Una vera e propria odissea nella neve. A questo sono stati costretti gli oltre 700 passeggeri che venerdì sera hanno avuto la malaugurata idea, o meglio, la necessità di prendere il primo treno in partenza da Roma verso Viterbo sulla linea FR3. Del resto non c’era scelta. Il treno su cui si trovavano era il solo mezzo che avevano a disposizione per tornare a casa. L’odissea è iniziata la mattina intorno alle nove e mezzo quando l’ultimo treno è partito da Roma e gli operai dei cantieri, gli impiegati, le commesse e le colf che ogni mattina all’alba partono dal settore Nord della provincia di Roma erano arrivati già in città e, appena iniziato a nevicare, hanno cominciato a tornare indietro.

Finalmente verso le quattro del pomeriggio passa un primo convoglio: destinazione Viterbo. Subito dopo altri due con destinazione Cesano. Decidono di salire e di vedere poi se da Cesano è possibile prendere un treno successivo o trovare un passaggio per andare verso la loro destinazione finale, in uno dei paesini a nord di Roma. Alla Stazione di La Storta un messaggio invita a scendere e a prendere un altro treno che dovrebbe arrivare fino a Viterbo. Salgono sul convoglio che le Ferrovie avevano attrezzato unendo insieme due treni.

Dopo appena pochi chilometri però la marcia si arresta. Il treno è stracolmo e comincia a far buio. Fuori continua a nevicare. La luce va e viene, ma nessuno dice nulla di preciso. Passa un’ora, ne passano due, tre. Con i telefonini la gente chiama a casa e cerca informazioni. Le voci si rincorrono, ma non c’è mai chiarezza. Dopo sei ore, alle undici di sera, finalmente sul treno si rincorre una voce: hanno aperto le porte e chi vuole può arrivare alla stazione di Cesano a piedi. Nel frattempo qualcuno commenta il comunicato stampa del presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. Che dice: “Abbiamo predisposto un servizio di accoglienza con coperte, bevande calde e autobus sostitutivi per i passeggeri del treno rimasto bloccato alle porte di Cesano”.

Fuori dal treno ci sono solo tre carabinieri che aiutavano le persone stanche e stremate a scendere sul terreno ghiacciato e qualche volontario della Protezione Civile. La marcia è lunga. Il vento è forte e sferza la faccia con aghi di ghiaccio. Camminare tra le rotaie innevate non è facile. Molte signore hanno buste della spesa, altre non stanno proprio nel fiore degli anni. Alla fine la scena è apocalittica. Lungo quel chilometro di ferrovia si snoda una fila di uomini disperati. All’arrivo in stazione vanno a cercare informazioni: non c’è nessuno che sappia dire qualcosa di sensato. Nemmeno c’è qualcuno che porga qualcosa di caldo da bere o le tanto agognate coperte. In molti escono immediatamente, mentre gli altri si affollano nell’androne della stazione di Cesano, per cercare i bus sostitutivi, ma invano.

Dopo una ventina di minuti ne arriva uno. Viene letteralmente assediato, ma scoprono che non è lì per loro. E’ infatti uno dei mezzi sostitutivi che Trenitalia aveva chiamato in servizio nel pomeriggio sulla linea Viterbo-Roma e doveva arrivare fino alla stazione della Giustiniana sulla Cassia. E’ ripartito vuoto. La situazione è disperata, i passeggeri cercano informazioni, ma nessuno sa dire nulla. Arriva un altro autobus, anche questo deve arrivare alla Giustiniana. Stavolta però alcuni di loro decidono di fare da soli e salgono sull’autobus. L’autista sulle prime cerca di fare resistenza, ma poi cede e promette di tornare indietro almeno fino a Bracciano, non oltre.

Dopo un po’ di attesa, finalmente si parte scortati dai carabinieri. L’autobus va verso la Caserma della Scuola di Fanteria di Cesano e non verso la via braccianese. Fuori dall’ingresso della caserma i carabinieri invitano chi vuole a scendere mentre agli altri viene offerta la possibilità di tornare a casa. Si parte. Ormai è quasi l’una di notte. Alcuni scendono ad Anguillara, mentre un’altra quarantina di persone prosegue verso Bracciano su una strada secondaria, più breve. Dopo dieci minuti l’autobus incrocia una macchina ferma nella neve. Nella manovra per evitarla la catena si rompe e le ruote dell’autobus scavano una fossa nel ghiaccio: sono bloccati. Di nuovo. E’ l’una e mezzo di notte.

Mentre cominciano a chiedere aiuto alla polizia, ai Vigili del Fuoco, alla Protezione Civile e ai Carabinieri, alcuni tentano di riparare il danno e di ripartire, ma tutto è vano. Verso le due di notte arrivano due pattuglie della Protezione civile: “Abbiamo bisogno di una ruspa per tirarvi fuori e di una pala meccanica, andiamo e torniamo con i rinforzi”. Non si sono più visti. I malcapitati risalgono sull’autobus e aspettano questi rinforzi cercando di dormire. Fuori il vento sta accumulando la neve in mucchi alti più di un metro: anche se riuscissero a liberare le ruote non potrebbero né andare avanti e nemmeno tornare indietro. Il freddo è davvero atroce, non hanno acqua, né cibo e anche andare in bagno è praticamente impossibile.

Alle cinque del mattino inizia il panico. Cominciano a telefonare ripetutamente a tutti i numeri possibili: 112, 113, 115. Tutti dicono sempre le stesse cose, e ormai è chiaro che dall’altra parte del telefono chi risponde non sa cosa dire e ha perso del tutto il controllo della situazione. Intanto le batterie dei cellulari si scaricano e con esse le possibilità di rimanere in contatto con i soccorritori. Cominciano ad avere paura. L’arrivo dell’alba però aiuta a superare il panico, anche se fuori la vista delle campagne innevate e senza anima viva non aiuta.

Un passeggero riesce a ricaricare parzialmente il telefono e alle sei e mezzo chiama il sindaco di Bracciano. Gli spiega la situazione e il primo cittadino subito si attiva e manda un messaggio a un imprenditore di una cava di pozzolana lì vicino, che però non legge il messaggio prima delle otto. Alle otto e mezzo tuttavia è sul posto insieme a una pattuglia del reparto artificieri della Polizia di Stato, che era rimasta nella notte a fare servizio di soccorso in zona. Solo dopo due ore di lavoro gli sfortunati viaggiatori riescono finalmente ad arrivare a casa. In tutto, per compiere i 37 chilometri che separano Roma da Bracciano hanno impiegato 25 ore.

di Emanuele Perugini (www.pianetascienza.it)

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