Bambina su uno skateboardImmaginando folli atti individuali e collettivi, capaci di trovare risposta e di indicare anche possibili e inimmaginabili percorsi. Come il provare tenerezza per la paura che produce arroganza in quel povero Roberto, sì Roberto Calderoli, che se fosse nato altrove si sarebbe potuto chiamare Bob o indifferentemente Mustafà. Gli manderò un regalo, il prossimo Natale o alla sua prossima Crociata. L’opera completa di un altro Bob, menestrello e poeta di intere generazioni, bisognose di tenersi lontano dalle disabilità affettive.
E saltando solo apparentemente di palo in frasca.

Vi ricordate quando qualcuno, per superare una vostra momentanea rabbia, allungava verso di voi un cucchiaio di semolino condito con olio e/o burro e una generosa quantità di parmigiano sciolto dentro, cantilenando “Ecco un aereo carico carico di…”? Ed erano immaginari balocchi che volavano verso la vostra bocca nuovamente aperta e sorridente. Pantagruelici fantasiosissimi dolci, o tutto ciò che suscitava in me stupito e meravigliato interesse. Volavano verso di me per raccontarmi l’impossibile.

No, non vi ricordate, come io non mi ricordo. Mi è stato raccontato e non ho motivo di non crederci perché ho rifatto quel gesto ai miei figli. L’ho fatto con le banane affettate e condite con limone e zucchero, idem con le pesche o con le fragole vere spaccate e lasciate riposare per una mezza giornata con la metà del loro peso in zucchero, condendo poi panne montate con le medesime infradiciando il tutto con il dolcissimo e rossissimo liquido che si viene a formare in conseguenza della loro parziale macerazione. L’ho fatto e continuo a farlo, in famiglia con i miei nipoti, con i semolini, con le pastine, con il primo cannolo alla siciliana e con un pezzetto di panettone infradiciato di latte freddo.

Forse è per questo che ho un intimo e incoffessato convincimento, trasformare tutto il denaro necessario per costruire bombe per bombardare di ogni delizia i presupposti nemici. L’ho pensato per Bagdad e per Sarajevo, per Kabul e per tutta la Libia. Ho pensato ad aerei carichi di ogni ben di Dio, di biciclette rosse fiammanti, di skateboard, di chicche e carboni zuccherati, di cosci d’agnello farciti di scorze di limone e carciofi già pronti per la cottura nei loro spiedi. Ho visto con la fantasia milioni di panettoni esplodere con gli zibibbi e i colorati canditi, certo così che ogni guerra sarebbe velocemente vinta da tutti, con felici bombardati e felicissimi bombardanti. Ogni dittatore, rosso di vergogna, cercherebbe nella fuga di sparire agli occhi del mondo. Bombardamenti emotivamente vincenti, lontanissimi dall’idea di offrire la guancia a che ti dà uno schiaffo per andare oltre, obbligandolo a mangiare un gelato. Magari un iraniano gelato ai petali di rosa.

Foto di Jacob Simkin

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