Roberto Drocchi aspirava al ruolo di capogruppo del Pd a Savona, ma è finito in manette

Le fatture false nascoste in un pallone aerostatico che volava sui cieli di Savona. È la nota di colore in un’inchiesta che invece dipinge una Liguria dai toni sempre più cupi. Doveva diventare il capogruppo del Pd a Savona. A tre giorni dalle elezioni comunali invece è finito in manette. Non poteva andare peggio a Roberto Drocchi. E anche al Partito Democratico.

Ma non è soltanto l’arresto ad aver portato un terremoto in Riviera. Sono anche le circostanze in cui è maturato. E le accuse. La Procura di Savona ha indagato Drocchi per corruzione. Insieme con lui ha arrestato altre tre persone, tra cui Pietro Fotia, un imprenditore originario di Africo (Reggio Calabria) di cui da tempo in città si discute molto per la sua vertiginosa ascesa nel settore dei movimenti terra, per i tanti appalti che riceve dagli enti pubblici locali. Non solo: in casa del fratello Donato Fotia (anch’egli indagato, anche se il gip ha respinto la richiesta di arresto nei suoi confronti) il 22 dicembre scorso gli investigatori calabresi avevano arrestato un commerciante indagato per associazione a delinquere (in quell’inchiesta Fotia non è indagato).

Insomma, gli ingredienti per far esplodere la “questione morale” nel Pd savonese e ligure ci sono tutti. A tre giorni dalle elezioni che si annunciano combattute, nonostante da queste parti il centrosinistra abbia sempre fatto il bello e il cattivo tempo. Anche perché i cittadini sono stati scossi leggendo le accuse mosse ai quattro arrestati. E a Drocchi, che di lavoro fa il dirigente ai Lavori Pubblici nel comune di Vado, importante centro della provincia di Savona. Scrive il gip: “Donato e Pietro Fotia, della società di scavi Scavoter, effettuavano elargizioni di denaro in favore di Roberto Drocchi capo settore Lavori Pubblici del Comune di Vado Ligure e legale rappresentante della squadra di Basket Riviera Vado Basket in cambio del compimento da parte del pubblico ufficiale di più atti contrari ai propri doveri di ufficio consistiti nell’aggiudicazione alla Scavoter di appalti in assenza dei presupposti di legge”.

La storia parte da una banalissima verifica fiscale. E al centro di tutto ci sono la società di basket di cui Drocchi era dirigente e le fatture, “false” secondo la Procura: la Scavo Ter dei fratelli Fotia versava dieci volte tanto quello che la squadra riceveva dal principale sponsor, la Tirreno Power (non toccato dall’inchiesta). Le ricevute, secondo i pm, sarebbero state preparate in tempo reale da un commercialista mentre cominciavano gli accertamenti della Finanza. Un po’ perché gli arrestati volevano evitarsi guai fiscali, un po’ forse anche perché – avrebbero accertato gli investigatori – un ispettore di polizia ha avvertito il gruppo delle indagini. E poi, come in una commedia di costume, ci sono le classiche buste: tre, ricevute dal consigliere comunale del Pd (e, appunto, dirigente del vicino comune di Vado) davanti alle telecamere piazzate dalla Procura di Savona.

Drocchi, secondo l’accusa, collaborava molto strettamente con gli imprenditori: al punto che negli uffici della Scavo Ter gli investigatori avrebbero addirittura sequestrato una lista completa dei prossimi appalti di Vado Ligure. Un elenco di cui nemmeno il sindaco di Vado era a conoscenza.

Un impegno molto ben remunerato, secondo i pm, che parlano di centinaia di migliaia di euro intascate dalla società sportiva. E qui, per gli elettori savonesi si aggiungono altri “dettagli” non graditi, anche se totalmente estranei alle indagini: il principale sponsor ufficiale della squadra di basket del candidato Pd è la Tirreno Power, colosso dell’energia che vorrebbe raddoppiare una centrale a carbone alle porte di Savona. Un progetto contestatissimo dalla città, le cui sorti potrebbero essere decisive anche per le elezioni.

Ripetiamo: Tirreno Power non c’entra in alcun modo nelle indagini. Tutt’altra storia. Ma lo stesso quella sponsorizzazione del colosso dell’energia alla squadra del candidato Pd ha fatto storcere il naso a molti. Il nodo della questione, però, è un altro: l’arresto del candidato. E gli appalti pubblici, soprattutto quelli relativi al movimento terra.

Da anni Christian Abbondanza, della Casa della Legalità, ha sollevato la questione sul suo sito blog: “Bisogna fare chiarezza – chiede Abbondanza – sugli appalti per i movimenti terra soprattutto relativi ai porticcioli (di cui si stanno occupando altre procure del Ponente) e sulle bonifiche. Gli enti pubblici di tutta la Liguria, non importa se di centrosinistra o centrodestra, scelgono spesso le stesse aziende senza compiere accertamenti adeguati. Piccole società sono diventate colossi grazie agli appalti pubblici. Alcune appartengono anche a famiglie citate nei rapporti della Direzione Investigativa Antimafia (i fratelli Fotia, va detto, non sono indagati per associazione a delinquere, ndr)”.

Abbondanza propone al Pd: “Sia istituita una commissione indipendente per verificare i rapporti finanziari dei propri candidati e amministratori e i contributi ricevuti dal partito, da comitati elettorali e associazioni a partire almeno dal 2005. A livello regionale e in ogni provincia”.

Denunce e proposte cadute nel vuoto. Anzi, Christian Abbondanza e la sua Casa della Legalità sono sempre stati oggetto di attacchi durissimi da parte di tutti i partiti, soprattutto dai vertici del Partito Democratico ligure.

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