Il successo delle piazze alternative (ovvero Multilateral trading facilities – Mtf, dark pools e universo Over-the-counter) si spiega anche con la capacità di queste ultime di garantire il supporto tecnologico agli operatori dell’high frequency trading (Hft), un sistema speculativo in forte ascesa. Investite dalla concorrenza, e in assenza di una vera regolamentazione, le borse tradizionali hanno deciso semplicemente di adeguare l’offerta.

Prendere di mira un titolo promettente, comprarlo, venderlo, sostenerlo. Oppure semplicemente tartassarlo, colpirlo ripetutamente e infine affondarlo. Tutto, beninteso, nello spazio di frazioni di secondo, intervalli infinitesimali che possono segnare il destino di un’azione garantendo agli speculatori guadagni da capogiro. E’ il principio dell’Hft, il sistema di scambio ad alta velocità che negli ultimi anni sta letteralmente dilagando nelle piazze finanziarie tradizionali e non. Un meccanismo in cui ad operare non è l’uomo, il trader, bensì la macchina. Computer sofisticatissimi in grado di gestire algoritmi particolarmente complessi riducendo al minimo i tempi di attesa (la cosiddetta latency) e favorendo così le operazioni meramente speculative. Basta questo, insomma, per dare vita ad attacchi spettacolari in borsa trasformando il titolo in un semplice numero quando lo speculatore scende in campo e le variabili “vecchia scuola”, come le prospettive di crescita aziendale o le ipotesi di dividendi, vengono semplicemente messe da parte.

L’Hft è il vero fenomeno degli ultimi anni. Se ne è accorta anche la Consob che, in una relazione pubblicata in questi giorni sull’impatto delle piazze finanziarie “alternative”, ha evidenziato la clamorosa espansione degli scambi ad alta velocità. Nel 2006, le operazioni di Hft condotte negli Stati Uniti compensavano appena il 15 per cento degli scambi sul mercato americano. Oggi la stima più cauta parla di una quota del 54 per cento. Secondo la Consob, che cita dati esterni, il peso delle operazioni veloci sul totale degli scambi potrebbe aver ormai raggiunto il 60 per cento negli Usa e il 40,per cento in Europa. Difficile tradurre con precisione il fenomeno in cifre ma l’ordine di grandezza, questo è certo, è quello dei trillions: migliaia di miliardi di dollari.

Dietro al successo di questo genere di operazioni non c’è solo lo sviluppo tecnologico. Accanto all’evoluzione dell’informatica a giocare un ruolo decisivo è stata infatti la mancanza di regolamentazione sui mercati. L’apertura delle piazze finanziarie extra borsistiche è stata in questo senso determinante. Tra i punti di forza delle nuove piazze, ha rilevato la Consob, anche “l’adozione di piattaforme di negoziazione tecnologicamente molto avanzate, con l’obiettivo fondamentale di garantire agli investitori la minimizzazione della latency, cioè del tempo che intercorre fra l’invio di un ordine e la sua esecuzione. La latency media per i principali Mtf si è progressivamente ridotta negli ultimi anni e attualmente si attesta su valori di pochi millisecondi”. Una risorsa decisiva dal momento che “la latency è rilevante soprattutto per l’operatività degli intermediari che adottano sistemi di high frequency trading” e “la convenienza di questo tipo di operatività, infatti, può essere influenzata sensibilmente da differenze (…) dell’ordine di millisecondi”.

All’inizio del 2008 la quota degli scambi conclusi sulle multilateral europee per i primi 600 titoli del Vecchio continente, spiega ancora la Consob, stava praticamente a zero. Nel febbraio 2011 si è ormai arrivati al 18 per cento. Ancora più evidente il fenomeno dei mercati americani. Negli Usa la quota di mercato delle piazze tradizionali si è ridotta dal 64 per cento al 45 tra il gennaio 2008 l’inizio del 2011. Le operazioni della New York Stock exchange (Nyse) compensavano nel 2009 appena un quarto del mercato contro il 79 per cento registrato nel 2005. Il 40 per cento delle operazioni condotte negli Usa, inoltre, appartiene ormai alla sfera del cosiddetto Over the counter (mercato extra borsistico). Quattro scambi su dieci, in altri termini, non sono oggi tracciabili dalle autorità di vigilanza della Sec, l’omologa Usa della Consob.

L’aspetto più rilevante è però un altro, ovvero la capacità di traino rappresentato proprio dalle nuove borse. Il successo di piattaforme innovative come Chi-X, Turquoise e Bats ha infatti stimolato la concorrenza delle piazze consolidate inducendo i principali mercati regolamentati ad innovare le loro piattaforme di negoziazione per accogliere la crescente domanda di scambi ultra rapidi. “Il Nyse, in particolare, per recuperare quote di mercato, ha adottato un sistema di trading automatizzato in grado di garantire performance migliori e, successivamente, ha acquisito uno degli Mtf concorrenti (Archipelago-Arca)” spiega il rapporto Consob. “Anche il Lse, ossia il mercato regolamentato europeo che ha subito maggiormente la concorrenza degli Mtf, ha adottato una strategia simile, annunciando l’adozione di un nuovo sistema di trading (Millennium) e acquisendo un Mtf concorrente (Turquoise)”.

Per rispondere alle innovazioni ci vorrebbe ora un forte piano regolamentare in grado di limitare gli eccessi speculativi del mercato a maggior ragione in un contesto di forte volatilità come quello attuale che si caratterizza per gli effetti persistenti della crisi finanziaria in generale e di quella dei debiti europei in particolare. Ma proprio questo, manco a dirlo, resta il punto più controverso. I regolatori di Usa ed Europa stanno studiando la questione ma un sistema collaudato di controllo del trading ad alta velocità è tuttora assente. Negli ultimi anni, ha rivelato in questi giorni il New York Times, le società dell’Hft operanti negli Usa avrebbero speso circa 2 milioni di dollari per finanziare le proprie attività di lobbying con l’obiettivo di contrastare le ipotesi di regolamentazione del mercato.

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