La situazione economica è tanto difficile, quella politica tanto confusa e caratterizzata da continue polemiche, l’interesse generale tanto compromesso, che pochi sembrano comprendere che la scuola della Repubblica, la scuola dell’inclusione e della promozione sociale, della cultura e del senso critico è in uno dei momenti più difficili della sua storia, se non nel più difficile.

Certo è la prima volta che un governo la considera e la tratta non come luogo di garanzia per tutti i cittadini, ma come serbatoio di risparmio forzato e forzoso, manifestando un’aperta e indiscriminata ostilità non solo verso chi ci lavora, ma nei confronti dei principi costituzionali che la fondano e la regolano.

Questa è stata la ragione fondamentale, insieme al prestigio della rivista e di chi la dirige, che mi ha spinto a cimentarmi a immaginare un insieme di provvedimenti per la scuola, nell’ambito dell’iniziativa di MicroMega “Un programma per l’AltraItalia”, che vuole dimostrare che “dall’esperienza dei movimenti civici è facilmente articolabile un concreto programma di governo, capace di aggredire i mali storici del paese e di realizzare l’alternativa radicale che tutti sentono necessaria ma troppi ritengono utopistica”. E così ho ragionato su ordinamenti, contenuti, temi e spazi della scuola, laicità, innalzamento dell’obbligo scolastico, reclutamento e formazione degli insegnanti, innovazione.

E poi ho letto avidamente i contributi degli altri autori: Gallino sulle politiche industriali, Tinti contro l’evasione fiscale, Rodotà in merito ai diritti fondamentali, Alleva contro la precarietà, Landini per la democrazia sindacale, Travaglio sulla riforma della giustizia penale, Spinelli sull’Europa, Scarpinato contro i poteri criminali, per citarne solo alcuni. Mi sono così trovata di fronte a una lucidissima mappa dei problemi fondamentali dell’Italia attuale e soprattutto di fronte al fatto che siamo in grado di costruirci una rappresentazione delle possibili soluzioni autenticamente svincolata dalle retoriche e dai luoghi comuni del “pensiero inerziale” a cui troppi continuano a fare ricorso.

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