Le previsioni sono state rispettare e giovedì sera Helle Thorning-Schmidt, leader del Partito socialdemocratico, è diventata la prima donna premier della storia danese. Il primo ministro uscente Lokke Rasmussen ha ammesso la sconfitta e oggi ha presentato le dimissioni alla regina Margherita II. Il “Blocco rosso” guidato dai socialdemocratici ha avuto 89 seggi sui 179 che compongono il Foketing, il parlamento danese. Il “Blocco blu” liberal-conservatore, con l’appoggio del nazionalista Partito del popolo danese si è fermato a 86 seggi. L’affluenza alle urne è stata dell’87,7 per cento.

“Ce l’abbiamo fatta, oggi abbiamo scritto la storia”, ha detto la leader socialdemocratica ai sostenitori esultanti per il ritorno al governo dopo dieci anni di opposizione. Sportivamente, Lokke Rasmussen si è congratulato con la vincitrice: “Consegno le chiavi dell’ufficio del premier a Helle Thorning-Schmidt – ha detto dal quartier generale del suo partito – Cara Helle, abbine cura perché sono solo in prestito”.

Già da questa mattina, Thorning-Schmidt ha annunciato l’avvio delle consultazioni per la formazione del nuovo governo: “Vogliamo lavorare con tutti i partiti disposti a partecipare”, ha dichiarato, specificando che i negoziati potranno “durare tutto il tempo necessario” senza fissare scadenze. Nonostante l’entusiasmo per la vittoria, infatti, ci sono molte ombre sul futuro della nuova premier. Primo tra tutti il risultato deludente del suo partito, che si è fermato al 24,9 per cento – il peggior risultato dal 1903 – e in parlamento ha 44 deputati, tre in meno del partito del premier uscente, che con il 26,15 per cento si conferma comunque la prima forza politica del paese. Nella coalizione di centrodestra sono diminuiti i voti per il Partito del popolo danese, che ha perso 2 punti percentuali e tre deputati, e quelli del Partito Popolare Conservatore, che è sceso da oltre il 10 per cento dei voti avuti nel 2007 a meno del 5 per cento.

Nel centrosinistra, come del resto anticipato dai sondaggi pre-elettorali, sono cresciuti l’Alleanza rosso-verde, passata dal 2,2 per cento e 4 deputati del 2007 al 6,7 per cento e 12 deputati, così come i Radicali, arrivati al 9,5 per cento (17 deputati) rispetto al 5,1 (6 deputati) del 2007. Le due formazioni hanno drenato voti al Partito socialista popolare, anch’esso nella coalizione con i socialdemocratici, che si è fermato al 9,2 per cento (16 deputati) rispetto al 13 per cento (23 deputati) che aveva nel 2007.

Come anticipato nei commenti politici della vigilia, le trattative per la formazione del nuovo governo, passato l’entusiasmo per la vittoria, non saranno facili. Helle Thorning-Schmidt deve superare le divergenze interne alla coalizione tanto sulle politiche economiche (con i radicali favorevoli a una maggiore liberalizzazione dell’economia rispetto agli altri alleati) quanto su quelle per il controllo dell’immigrazione molto restrittive ereditate dal governo uscente. Inoltre, bisognerà valutare il peso dell’euroscetticismo dell’Alleanza rosso-verde, specialmente in vista della presidenza di turno dell’Ue che tocca alla Danimarca a partire da gennaio 2012. Thorning-Schmidt ha un forte background europeista, essendo stata deputata all’Europarlamento di Strasburgo dal 1999 al 2004.

Tra le consultazioni avviate dalla neo-premier ci saranno anche quelle con i sindacati per cercare di avere il via libera al progetto di allungare l’orario di lavoro di un’ora al mese, uno dei punti del programma economico socialdemocratico per far uscire la Danimarca da una crisi che ha portato il deficit corrente al 4,6 per cento del Pil e spinto il governo liberal-conservatore, dal 2008 in poi, a nazionalizzare nove banche travolte dalla tempesta finanziaria internazionale.

L’Alleanza rosso-verde, inoltre, spinge per una più efficace e aggiornata agenda di interventi a favore dell’ecologia e della riconversione eco-compatibile dell’economia, un capitolo lasciato da parte dal governo uscente – sempre secondo gli standard danesi – a causa dei costi per il sistema economico.

di Joseph Zarlingo

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