa teorie economiche “creative”. Non sembra proprio possibile dire agli esodati e anche ai disoccupati a qualsiasi titolo, che non per cattiveria o negligenza o altra difficoltà non si trovano le risorse per loro, ma per il bene della nazione e della sua crescita; abbiamo bisogno di lasciare ai redditi alti la intatta capacità di spesa per avere la sicurezza che questi alimentino i consumi, differentemente da quanto farebbero gli esodati e i disoccupati. All’ilarità iniziale seguirebbero probabilmente azioni un po’ meno soft.

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