Dovevano essere tre giorni. Poi, qualche giorno fa la scadenza è stata spostata a Natale. Oggi invece, mentre Gianni Letta dava rassicurazioni sulla volontà di ripulire Napoli entro Capodanno, il premier prometteva l’impossibile: l’emergenza sarà definitivamente archiviata entro “pochi mesi” grazie ad una sua nuova “discesa in campo”. Risultato ad oggi: non è cambiato niente, e le festività sono trascorse con la città intasata di rifiuti inzuppati di pioggia.

Ma torniamo indietro alla prima dichiarazione: il 22 ottobre il premier certificò: “In dieci giorni ripuliremo Napoli”. Sei giorni dopo, il 28 ottobre, in una conferenza stampa in un’angusta saletta attigua al termovalorizzatore di Acerra, Berlusconi garantì che in tre giorni avrebbe ripulito tutto. In quel periodo Terzigno era stretta nella morsa di violente proteste contro l’apertura di una seconda discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio. Una rivolta finita sulle prime pagine di tutto il mondo: molotov, cariche della polizia, camion in fiamme, arresti. Mentre Napoli e provincia si coprivano di monnezza che non si sapeva dove portare.

Il 2010 era iniziato con la Campania liberata per legge da 16 anni di emergenza e commissariamento. La rappresentazione plastica della Grande Vittoria del Premier Silvio Berlusconi, dopo lo spot della presidenza del consiglio dei ministri, recitato dall’amica del Cavaliere, Elena Russo, a simboleggiare il capoluogo partenopeo finalmente affrancato dalla morsa soffocante dei sacchetti neri.

Invece quello che sta per concludersi è stato l’anno del ritorno della monnezza. Che di fatto non se n’era mai andata: era solo stata momentaneamente messa sotto il tappeto. Pochi granelli di sabbia, intoppi facilmente prevedibili, e il meccanismo si è inceppato, i limiti della legge Berlusconi-Bertolaso si sono disvelati, il piano per risolvere definitivamente il problema dello smaltimento dei rifiuti in Campania è fallito. Tra inceneritori funzionanti a singhiozzo, o fermi al palo, discariche vicine all’esaurimento, rivolte delle popolazioni. Ecco la cronaca di un annus horribilis. L’ennesimo.

1 gennaio 2010. Il ministero dell’Interno scioglie tre comuni del casertano perché non hanno saputo fare la raccolta differenziata. Si tratta di Maddaloni, Castelvolturno e Casal di Principe.

8 gennaio 2010. Il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, che di lì a poco si candiderà invano alla presidenza della Campania per il Pd, contesta la provincializzazione del ciclo dei rifiuti prevista dalla legge che conclude l’emergenza e dichiara: “Si sta preparando un autentico disastro, una nuova emergenza rifiuti”. Avrà ragione.

21 gennaio 2010. Napoli è sufficientemente pulita, ma la differenziata non decolla. L’Asìa, la municipalizzata dei rifiuti, annuncia che non può avviare il porta a porta nei quartieri di Scampia e dei Colli Aminei. Motivo: “Oggettive difficoltà finanziarie”, spiega l’ad di Asìa, Daniele Fortini.

16 febbraio 2010. Nuove tensioni a Chiaiano, che ospita la discussa e contestata discarica di Napoli: i militari bloccano un camion che stava per sversare rifiuti radioattivi. Si scopre che trasportava iodio 131, sostanza utilizzata per i tumori alla tiroide, e che già tre camion erano stati fermati nei mesi precedenti per lo stesso motivo.

4 marzo 2010. La Corte Europea di Giustizia condanna l’Italia per il disastro rifiuti in Campania, concludendo così una procedura di infrazione aperta due anni prima con il congelamento di 500 milioni di fondi europei. L’Italia, si legge nella sentenza, “ha messo in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all’ambiente”.

15 marzo 2010. Prime avvisaglie del ritorno dell’emergenza rifiuti. Le province di Caserta e Napoli sono assediate dai sacchetti neri rimasti in strada per gli scioperi e le proteste dei 1268 lavoratori del consorzio unico che reclamano due stipendi arretrati e bloccano i cdr e le discariche. La contestazione si scatena in prossimità dell’arrivo di Silvio Berlusconi a Napoli, atteso per un comizio in sostegno al candidato Governatore del Pdl Stefano Caldoro. Secondo Roberto Saviano la coincidenza è sospetta: “Se un politico come Cosentino, indagato per i rapporti con i casalesi, gode di un tale ascolto a Roma è perché ha un’arma puntata alla tempia del governo: l’immondizia. Se vuole, può di nuovo riempire la regione di rifiuti”. L’emergenza durerà diversi giorni. Si rivelano i primi limiti del piano spazzatura del governo, che si fonda su equilibri fragili.

Aprile 2010. La Provincia di Napoli aumenta dell’8% la Tarsu. L’anno prima il Comune di Napoli l’aveva raddoppiata dopo la scelta del governo di far ricadere l’intero costo del servizio sugli enti locali. Costi altissimi, servizi pessimi.

Maggio 2010. Riprendono nell’area tra Terzigno e Boscoreale le proteste dei comitati contro la paventata apertura di Cava Vitiello, la seconda discarica nel Parco Nazionale nel Vesuvio, a poca distanza da Cava Sari, già attiva da un anno, che assorbe parte dei rifiuti di Napoli e gran parte della spazzatura della provincia. Cava Vitiello, 3 milioni e 600mila metri cubi, è tra le dieci discariche campane individuate nel piano Berlusconi-Bertolaso, legge dello Stato. Dovrebbe diventare il più grande sversatoio d’Europa. In una manifestazione nell’Ente Parco, il sindaco di Terzigno Domenico Auricchio, pidiellino e amico di Berlusconi, annuncia: “Combatterò come un leone contro l’apertura di Cava Vitiello”. Ma viene subissato dai fischi e costretto ad abbandonare il palco.

13 maggio 2010. Il parlamentare Pdl Gaetano Pecorella, presidente della commissione sui rifiuti, fa a pezzi il piano Berlusconi-Bertolaso: “A Napoli c’è il rischio di una nuova crisi rifiuti, ci troviamo in una situazione da disastro ambientale. Vi è un problema economico del Consorzio unico di Napoli e Caserta, c’è gente in esubero che ha bisogno però di lavorare, poi ci sono i debiti dei comuni sui quali c’è un’attenzione della magistratura. Abbiamo anche un problema di esaurimento di un’unica discarica in funzione e soprattutto non sono stati avviati i lavori per il termovalorizzatore. Nell’ultimo anno poco è cambiato”. L’allarme viene minimizzato dagli stessi ambienti pidiellini dai quali proviene.

16 giugno 2010. Basta lo sciopero di un giorno dei netturbini e Napoli si sveglia con oltre 1000 tonnellate di spazzatura per le strade. Fioccano le disdette dei tour operator. Per riportare la città alla normalità ci vorrà qualche giorno.

Luglio 2010. Col caldo i miasmi provenienti dalla discarica di Terzigno diventano insopportabili. I cittadini si lamentano: “Siamo costretti a non uscire di casa”. E’ la scintilla che farà scoppiare nei mesi successivi la durissima protesta dei comitati locali.

21 luglio 2010. Tornato a Napoli per testimoniare al processo Bassolino-Impregilo, sette mesi dopo la fine della sua gestione commissariale, Guido Bertolaso dice “di aver trovato Napoli ordinariamente sporca”. L’ad di Asìa, Fortini, risponde: “Roma lo è molto di più”.

20 settembre 2010. Napoli è di nuovo sommersa dai rifiuti. Colpa, secondo Bertolaso “di problemi di raccolta legati alle difficoltà dell’azienda comunale”.

21-22settembre 2010. Nella notte scoppia la rivolta di Terzigno. Durerà settimane. I ribelli danno alle fiamme 13 autocompattatori diretti verso la discarica di Cava Sari. La tensione esplode in gesti di violenza dopo la pubblicazione, goccia che fa traboccare il vaso, di un articolo su Il Mattino che dà per certa l’apertura della seconda discarica di Cava Vitiello. La rotonda di via Panoramica, al confine tra Terzigno e Boscoreale, e lo spiazzo del Rifugio a Terzigno diventano i luoghi simbolo della lotta. Nei primi giorni i sindaci del comprensorio si associano alle proteste, sia pure prendendo le distanze dai violenti. Anche la Curia di Nola assumerà posizione contro la discarica. Il Vescovo parteciperà a un corteo. Nei giorni successivi carabinieri e poliziotti arriveranno in massa. E caricheranno i manifestanti che nella notte provano ad ostacolare o bloccare il passaggio dei camion. Il sindaco di Boscoreale Gennaro Langella inizia lo sciopero della fame, che termina quando riesce ad ottenere un incontro con i vertici della Provincia di Napoli. Anche a Napoli iniziano gli assalti ai mezzi della raccolta. La spazzatura non viene più presa per andare in discarica, o non riesce a raggiungere gli invasi. Resta nelle strade.

24 settembre 2010. Guido Bertolaso tuona: “Cesaro deve aprire Cava Vitiello, lo dice la legge e la legge va rispettata. La magistratura indaghi su alcune situazioni sospette atte a destabilizzare una realtà che funziona”. Non tutto in verità fila per il verso giusto. L’inceneritore di Acerra funziona a singhiozzo, come denuncia ripetutamente il consigliere provinciale di opposizione Tommaso Sodano. E sbucano le carte di un collaudo di luglio del quale pochissimi sapevano qualcosa. Le procure di Napoli e Nola discutono della competenza delle inchieste sull’impianto realizzato da Impregilo.

27 settembre 2010. I sindaci del vesuviano occupano per protesta la Provincia di Napoli. Vogliono un no chiaro alla discarica di Cava Vitiello. Non lo avranno.

29 settembre 2010. Il sindaco di Terzigno, Domenico Auricchio, assicura: “Berlusconi mi ha detto che Cava Vitiello non aprirà più”. E invita a stappare lo spumante.

Ottobre 2010. Napoli e provincia sono piene di rifiuti che tra proteste, scontri e impianti mal funzionanti o in via di esaurimento non si sa dove smaltire.

17 ottobre 2010. Ancora violenze a Terzigno. Bruciati diversi camion. Si susseguono notti di scontri e di cariche delle forze dell’ordine. A Napoli 1100 tonnellate di rifiuti per strada. Un poliziotto, consigliere comunale di Boscoreale, denuncia in un’intervista al sito web del Fatto Quotidiano : “Dai miei colleghi violenze gratuite e ingiustificate contro dimostranti inermi”.

22 ottobre 2010. Sulla crisi rifiuti a Napoli finalmente parla Silvio Berlusconi, lanciando date e scadenze: “In dieci giorni sarà tutto a posto”. Intanto manda nel capoluogo partenopeo Guido Bertolaso e la Protezione Civile, con il compito di rimettere ordine nel caos e trattare con le amministrazioni e le popolazioni locali.

28 ottobre 2010. Napoli è sempre sporca. Berlusconi è ad Acerra per visitare il termovalorizzatore e fare il punto sulla situazione. In conferenza stampa promette: “In tre giorni ripuliremo Napoli”. E annuncia la costruzione di un ulteriore termovalorizzatore oltre a quelli già previsti di Salerno e Napoli Est. Servirà a bruciare i 6 milioni di ecoballe stoccati da anni nel giuglianese.

29 ottobre 2010. Nuovo blitz di Berlusconi nel napoletano. Dopo un lungo vertice coi sindaci vesuviani, il premier cancella Cava Vitiello e la salerninana Serre dal piano discariche. I sindaci esultano, i comitati un po’ meno: nessuna garanzia sulla chiusura di Cava Sari a Terzigno, che comunque riceve solo la spazzatura dei 18 comuni della zona rossa. Napoli non sversa più qui e deve arrangiarsi tra Chiaiano e gli stir. E’ sempre emergenza.

31 ottobre 2010. La protesta si trasferisce a Giugliano. Violando un accordo di due anni prima sottoscritto dal governo Berlusconi e dal sindaco, il presidente Pdl della Provincia di Napoli Luigi Cesaro ordina la riapertura della piazzola 12 dell’impianto di Taverna del Re, affinché vi vengano conferiti i rifiuti di Napoli. I manifestanti provano a più riprese a impedire il passaggio dei camion, anche qui per giorni proseguiranno scontri con le forze dell’ordine, di lieve entità rispetto a quelli di Terzigno, dove nel frattempo sono riprese le manifestazioni. La Procura di Napoli apre un’inchiesta sulla riapertura di Taverna del Re.

11 novembre 2010. L’Arpac rende pubblici i risultati delle analisi delle falde acquifere di Cava Sari a Terzigno, effettuate insieme a tecnici di fiducia delle amministrazioni comunali. Evidenziano tracce di metalli pesanti, sostanze pericolose e cancerogene. Ma l’inadeguatezza dei sondaggi effettuati non permette di stabilire un nesso causa-effetto tra l’attività di discarica e l’inquinamento delle falde. Riesplode la protesta dei comitati cittadini. I sindaci, accusati di non chiedere l’immediata chiusura dello sversatoio, vengono duramente contestati durante un’assemblea nella sede del Parco del Vesuvio.

15 novembre 2010. Napoli è allo stremo, colma di spazzatura: 3500 tonnellate per le strade, 10000 calcolando quella dimenticata nelle città vicine. Pecorella torna a parlare di “rischio di disastro ambientale”. Il Governatore Caldoro firma un provvedimento che autorizza i conferimenti fuori provincia. A Terzigno ancora tensioni e ritrovamenti di ordigni.

21 novembre 2010. Ci sono 3000 tonnellate di rifiuti quando a Napoli arrivano gli ispettori dell’Unione Europea. Che sentenziano: “In un anno non è cambiato niente”. E si temono epidemie. Di fronte al disastro il governo Berlusconi ha prodotto un nuovo decreto che non è un piano: cancella tre discariche (Cava Vitiello, Serre e Andretta) ma nulla dice su come smaltire alternativamente la spazzatura.

23 novembre 2010. Berlusconi telefona a Ballarò e se la prende con il conduttore Giovanni Floris: “Sui rifiuti quando sono intervenuto ho risolto i problemi”. Il premier precisa che quando parlava dei ‘3 giorni’ ad Acerra si riferiva ai miasmi di Terzigno, che, dice, sarebbero stati eliminati. Quindi attacca la trasmissione. “Siete dei mistificatori”. E riattacca. Ma la puzza a Terzigno si avverte ancora adesso.

Fine novembre 2010. Berlusconi chiama i sindaci delle principali città italiane chiedendo aiuto per la risoluzione dell’emergenza rifiuti a Napoli. In pratica: l’uso delle loro discariche o l’invio di mezzi e personale per la raccolta straordinaria. Qualcuno accetta, qualcuno no.

1 dicembre 2010. Si sparge la voce che alcuni calciatori rifiuterebbero il trasferimento al Napoli perché preoccupati per l’emergenza rifiuti.

4 dicembre 2010. Intervendo al telefono durante una convention politica a Napoli, Berlusconi proclama: “Siamo in grado di poter riportare Napoli al suo doveroso splendore nel giro di qualche giorno”. Poi prova a convincere, invano, il sindaco di Serre a riaprire l’invaso di Macchia Soprana, con l’ok di Provincia di Salerno e Regione Campania. Ma il sindaco, Palmiro Cornetta, dice no. Serre, peraltro, era stata di nuovo esclusa dal piano discariche appena poche settimane prima, per decreto (anche se riguardo a un altro sito, ricompreso nello stesso comune).

8 dicembre 2010. Nuovi scontri a Terzigno. Bruciati alcuni camion.

20 dicembre 2010. Napoli è sempre colma di rifiuti. La ripulitura entro Natale è ormai impossibile. Viene definito in Provincia un accordo per trasferire una porzione della spazzatura napoletana in Spagna, ma avrà effetto solo a partire dal 2011. Intanto i grandi alberghi del lungomare denunciano il 70% di camere invendute. L’ad di Asìa, Daniele Fortini, interviene duramente: “La Regione Campania potrebbe smaltire un milione di tonnellate al giorno. Ma il capoluogo viene lasciato con l’immondizia in strada a Natale. Non parliamo di emergenza. Questa è una scelta politica”. “La situazione è gravissima e se non si metterà a punto un piano di raccolta straordinaria, i cittadini trascorreranno il Natale con i rifiuti, tanti, sotto casa” dichiara l’ assessore all’Igiene Urbana del Comune, Paolo Giacomelli, che chiede “di conferire i rifiuti negli impianti sia della provincia che in altre province”. Ma l’assessore regionale all’Ambiente Giovanni Romano replica: “La situazione è critica solo per colpa di chi gestisce il Comune e la sua Società”. Giacomelli: “Non è così e ci tuteleremo in sede legale”. Mentre le istituzioni litigano su chi ha ragione e chi ha torto, il Natale di Napoli e della provincia viene festeggiato nel segno dei sacchetti neri. Beffa finale: gli impianti stir non lavorano a Natale, deve intervenire l’esercito per sgomberare le strade dalla monnezza abbandonata. Buon anno.

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