Le parole delle donne restano spesso inascoltate. A volte, direi, meritatamente come quando sono piene di rabbia e prive di senso alcuno come quelle di personaggi come Sarah Palin, Sharron Angle, Christine O’Donnel, tanto per restare nel paese dove ora vivo.

Ci sono parole, però, che arrivano da donne forti a prescindere, forti anche nel loro non farne bella mostra, nel loro mostrarsi addirittura fragili e incerte se possibile. Ci sono le parole di Maria Shriver, la First Lady della California, la moglie del governatore Arnold Schwareznegger, figlia di Eunice Kennedy, un cognome che, come sempre quando si tratta dei Kennedy, accompagna una vita non comune. Maria Shriver per la settima volta è intervenuta alla “Conferenza della donne“ in qualità di ospite con un discorso che ha commosso e entusiasmato. E’ stato un discorso di “arrivederci” perché dal prossimo anno, Maria non sarà più la First Lady, un ruolo che, come lei stessa ha ricordato, le era stato difficile accettare. “Ho iniziato il lavoro di First Lady, lamentandomi di tutto. Lamentandomi per aver perso il mio lavoro alla NBC. Piagnucolando perché non volevo essere chiamata First Lady. Credendo di morire al solo pensiero che mi avrebbero chiesto di tagliare un nastro da qualche parte. Scoppiando a piangere quando qualcuno mi informò che era mio compito disegnare gli ornamenti natalizi per la casa del governatore”.

Maria Shriver non era stata una supporter della scelta di suo marito, conosciuto per i suoi muscoli hollywoodiani più che per le sue capacità oratorie, di candidarsi al governo della California, per di più fra le fila repubblicane, un insieme abbastanza “esplosivo” per una Kennedy. Eppure Maria, guardando il meno repubblicano dei governatori repubblicani, suo marito Arnold, seduto in prima fila, ha ammesso “sebbene con difficolta’“ di essere felice che, per una volta, i suoi consigli siano stati inascoltati, “perché non ho mai visto Arnold così soddisfatto e dedicato al suo lavoro”. Parlando ad un parterre di ospiti eccezionali, dalla First Lady, Michelle Obama, a Jill Biden, Ophra Winfrey, Robert Redford, Sally Field, Laura Bush e Jane Fonda, tanto per citarne qualcuno, Maria Shriver, ricordando la vita di sua madre e quel momento in cui, per ore, seduta vicino alla sua bara, ha atteso che le parlasse per indicarle il passo successivo da compiere, ha nel suo amabile modo e “a parole sue”, dato a tutti i presenti una splendida lezione di emancipazione. “Va bene non sapere quale sarà il passo successivo”. Ecco cosa sentì Maria Shriver, mentre attendeva che sua madre le parlasse. Ecco cosa le arrivò dal profondo di sè stessa. Ecco la sua “lezione” alle donne e agli uomini. L’importanza della capacità di accettare i propri limiti e le proprie incertezze e di trasformare quelle stesse in una sfida, quella di chi raccoglie il fiato per saltare. “Lascerò andare il mio bisogno di passare all’azione e avere un piano. Farò un profondo sospiro e aprirò il mio cuore e la mia mente all’ignoto, perché quando inciampi nell’ignoto non è un disastro. Non è la fine della tua vita. Può essere invece l’inizio di un cammino che ti forma in una te stessa più confidente, forte e saggia”.

Ci sono parole delle donne che donne e uomini dovrebbero ascoltare. Io ieri ho ascoltato quelle di Maria Shriver e, continuando a pedalare (ero in palestra), ho pensato che “no, non è mai la fine della vita ma solo un nuovo inizio”.

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