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Giustizia, relazione ddl: superare soggettivismo pm

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Operare una ”chiara distinzione dei ruoli” che spettano alla polizia giudiziaria e alla magistratura, in particolare quella inquirente, con l’obiettivo di “superare definitivamente” il soggettivismo del pubblico ministero. E’ quanto viene spiegato nella relazione di 20 pagine di accompagnamento alla riforma costituzionale della Giustizia inviata oggi al Quirinale, in riferimento alla modifica all’articolo 109 della Costituzione per cui si prevede che giudice e pm possano disporre della polizia giudiziaria “secondo modalità stabilite dalla legge”.

Le “prassi soggettivistiche” del pm avrebbero comportato che, “attraverso la libera ricerca della notizia di reato e la diretta disponibilità della polizia giudiziaria”, il singolo magistrato ora disponga degli “strumenti investigativi (inclusi quelli più invasivi, complessi e costosi), senza doverne commisurare l’utilizzo ai criteri predeterminati di esercizio dell’azione penale e senza tener anche conto delle risorse, necessariamente limitate, dell’organizzazione giudiziaria”. A tale proposito, la relazione cita anche Giovanni Falcone e la necessità da lui indicata di “razionalizzare e di coordinare l’attività del pubblico ministero finora resa praticamente irresponsabile da una visione feticista dell’obbligatorietà dell’azione penale e della mancanza di efficaci controlli sulla sua attività”.

La distinzione dei ruoli di polizia e magistratura è così spiegata, nella scheda di accompagnamento inviata al Quirinale: alla polizia giudiziaria dovrà “essere riconosciuta piena autonomia nell’attività di preinvestigazione, che tende a verificare l’’esistenza e l’evoluzione dei fenomeni criminali e che consiste nel ricercare e acquisire liberamente le notizie di reato attraverso ogni strumento di conoscenza e di osservazione della realtà (ad esempio, la conoscenza diretta del fatto, la confidenza privata, l’informazione giornalistica, il fatto notorio”. All’ufficio del pubblico ministero, invece, spettano “le attività di carattere processuale relative alla valutazione dei risultati di investigazione, alle richieste da presentare al giudice, all’esercizio dell’azione penale, alla funzione di accusa nel dibattimento”.

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