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I marò e la sindrome americana dell’impunità

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Le circostanze della vicenda dei due militari del battaglione San Marco, imbarcati sul mercantile Enrica Lexie battente bandiera italiana, che incrociava al largo delle coste indiane, in acque internazionali, che sono accusati di aver sparato su un peschereccio, il St. Antony, uccidendo due pescatori locali, disarmati, scambiati per pirati, sono ancora tutte da chiarire.

Per l’intanto appaiono però sorprendenti due dichiarazioni della Farnesina. La prima dice: “Il governo italiano ritiene sia competente la magistratura italiana essendo i fatti avvenuti in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana”. Se due pescatori di Mazara del Vallo di un peschereccio che navigava al largo delle coste siciliane, sia pur in acque internazionali, fossero stati uccisi da militari indiani imbarcati su un mercantile indiano, qualcuno dubiterebbe, qui da noi, che la competenza sul tragico episodio spetti alla nostra magistratura, cioè al Paese delle vittime?

Più inquietante ancora è la seconda affermazione del governo. “I militari sono organi dello Stato italiano e godono dell’immunità dalla giurisdizione rispetto agli Stati stranieri”. Dove la Farnesina sia andata a pescare questa stravagante interpretazione giuridica non si capisce. Se la si seguisse qualsiasi Rambo di qualsiasi Paese sarebbe autorizzato a uccidere cittadini di altri Paesi senza doverne rispondere alla giustizia, se non a quella, ovviamente parziale e benevola, dello Stato cui appartiene.

Questa è una concezione molto americana del diritto internazionale, per cui, fra le altre cose tutti i militari possono essere giudicati dal Tribunale dell’Aja tranne i loro. E anche gli italiani, a quanto pare, si stanno adeguando al ‘grilletto facile ‘ in stile yankee che, molto attento alla propria, non ha alcun rispetto per la vita altrui se è vero che da noi anche i vigili urbani si improvvisano pistoleri e si sentono autorizzati a sparare e a uccidere a casaccio uomini inermi, colpevoli solo di essere stranieri.

Il Fatto Quotidiano, 22 febbraio 2012

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