Il quartier generale della Fiat non verrà trasferito a Detroit. Lo ha assicurato l’ad di Fiat Sergio Marchionne al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, nel corso di un colloquio telefonico. “Il dottor Marchionne – si legge in una nota del ministero – ha spiegato il senso delle ipotesi formulate con esclusivo riferimento a futuri e possibili, ma assolutamente non decisi, assetti societari, senza alcun riferimento nè per l’oggi nè per il domani a una diversa localizzazione delle funzioni direzionali e progettuali della società”.

La telefonata è arrivata dopo lo ‘strappo’ di Marchionne, che ieri ha ipotizzato lo spostamento della sede della Fiat, e quindi della ‘testa’ del gruppo, a Detroit. Parole che hanno innescato le reazioni di tutte le parti in gioco. A partire dalla Cgil e dalla Fiom. ”Il governo convochi Marchionne e si discuta finalmente del piano industriale della Fiat – ha detto il segretario della Cgil Susanna Camusso -. Mi pare che le dichiarazioni di Marchionne confermino tutte le perplessità che avevamo: non possiamo che continuare a chiedere che il governo faccia una volta tanto il proprio mestiere. Bisogna parlare di cose vere, non solo di come trattare male i lavoratori”.

Secondo il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, “c’è una ragione in più per rivendicare l’apertura di una vera trattativa con la Fiat. E aumentano le ragioni perché si vada a mettere in campo una azione generale di mobilitazione”.

Anche dal governo, questa volta, è arrivata una sostanziale richiesta di chiarimento. All’amministratore delegato della Fiat “chiediamo la garanzia di un trasparente e continuo confronto con le istituzioni e le parti sociali”, ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che però aggiunge: “Una vaga ipotesi non è una decisione. E non può quindi dar luogo al solito festival delle Cassandre. Ma – ha avvertito – una cosa è certa: l’Italia tutta, nelle sue componenti istituzionali come in quelle sociali prevalenti, si è guadagnata il diritto a conservare funzioni direzionali e progettuali”.

Allo Sviluppo economico, intanto, il ministro Paolo Romani si prepara a chiedere chiarimenti a Marchionne ‘vis a vis’. L’incontro è previsto per la prossima settimana nel quadro delle procedure fissate in vista della firma dell’accordo di programma per Termini Imerese, fissata per il 16 febbraio. Ma sarà l’occasione per un confronto sul futuro di Fiat, andando ben oltre la contingenza legata allo stabilimento siciliano.

All’atteggiamento del governo e alle scelte di Marchionne guarda con toni fortemente critici l’opposizione. Il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, si è rivolto direttamente al manager: “Vuoi dirci precisamente cosa sta succedendo a proposito delle prospettive della Chrysler? Noi per il 150 ° dell’Unità d’Italia dobbiamo aspettarci il regalo a Torino e all’Italia di diventare la periferia di Detroit? Non siamo d’accordo e vogliamo qualche risposta”. In tutto questo, aggiunge Walter Veltroni, “il governo non interviene. In quale altro paese al mondo succede una cosa del genere? Il governo ha il dovere di scendere in campo”. Altrettanto duro il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro: l’ipotesi di Marchionne “costituirebbe una gravissima operazione di depauperamento industriale per il nostro Paese. La Fiat continua a vivere di denaro pubblico e risorse finanziarie italiane, ma a differenza del passato, li sta utilizzando per spostare la testa dell’azienda in Usa e la produzione nei paesi low cost”.

Preoccupazione anche da chi, come il sindaco Pd di Torino Sergio Chiamparino, ha sempre assicurato una buona apertura di credito nei confronti di Marchionne: “Mi riservo di approfondire, di chiedere subito un faccia a faccia con il presidente del Lingotto e con lo stesso ad”, ha affermato il sindaco, secondo cui sarebbe ”inaccettabile”, anche se l’azienda è “multinazionale”, che “il quartier generale dell’Europa venisse cancellato”.

(l. f.)

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