Da qualche settimana ormai ricevo e mail da parte di Joanne Maria Pini, il professore del conservatorio di Milano che ha scritto su Facebook: “I disabili nelle scuole? Sono troppi, torniamo alla Rupe Tarpea”.

Gli ho risposto una sola volta per metterlo in contatto con Anita Pallara, una mia amica disabile che ha scritto una lettera pubblicata sulla prima pagina del Fatto Quotidiano. Il professor Pini, invece, di mail me ne ha mandate cinque, tutte titolate “strettamente personale”. Anche se non posso riferire le sue esatte parole, credo che sia importante far notare l’atteggiamento del professore: lamenta di aver ricevuto critiche dalla stampa, accusa i giornalisti di essere maliziosi perchè ciò che ha detto, se letto con occhi innocenti, è un banalità. E ci informa che il conservatorio aprirà uno sportello disabili dove lui stesso vuole offrirsi volontario. Spargendo ovunque smile, le faccette sorridenti oppure tristi, Pini tenta un mal riuscito mea culpa, paragonandosi a un provocatore stile Maurizio Cattelan, troppo spesso frainteso a causa del suo carattere impulsivo e, soprattutto, del fatto che è poco vigile. Infatti la frase sulla Rupe Tarpea (sbagliando oltretutto riferimento storico, visto che i bambini con deformazioni fisiche venivano gettati dal Monte Taigeto a Sparta) l’ha scritta in una chat dove pensava che nessuno lo avrebbe riconosciuto. Come dire: la prossima volta mi faccio furbo e non ci metto la firma.

Anita ha 21 anni ed è affetta da atrofia muscolare spinale sin dalla nascita. E’ una malattia neuro degenerativa e totalmente invalidante. E visto che sa quello di cui parla, è intervenuta pubblicamente in varie occasioni. Ad esempio, ha scritto una lettera aperta a Giuliano Ferrara durante la sua campagna per abolire il diritto all’aborto. Ho conosciuto Anita qualche anno fa quando, dopo aver letto della polemica, l’ho invitata ad Annozero. Allora rivendicava il diritto della madre a scegliere di non portare avanti una gravidanza, ad esempio nel caso in cui il feto sia malato. Oggi torna a parlare di diritti ancora più elementari: “Quello all’istruzione ce lo garantisce la Costituzione. Le sue parole, professor Pini, sono vergognose, pericolose, razziste e illegali”. Per poi interrogarsi su quello che sarebbe successo: “A parte le ovvie reazioni di sdegno e le condanne morali – scrive Anita sul Fatto – quale sarà la conseguenza reale? Io non sono disposta a subire questa ignoranza nel 2010”. E proprio perchè è stufa di vedere il suo Paese che va a marcia indietro, Anita ha detto che, se non fossero arrivate forti prese di posizione da parte dei nostri politici, avrebbe consegnato i propri documenti alla prefettura di Bari rinunciando alla cittadinanza italiana.

Ma dopo la sua lettera non è successo nulla. Anzi, proprio tre giorni fa il leghista Pietro Fontanini, presidente della Provincia di Udine, rilancia proponendo classi differenziate per i disabili: “Ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici, è più utile metterli su percorsi differenziati“.

La prossima settimana Anita andrà alla prefettura a consegnare il suo passaporto. Noi del Fatto saremo lì per accompagnarla e registrare la voce di chi ancora ha la forza e la voglia di portare avanti una protesta. Per pretendere, come minimo, che dopo parole come quelle del professor Pini e del leghista Fontanini ci siano conseguenze vere.

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