Io sono UlisseIn questi giorni abbiamo ascoltato il nuovo disco, “Io sono Ulisse” (Polosud, 2011), di una delle voci napoletane più intense: Brunella Selo. Un disco ricco di poesia, un vero e proprio concept album dedicato al viaggio di Ulisse. Un viaggio che tra inquietudini, ribellione, ricordi e sentimenti, si (con)fonde con quello della cantante partenopea: “È il frutto di un percorso personale, professionale e artistico che ho elaborato in questi ultimi 20 anni, esattamente quanto dura il viaggio di Ulisse”.

Un percorso arricchito da una carriera ricca di importanti collaborazioni che vanno dalla partecipazione, nel 1999, al Festival di Sanremo, come guest star nel brano “Senza giacca e cravatta” di Nino D’Angelo a Claudio Mattone, Eugenio Bennato, Tony Esposito, Avion Travel, Roberto De Simone, Daniele Sepe e tanti altri.

La cantante così racconta il suo nuovo viaggio: “Per alcuni il viaggio di Ulisse ha il senso di un naufragio, di un’odissea senza ritorno. […] Col tempo, ho capito che Ulisse è soprattutto colui che fa ritorno a casa, con la pienezza della propria identità e con la capacità di vivere proprio lì il suo viaggio quotidiano, con amorevole cura”.

Come nasce “Io sono Ulisse”?
In questo disco ci sono ricordi, riferimenti alle mie radici, descrizioni, racconti e c’è anche però la voglia di tornare a casa, di trovare la mia Itaca nella vita di tutti i giorni, nella cura degli affetti e nella capacità di incontrare il mondo al di fuori di me. Quindi un CONCEPT album con un filo conduttore nei testi, tutti scritti da me in italiano, con qualche incursione nello spagnolo e nel portoghese, come sono solita fare ormai da anni, anche nei precedenti dischi, perché c’è sempre in me questa visione apolide della vita che si manifesta anche nella musica.

Un disco interamente scritto da te, che differenza c’è nel cantare canzoni tue e  nell’interpretare canzoni scritte da altri artisti?
Non credo di preferire in assoluto di cantare e interpretare cose mie piuttosto che di altri: io ricerco la verità, la possibilità di comunicare me stessa, ed è solo per questo che ultimamente mi capita più spesso di cantare ciò che scrivo, ma poi mi lascio catturare da mille altre suggestioni, come ad esempio le musiche composte da Gino Evangelista, da Daniele Sepe, da Piero De Asmundis, perché evidentemente sento che in qualche modo mi rappresentano e mi appartengono.

Col tempo, ho capito che Ulisse è soprattutto colui che fa ritorno a casa”, tu che hai spaziato tra tanti generi qual è la tua casa musicale?
Allo stesso modo non sento di avere una specifica casa musicale di appartenenza, subisco le influenze di tantissimi generi musicali differenti, dalla musica brasiliana, alla canzone d’autore, al folk, al rock anglosassone. In definitiva forse si può riassumere tutto sotto la voce world music, che è sicuramente ciò in cui mi identifico di più.

Cosa ti ha spinto a rivisitare Egberto Gismonti in “Agua e vinho”, e “Filastrocche” di Michael Manring e infine “Caimanera” di Carlos Puebla e Josè Fernandez?
Il brano di Egberto è un mio vecchio amore, e poi ho avuto l’onore di conoscerlo di persona, e dopo un lungo scambio epistolare gli ho sottoposto la mia libera traduzione del suo testo, che gli è piaciuta moltissimo, infatti inizialmente lui doveva venire qui a suonarla, ma poi ci sono stati problemi di tourneè che lo hanno portato altrove e non ci siamo più trovati con i tempi. Filastrocche, come ho scritto nel booklet del cd, nasce dall’idea di scrivere, ero giovanissima, una filastrocca ad un mio ipotetico figlio, e la musica di Manring mi ispirò moltissimo, ancora oggi la sua versione strumentale è tra le musiche più care che ho… Caimanera la trovo incredibile, ha un testo feroce e bellissimo, che crea un contrasto drammatico e quasi cinematografico con la melodia, dolce, solare e un po’ struggente. Nella mia vita ha sempre avuto un ruolo fondamentale e mi richiama subito sentimenti forti come la rabbia, la coscienza sociale, l’ingiustizia, il sopruso del prepotente sul debole. Riportandoci al parallelo con il viaggio di Ulisse, anche lui durante il suo viaggio, sfida l’ira degli dei nel tentativo di sfuggire al loro controllo; in qualche modo lui è il simbolo della presa di coscienza dell’uomo che vuole riprendere in mano le redini della propria vita, senza farsi sottomettere.

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