La fase di recupero dopo la crisi economica in Italia ha “frenato” dopo il primo semestre 2010. “La produzione industriale italiana è quasi ferma ai livelli dell’estate 2010”, con un +0,1% di crescita media mensile da luglio 2010 a marzo 2011, “e dista dal massimo pre crisi ancora molto, -17,5%”. Lo rileva il rapporto sugli scenari industriali del Centro Studi di Confindustria che sottolinea: “Il Paese rimane ad alta vocazione industriale ma spicca per la flessione dell’attività registrata nell’ultimo triennio (-17% cumulato), doppia o tripla di quelle delle maggiori concorrenti (peggio ha fatto solo la Spagna)”. I nostri imprenditori “devono essere tre volte più bravi degli altri” per sopravvivere “in un contesto competitivo così carente”, è il commento del direttore del centro studi, Luca Paolazzi.

“La crisi ha cambiato la mappa planetaria dell’industria manifatturiera” e in questo quadro dal 2007 al 2010 “l’Italia è rimasta schiacciata tra recessione violenta e ripresa lenta” ed è scesa “dal quinto al settimo posto al mondo”. Per forza industriale infatti l’Italia è stata “superata da India e Corea del Sud, avendo perduto 1,1 punti di quota”, ma resta al secondo posto in Europa dopo la Germania. Il Centro Studi di Confindustria avverte: con una quota del 3,4% della produzione manifatturiera globale, l’Italia “è ora a solo due incollature sopra il Brasile, che viaggia ad una velocità molto più sostenuta”. Secondo Paolazzi, “la crisi ha provocato delle conseguenze molto pesanti. In tre anni è successo ciò che sarebbe accaduto in un periodo più lungo. Siamo in presenza di una svolta storica, preparata e anticipata dai trend del decennio precedente. Le variazioni delle quote sulla produzione globale la testimoniano”. Tra il 2007 e il 2010 i paesi emergenti asiatici hanno conquistato 8,9 punti percentuali e sono saliti al 29,7% sul valore della produzione industriale mondiale. La sola Cina, spiega lo studio, “è al 21,7 (+7,6%) ed è ora saldamente prima”.

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