L’altro giorno, in una noiosa sala d’attesa, sfogliando una rivista presa a caso, ho trovato un articolo dal titolo che mi ha incuriosito: Un Tea Party per l’Italia in cui l’autore sosteneva, in breve, che  è necessario ridurre il debito pubblico e che per fare ciò “si devono tagliare le spese e non aumentare le imposte”, concludendo con queste parole: “Ecco perché se anche in Italia ci fosse un movimento che, come i Tea Party, rappresentasse con vigore (e senza le loro asperità) i nostrani tartassati, non sarebbe un gran male”.

Ma sì, che bella idea: i tartassati nostrani, i dipendenti pubblici e i pensionati, che si organizzano in gruppi di pressione per smantellare lo Stato (senza asperità, s’intende)! Autore dell’articolo è Alessandro de Nicola che, grazie ad una rapida ricerca su Google, risulta essere presidente dell’Adam Smith Society, nel cui comitato scientifico siedono tra gli altri personaggi come Alberto Alesina, Michele Boldrin, Guido Tabellini, Luigi Zingales e Piero Ostellino. Mentre delle spassose idee liberali e liberiste di quest’ultimo ci racconta spesso Marco Travaglio, gli altri sono degli economisti che possono essere (per brevità) definiti di scuola neo-liberista:  sono tra gli animatori e i promotori di due siti di economia che hanno una certa risonanza nei media, Lavoce.info Noisefromamerika.org, oltre ad essere anche editorialisti dei maggiori quotidiani italiani. Insomma il classico comitato scientifico con i fiocchi che immaginiamo occuparsi sempre e solo d’alte questioni intellettuali.

Una volta identificati i personaggi, mi è venuto subito in mente l’articolo di Furio Colombo di un mese fa:Cosa ci dicono i mercati pazzi in cui l’autore con grande lucidità notava come un senatore eletto nelle liste del Pd, Nicola Rossi, “aveva già raccomandato di suo, spontaneamente, prima di Tremonti, di dare all’Italia ciò che il Tea Party ha fatto trangugiare a Obama, come il boccone più amaro… L’obbligo del pareggio del bilancio”. Colombo aveva anche aggiunto che “come ripete il premio Nobel per l’economia Paul Krugmanl’obbligo di pareggio di bilancio è una norma assurda che, di fronte alle emergenze di un periodo storico turbolento e pericoloso, impedisce a chi governa di governare. E’ come togliere al governo la carta di credito su cui si fonda tutta l’economia… E qui finalmente si intravede il nuovo e vincente personaggio che sta attraversando la scena del mondo fra il silenzio conformista di chi ha capito, e il sottomesso consenso di chi non se ne accorge: l’estrema destra economica… che ormai comanda con forza brutale: l’estrema destra economica, che ha finalmente rimpiazzato il vuoto lasciato nella storia dalla estrema destra politica, ormai ridotta a poche caricature…

L’estrema destra economica ha visto il vuoto che si stava creando proprio dove un personaggio come Berlusconi, pur di restare in scena, appare disponibile a recitare tutte le parti. Qui la parte è prestarsi a sovvertire la Costituzione solidaristica italiana nei tre punti fondamentali del rimuovere ogni controllo alle decisioni del settore privato (la rimozione dello articolo 41), nel togliere al governo dei cittadini il controllo e la responsabilità della spesa pubblica (il cosiddetto vincolo di pareggio del bilancio) e nel mettere i lavoratori in condizione di ubbidire senza parlare, se hanno la fortuna di essere accolti dentro le mura di una delle fabbriche superstiti.”

Dunque nella confusione generale, da un punto di vista politico, in cui stiamo vivendo, troviamo un senatore di un partito di centrosinistra che porta avanti idee che altrove sono dell’estrema destra politica, troviamo gruppi di pressione molto ben organizzati e finanziati, presenti su tutti i media nazionali che come un sol uomo continuano propugnare le stesse tesi, e troviamo anche che delle riviste gloriose e di riferimento per i riformisti di questo paese, come l’Espresso, che danno ampio spazio a queste idee. Nel vuoto generale questa lobby di pensieri prefabbricati cerca di vendere a una politica ormai priva d’idee e di contenuti la soluzione  liberista come l’unica possibile, falsando i dati e manipolando la realtà come appunto, nel caso di specie, cercando di fare passare i Tea Party come dei  tartassati quando invece costituiscono una lobby di estrema destra animata da un pericoloso furore. Non è certo una novità per chi ha seguito le recenti vicende della politica universitaria e della ricerca, settori aggrediti in maniera brutale dalle uniche riforme varate dell’attuale governo.

Qualche giorno fa, in un bell’editoriale dal titolo Il mercato impeccabile, Giorgio Ruffolo ha notato che “il mercato… in molti casi non riesce a raggiungere un equilibrio stabile ma instaura situazioni instabili o addirittura esplosive. Ciò avviene quando le relazioni economiche non sono di natura compensativa (mi spiego: quando ad esempio un aumento della domanda di beni provoca un aumento dei prezzi che ne riduce l’eccesso) ma quando sono di natura cumulativa (ad esempio un aumento della domanda dei titoli ne aumenta il valore e induce ulteriori aumenti della domanda: le famose bolle). Non è proprio questo che è successo in America all’inizio di questo secolo?”. Come ho recentemente ricordato, alla stessa conclusione sono giunti molti fisici e matematici che,  studiando le fluttuazioni dei mercati finanziari, hanno mostrato che queste sono di natura intrinsecamente diversa da quella ipotizzata dai fautori dell’equilibrio.

Ma gli ultras dell’infallibilità dei mercati si possono però consolare con delle bellissime magliette,  della prestigiosa Adam Smith Society, con la fondamentale scritta: Free markets do it better.

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