L'ex direttore de L'Avanti! Valter Lavitola

Valter Lavitola non può essere arrestato perché a suo carico “non ci sono i gravi indizi di colpevolezza sulla consumazione del reato” di induzione a rendere false dichiarazioni ai pm di Bari. Ne è convinto il procuratore aggiunto del tribunale barese Pasquale Drago che ha chiesto al gip la revoca del provvedimento restrittivo emesso a carico del faccendiere, latitante dal primo settembre scorso.

La decisione del giudice Sergio Di Paola è attesa entro il 16 ottobre quando perderà efficacia il provvedimento di arresto confermato dal tribunale del Riesame di Napoli che, su richiesta dei pm partenopei, ha riqualificato il reato di estorsione al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Quest’ultimo reato, secondo il tribunale, Lavitola lo ha compiuto perchè istigato da Berlusconi che gli avrebbe consegnato oltre 500.000 euro destinati a Tarantini (ma in realtà rimasti quasi tutti nella disponibilità del faccendiere) per evitare che l’imprenditore di Giovinazzo dicesse ai pm baresi che il premier sapeva che le donne che Gianpi portava nelle sue residenze erano escort.

La richiesta della pubblica accusa al gip, contenuta in otto pagine, comincia con un’annotazione che fa riferimento alla “complessa” vicenda procedurale che ha indotto Drago a chiedere al giudice la revoca dell’arresto di Lavitola dopo “matura e sofferta riflessione”. Nell’atto Drago, a quanto si apprende, scrive che è necessario capire esattamente come si è svolta la vicenda relativa alla consegna del danaro perchè finora – si apprende da fonti della Procura – “nessuno è riuscito a capire esattamente come si sono svolti i fatti”. Quindi, vi è la necessità di “chiarire parecchi aspetti” che sono al momento oscuri. Affermazioni queste che chi non conosce la pacatezza di Drago, potrebbe leggere come una velenosa stoccata alla procura e al tribunale del Riesame di Napoli.

Solo al termine delle indagini il pm barese ritiene che sarà possibile qualificare giuridicamente i fatti e affrontare la questione della competenza ad indagare della procura di Bari. Una questione, quella della competenza, che il magistrato ha già dibattuto con i pm romani nella riunione di coordinamento che ha tenuto lunedì scorso a piazzale Clodio. Durante l’incontro si è deciso che Roma continuerà ad indagare sulla presunta estorsione e Bari sull’ipotizzata induzione e mentire. Due indagini che riguardano, in realtà, lo stesso fatto qualificato giuridicamente in modo diverso: nella capitale il premier è persona offesa, a Bari rischia di essere indagato anche se l’ipotesi appare sempre più remota.

Sulla vicenda escort e sulle ispezioni disposte nelle procure di Bari e Napoli dal Guardasigilli si è sviluppata una polemica tra l’Associazione magistrati e il presidente del consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti, sull’influenza che l’iniziativa del ministro può avere sulle indagini in corso. Per l’Anm, che esprime “preoccupazione e perplessità”, “l’iniziativa del ministro della Giustizia può interferire sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”. “Si tratta di un’iniziativa certamente rientrante tra i poteri del ministro, ma che per le modalità e i tempi in cui è stata avviata rischia di alterare il corretto rapporto tra le attività di indagine della procura e il potere ispettivo del Ministro”. Assai meno preoccupato Vietti, per il quale “gli ispettori sono magistrati e sapranno rispettare l’autonomia e l’indipendenza dei colleghi”. “Bisogna fare il massimo sforzo – ha detto tra l’altro Vietti – per la leale collaborazione tra istituzioni”.

Intanto ieri a Roma, su mandato della procura di Napoli, la Guardia di Finanza è tornata negli uffici de L’Avanti, il quotidiano socialista diretto fino a qualche mese fa da Lavitola per una nuova perquisizione. L’obiettivo era l’acquisizione di atti nell’ambito dell’inchiesta aperta dal pm Vincenzo Piscitelli, Francesco Curcio ed Henry John Woodcock sui fondi per per l’editoria ricevuti dal governo ma anche la pubblicità sul giornale, che potrebbe essere servita a mascherare un giro di tangenti. Si tratta della seconda perquisizione dopo quella del 29 settembre: i militari sarebbero andati a cercare nuovi documenti che non erano stati prelevati la volta scorsa. L’ipotesi di reato formulata dai pm partenopei sarebbe di truffa aggravata e false fatturazioni: si sospetta infatti che il denaro sia stato distratto da Lavitola e dirottato su attività personali.

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