Accade a Bologna, oramai ex capitale della Movida, che i concerti musicali finiscono perfino alle 23. Venerdì scorso, 24 giugno, sera dell’inaugurazione al Botanique di via Filippo Re, c’è ospite Cristina Donà per proporre dal vivo il nuovo album Torno a casa a piedi. Il concerto inizia con un quarto d’ora di ritardo, alle 21e45, e si conclude inaspettatamente alle 23.

Sì, alle 23. Dopo nemmeno un’ora di ottima musica, perlopiù contrassegnata da un livello salottiero di amplificazione (76 decibel, ci risulta) e con tutt’attorno stabili vuoti di facoltà universitarie, il servizio d’ordine del Botanique stacca l’impianto.

Tutti a casa, c’è il coprifuoco. Bologna Estate 2011 propone anche questo.

All’insaputa del presidente del quartiere San Vitale, Milena Naldi (“a me risulta che i concerti in città finiscono alle 23e30”) e con la dichiarazione ufficiale di Lele Roveri, gestore del Botanique: “C’è purtroppo un’ordinanza demenziale dove è indicato che i concerti devono terminare alle 23, salvo quelli in deroga che possono essere massimo due a settimana e non consecutivi che possono finire alle 23.30. La nuova delibera della giunta porta a quattro i concerti settimanali in deroga ma non è ancora stata notificata al quartiere che rilascia la licenza”.

Lo vengo a sapere da voi. Io avevo firmato la delibera di giunta con le deroghe e solitamente la delibera è sovrana”, spiega l’assessore Ronchi, “è evidente che va verificata la trasmissione della delibera al quartiere San Vitale. Pensavo fosse già avvenuta, ma a quanto mi dite non è successo”.

E’ un cahiers de doleances quello che si spalanca per il neo assessore alla cultura bolognese: “stiamo cercando di mettere pezze ovunque, rincorrendo ogni intoppo o problema tecnico come questo. Siamo arrivati quando l’organizzazione di Bologna Estate 2011 era già stata conclusa dalla gestione del comune commissariata e ora regna l’anarchia totale per mancanza di un regolamento condiviso da organizzatori di eventi, istituzioni e residenti, da estendere a tutta la città”.

Soluzioni possibili? “Datemi tempo. L’estate in città va preparata a febbraio con un regolamento sul pubblico spettacolo che rispecchi l’esigenza di chi ascolta musica dal vivo, perché certi concerti rock hanno bisogno di una specifica amplificazione, e i residenti che in certi luoghi devono vivere. Un lavoro che può essere fatto in modo normale con tempi meno stretti e confusi”.

A Bologna lo stop alla musica dal vivo ad orari sempre più anticipati, sembra essere diventato una psicosi collettiva che soltanto a pochi chilometri di distanza viene vissuta con meno apprensione: “dobbiamo essere capaci di valorizzare la presenza di tutti quei giovani in maggioranza universitari, perché almeno fino a fine luglio Bologna è piena di fuorisede, che si riversano negli spazi all’aperto. La sera in cui c’era Santoro a villa Angeletti sono andato all’inaugurazione di Vicolo Bolognetti e c’erano 7-800 giovani, tutti tranquilli a bersi una birra e ad ascoltare musica. Voglio essere chiaro: per me queste persone sono un elemento della città da valorizzare”.

Poi certo un’occhiata alla sua Ferrara e al cartellone musicale di piazza Castello, Ronchi non può che darcelo: “il concerto di PJ Harvey è una data unica nel panorama italiano, ma anche i The National, i Beirut o Joanna Newsom. Cartellone di tutto rispetto e molta gente da Bologna va là a vederselo oltretutto pagando viaggio e biglietto d’entrata. Sfatiamo allora questo mito del concerto gratuito: se al Botanique va un artista che ha creato un’onda rock di rilievo nazionale chiedere cinque o dieci euro per entrare non è mica peccato”.

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