Ma quale ampolla. È una quercia, una grande quercia oggi il simbolo del Po che si ribella, che chiede rispetto per le tradizioni e la storia delle terre padane. Un immenso albero secolare che sorge a pochi chilometri da Cremona, vicino a Castelvetro piacentino. Destinato a essere cancellato o violentato dall’ennesima bretella autostradale inventata dalla inesausta fantasia dei costruttori.

Dodici chilometri per congiungere Porto Canale Cremona con Castelvetro. E per travolgere d’un colpo tre aree protette dall’Unione europea; tra cui, grazie a un bel ponte, l’Isola del deserto, tempio fluviale di magico silenzio tra boschi e spiagge in cui vanno a nidificare rare specie rare di uccelli, dall’airone rosso al picchio verde.

Un progetto nato negli anni Novanta per disintasare il traffico pesante del porto di Cremona sulla A 21. E giunto alla sua terza versione nel 2010. Costo 216 milioni. Soldi di tutti, visto che “la società che dovrebbe realizzarlo è la Centro-padane, e che i suoi azionisti sono praticamente gli enti pubblici di Piacenza, Brescia e Cremona”. Altro che tagli.

Chi parla è un pubblicista bresciano, Simone Mazzata. Proprio quando il progetto macinava autorizzazioni ministeriali, è arrivato lui, il guastafeste. Cercava casa in campagna, con un’idea su tutte: realizzarci una scuola per bambini fondata sul pensiero ecologico. La cascina che gli avevano fatto vedere vicino Castelvetro ne aveva i numeri. Spazi e pertinenze, tra cui una ex stalla, per farci delle belle aule. Ma a convincerlo era stata proprio la vicinanza di quella quercia. Grandiosa, possente, quasi divina. Simone è giunto tre anni fa con la moglie Daniela, una ex insegnante esperta di handicap, e con la figlia. E ha subito raccolto intorno al loro nucleo un folto gruppo di ambientalisti.

La storia della pianta che deve sparire o finire sotto i gas dei tir è diventata presto una favola. “Io so chi l’ha scritta quella favola”, ammicca, “ma non lo dirò mai. Noi raccontiamo che è stata la quercia stessa, la Grande Nonna Quercia. Per chiederci aiuto”. Una favola dolce, datata 23 gennaio 2010. Che circola in versione patinata, impreziosita da foto e da splendidi disegni infantili. Ma gira anche in versione internet. La Nonna vi parla dell’uomo buono che l’ha fatta nascere, delle stelle, del silenzio, della solitudine e della morte.

Viaggia, la favola. È giunta anche a Walter, “un ragazzo siciliano che nessuno di noi conosceva”, che ha aperto un gruppo su facebook che ora conta undicimila contatti. “Ma lo sa che vengono scolaresche anche da Milano o da Brescia a vederla? Sta diventando un simbolo per chi vuole fermare questa follia devastatrice, per chi sa farsi incantare dalla bellezza superiore della natura”.

Ma non è che di questa bretella c’è bisogno sul serio? viene da chiedersi per scrupolo. Altrimenti perché degli enti pubblici sosterrebbero con tanta determinazione un progetto che violenta le bellezze delle loro terre? “Dicono che è l’Anas a volerlo, come prezzo per rinnovare la concessione della Brescia-Piacenza alla Centropadane. Intanto però gli industriali di Cremona non l’hanno inserita tra le cose necessarie in vista dell’Expo. E fior di studiosi dicono che si potrebbero comunque trovare soluzioni molto più leggere. I flussi di traffico attuali non giustificano l’impellenza. E infatti non ce ne vengono date stime aggiornate. Pare siano un terzo di quelle indicate.

E poi è possibile che le tre versioni del progetto che si sono succedute costino sempre la stessa cifra? Che si calpestino così gli indirizzi dell’Unione europea in materia di ambiente? Che non si facciano incontri con le comunità interessate? Per questo con un nostro gruppo di esperti abbiamo steso un dossier e fatto ricorso al Tar e poi all’Unione. C’è qualcosa di poco convincente. Diversi amministratori ce l’hanno confessato: è una porcata ma bisogna farla perché abbiamo le mani legate.

Poi parliamoci chiaro. Questi sono lavori che chiederanno estrazione di materiale, ci sono di mezzo le cave, e le cave sono appena state il cuore di uno scandalo regionale sulla gestione dei rifiuti. E gli interessi che premono sul movimento terra e sui rifiuti lei li conosce meglio di me”.

Simone e il gruppo di ambientalisti raccolti attorno alla sua idea di una scuola del pensiero ecologico non si daranno vinti. “Mica siamo di quelli che che ormai non c’è più niente da fare, sapesse quanti ne ho incontrati quando sono arrivato”.

Intorno alla Grande Quercia si riunisce il popolo delle favole. Sembrano pellerossa che difendono le loro riserve dalle ferrovie dei visi pallidi. Solo che stavolta il progresso sta dalla loro parte. All’ombra della Nonna tengono riunioni e assemblee. Anche concerti. Musica classica e gospel. I Modena City Ramblers e Omar Pedrini. Perfino gli Intillimani, ma sì, “ed eravamo millecinquecento, e pensi: stavamo tutti sotto la chioma della Quercia”.

Chissà come finirà questa partita. Certo sta facendo fiorire una nuova favolistica. Ha scritto Federica, 11 anni: “Allora Giulietta tornò dal suo amico albero, prese un bel po ’ di polvere magica e la buttò negli occhi del ‘ signore dei supermercati ’ che non vedendo più niente non poté tagliare l’albero e se ne andò via adirato. Giulietta fece i salti di gioia e decise di sposare quel mago che tanto amava. Così si sposarono sotto l’albero. E vissero per sempre felici e contenti”. Ammettiamolo: ma chi avrebbe mai detto che si potessero combattere i costruttori e i signori dei subappalti a colpi di favole?

Il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2011

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