Ci sono almeno un paio di generazioni, per ora, che hanno di fronte un futuro da vecchie e vecchi poveri, perché non avranno una pensione dignitosa. Come se non bastasse, già adesso si vedono sottratte quote rilevanti del proprio salario differito. È la situazione dei circa 200 mila precari che ogni anno sostengono la scuola pubblica, che hanno diritto a richiedere – secondo i precedenti di numerose sentenze – gli stipendi di luglio ed agosto, gli scatti di anzianità, un risarcimento danni, e tutte le differenze retributive, dopo tre anni di contratto a tempo determinato al 31 agosto. Solo la voce “scatti” corrisponde al 2,5 per cento della posizione stipendiale iniziale, a partire dal terzo anno di servizio prestato in poi. Mica paglia.

L’assurdità è che questo è tanto poco risaputo quanto ben fondato da numerose sentenze favorevoli. Ecco qualche esempio:

1 . Livorno, 13 gennaio 2010: il Tribunale con sentenza n. 1222/2009 riconosce gli scatti retributivi di anzianità dall’inizio del rapporto di lavoro a tempo determinato con relativa condanna dell’amministrazione al pagamento della somma.

2 . Salerno, 14 luglio 2010: il Tribunale con sentenza n. 3651 riconosce gli “scatti biennali” anche ai precari. La causa era stata intentata da un docente con dieci anni di precariato sulle spalle durante i quali, pur facendo lo stesso lavoro di un collega di ruolo, percepiva lo stipendio iniziale: un precario costa circa 8.000 € in meno di un lavoratore in ruolo…

3 . Verona, 16 novembre 2010: una sentenza del giudice del lavoro ha accolto il ricorso presentato da 27 docenti precari che si erano visti negare gli scatti d’anzianità. Uno di loro, in servizio da 21 anni, rileva in particolare quanto incide la voce non solo sulla paga ma anche sui contributi per la pensione.

4 . Siena, sentenza n. 699/2009: il giudice Diego Cammarosano di fronte ad una reiterazione di 6 contratti a tempo determinato, innovando in materia, ha addirittura imposto la trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, in attuazione della direttiva europea 1999/70/CE relativa alla funzione sociale del contratto di lavoro a tempo indeterminato e il divieto di utilizzo continuativo del contratto a termine come strumento di “precarizzazione” del mercato del lavoro.

5 . Brescia, 6 ottobre 2010, ricorso n. 87/10: il Tribunale stabilisce che una docente ha diritto alle differenze retributive (stipendi di luglio e agosto) per gli ultimi 5 anni in cui ha lavorato come precaria. Come la Corte ha scritto nella sentenza, “è pacifico che il ricorso alla contrattazione a tempo determinato reiterata è il risultato di una scelta programmatica dell’amministrazione. Il Ministero, infatti, formula ogni anno delle scelte relative al numero di immissioni in ruolo da effettuare…”.

6 . Treviso, 22 settembre 2010: la sentenza n. 687/2009 riconosce il diritto alla ricostruzione di carriera compresi gli arretrati per i precari.

L’elenco potrebbe continuare, ma ci fermiamo qui. L’accondiscendenza dei sindacati di fronte ad una situazione che dura da anni è imbarazzante – come imbarazzante è la frenesia con cui oggi, di fronte alla scadenza imposta dal collegato lavoro (chi non fa ricorso entro il 24 gennaio rinuncia per sempre ai propri diritti), gli stessi sindacati si affannano a offrire sostegno nei ricorsi, ovviamente dietro congruo tesseramento.

Un suggerimento: invece di lagnarsi, agire (è facile, basta una semplice lettera). Ma in fretta: dopo il 23 gennaio 2011 non sarà più possibile rivendicare questi diritti. Non si tratta di fare causa subito, ma di interrompere la decadenza, una sorta di “prescrizione” o condono tombale per chi ha abusato di lavoro precario. Com’è che se un ladruncolo mette le mani su un portafoglio in tanti invocano le pene più tremende, mentre su questi furti legalizzati tutti tacciono?

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